Regina Rania: non c’è nulla di islamico nei terroristi

La Regina Rania di Giordania riceve la laurea honoris causa all'Università La Sapienza e sottolinea come non ci sia "nulla di islamico nei terroristi". Poi spiega: "Il nostro futuro e i valori di cui è formato, sono sotto attacco".

La Regina Rania di Giordania ha ricevuto la laurea ad honorem a La Sapienza di Roma.


Quando la regina Rania di Giordania prende la parola gli occhi sono tutti per lei. Quando dall'Università La Sapienza di Roma - dove ha ricevuto la laurea honoris causa in Scienze dello sviluppo e della cooperazione internazionale - precisa che non "non c'è nulla di islamico nei terroristi" e pertanto “il nostro futuro", di tutti popoli, "e i suoi valori sono sotto attacco" i presenti annuiscono senza batter ciglio. 

Perché Rania sa quello che dice e sa come va detto. D'altra parte lei - nata in Kuwait nel 1970 da genitori palestinesi, laureata all'Università americana del Cairo in gestione d'impresa e impiegata alla Apple Computer in Giordania -, prima di sposare il principe Abdullah, al trono di quel paese che nella complicata scacchiera mediorientale gioca un ruolo di primo piano, ci è arrivata per fare la differenza mettendoci la faccia. Per migliorare la condizione femminile nel mondo arabo e per tutelare i bambini da ogni tipo di violenza, ha sviluppato progetti, stretto alleanze all’estero e aderito a diverse organizzazioni. 

Per questo, quando a Roma, riferendosi all'instabile e fosco presente, traccia uno scenario lucido, senza lesinare toni preoccupati, in sala tutti drizzano le orecchie per non perdersi una parola. Rania si rivolge ai terroristi "irreligiosi" il cui scopo "è distruggere il mondo civile". Denuncia le stragi "in California, a Parigi, in Libano, in Tunisia e in Egitto”, dove intere famiglie sono state "lacerate, vite spezzate e cambiate per sempre" e intere nazioni si ritrovano “con i nervi a fior di pelle". Ci tiene a chiarire che i terroristi "non stanno solo uccidendo migliaia di uomini, donne e bambini innocenti, ma stanno distruggendo la nostra condivisa eredità culturale. Dall'antica città di Palmyra, alla Moschea Khudur a Mosul, alla chiesa di Sant'Ahodamah a Tikrit". Ci tiene a unire i popoli, Rania, perché tutti insieme combattano gli estremisti che "stanno bersagliando la nostra storia collettiva, i fondamenti della nostra civiltà. Sono così illusi da pensare che si possa creare una nuova era, 'Dopo Daesh', e fare il lavaggio del cervello alle generazioni future". Ebbene, tutto ciò, ha spiegato la Regina, "non ha niente a che fare con musulmani contro cristiani, conservatori contro liberali, o est contro ovest". Questa "non è la guerra di una nazione. Questa è la guerra di tutte le nazioni". 

In Aula non vola una mosca. Rania va avanti, ché non c’è tempo da perdere e il lavoro da fare è tanto: “è il momento - esorta - di cambiare idea riguardo a cose che pensavamo di conoscere, lavorare con gente di cui eravamo prima diffidenti". Un percorso che deve trasformarsi in "un'opportunità per nuove unioni", perché tutti i popoli "comprendano quali sono le aspettative e le uniscano. Perché la paura può essere contagiosa ma il coraggio sì”. Poi la Regina si appella a Roma che, "impregnata di secoli di storia, cultura e bellezze, ci offre un progetto di speranza: insieme possiamo assicurare che il futuro che passa da qui e ovunque, è solido, sicuro e splendido per tutti noi e per i nostri figli". In Aula la platea applaude, la Regina Rania è laureata, le sue parole galleggiano a La Sapienza, la sfida è aperta e chiama in causa tutti noi.

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