Australia, il reality show si fa in Siria, sotto le (vere) bombe dell'Isis

"Go back to where you came" è il titolo del reality show australiano che ha spedito tre concorrenti in Siria, sotto le (vere) bombe dell'Isis, scampati per un pelo al fuoco incrociato. Prodotto dalla Sbs, alla sua seconda edizione, vuole far riflettere il Paese dove gli stranieri non hanno vita facile. 

I tre concorrenti di "Go back to where you came" sono finiti sotto il fuoco dell'Isis, in Siria.


Dedicato ai provocatori e incoscienti cittadini australiani, Go back to where you came, (Torna da dove sei venuto) spedisce i partecipanti del reality show in Siria, dove lo Stato Islamico fa la guerra per davvero. Questa volta è andata bene ma Kim, Nicol e Andrew se la sono vista brutta sotto il fuoco dell’Isis e c’è da scommetterci che a casa ci sono tornati ben contenti. 

Il gioco televisivo prodotto dalla Sbs - alla sua seconda edizione - gioca con una realtà maledettamente seria. Lo fa per fare audience e ci riesce molto bene in un Paese dove gli stranieri non hanno vita facile e il dibattito nazionale su immigrazione e integrazione è già infiammato. “Sei australiani - recita la presentazione dello show - metteranno alla prova le loro convinzioni su rifugiati e richiedenti asilo in un viaggio coinvolgente che ripercorrerà i passi di chi chiede rifugio partendo da alcuni tra i posti più pericolosi al mondo”. Perché è facile parlare della guerra senza averla vissuta, meno dopo aver trascorso tre settimane vivendo da profughi nei campi profughi. Gli stessi da cui, un giorno, qualcuno decide di fuggire per cercare nel mondo un posto migliore dove poter crescere i figli. Tipo l'Australia, dove trovano (anche) chi li vuole rispedire a casa, da dove sono venuti. 

Questa volta sono partiti Andrew, professore in lotta contro l’annacquamento della cultura australiana, Nicole, attivista per i diritti umani e Kim, amministratrice di una seguitissima pagina Facebook contro gli sbarchi incontrollati. Completavano il cast due sorelle dalle opinioni opposte e un ex rifugiato cambogiano. Spediti in Asia sono stati affidati alla copertura dei peshmerga dell’YPG. In teoria dovevano entrare in Siria passando dall’Iraq e raggiungere il campo rifugiati dove si sarebbero confrontati con le storie dei rifugiati. In pratica,  “dopo quattro ore di auto - spiega Nicole a news.com.auci siamo ritrovati in un villaggio conteso tra peshmerga e Isis.

Nessuno aveva informato i miliziani che i tre australiani con i giubbotti anti-proiettili e pantaloni color kaki stavano giocando (se lo avessero fatto forse sarebbe andata ancora peggio) e questi hanno aperto il fuoco come fanno tutti i giorni da più di un anno. ”Ci hanno detto che ogni sibilo percepito poteva essere il colpo di un mortaio - prosegue Nicole - e che avevamo trenta secondi per fare cento metri e spostarci". Per vedere com'è andata bisogna aspettare le tre puntate che andranno in onda tra il 28 e il 30 luglio.

Ora i tre sono ritornati da dove sono venuti e dalla quiete delle loro città, dove gli spari sono solo in tv, Kim ha fatto sapere: "Se non avessi avuto famiglia e legami in Australia sarei rimasta volentieri a combattere con i peshmerga”. Eccola, la differenza tra chi la guerra la subisce e chi la fa per gioco e può scegliere di rimanere a casa, a occuparsi della propria famiglia.

Copyright foto: Twitter@SBS Documentary
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