Raghad, la piccola siriana uccisa dai trafficanti che gettano a mare l'insulina
I trafficanti hanno gettato in mare lo zaino che conteneva l'insulina, condannando a morte Raghad, la bambina diabetica che con la sua famiglia scappava dalla guerra in Siria. "È morta dicendo mamma", racconta il padre, Eyas Hasoun, deciso a fare giustizia.
Avevano pensato a tutto, prima di lasciare la Siria con Raghad, la loro bambina di 10 anni, diabetica. Avevano messo in conto anche la peggiore delle ipotesi: che li avrebbero divisi lungo la traversata per la Sicilia. Per questo ciascuno aveva uno zaino pieno di insulina. Non è bastato: dopo cinque giorni di viaggio Raghad “è morta - spiega Eyas Hasoun, il padre distrutto dal dolore e deciso a trovare i colpevoli - perché quei bastardi di trafficanti, quando ci hanno infilato nel barcone verso l'Italia hanno buttato in mare, senza motivo, lo zainetto con l'insulina”.
Il barcone su cui viaggiava la famiglia di Eyas è arrivato nel porto di Augusta il 16 luglio: 320 vite umane stipate l’una all’altra, meno quella della piccola, sepolta in mare: “Raghad ha cominciato a star male - racconta Mohamed - aveva problemi di respirazione e non riusciva a bere. Alle 6 di mattina, mentre le tenevo la mano, ha detto mamma ed è morta. Non sapevo come seppellirla. Ho chiamato un imam che mi ha consigliato di dire una preghiera e buttare il cadavere in mare. Così ho fatto, mettendo il corpo in un sacco”. Per questo, non appena Eyas Hasoun ha messo piede a terra si è “messo subito in contatto con la magistratura: quelle persone devono pagare per il male che hanno fatto”.
Eyas Hasoun ha 48 anni, è un siriano di Aleppo. Ha una laurea in economia e prima della guerra gestiva un negozio di distribuzione di farmaci. Sognava un futuro in Germania, lontano dalle milizie dell'Isis, dove poter crescere i suoi figli e far curare, "magari con le cellule staminali" Raghad, che era malata di una grave forma di diabete che aveva iniziato a minarle il pancreas. Oggi è un padre distrutto che non smette di rivivere quel dramma: le suppliche, le medicine buttate a mare, lui che si tuffa per riprenderle e scopre che sono inutilizzabili; poi decide di partire, tutti insieme, sperando che il viaggio non sia troppo lungo. Finché, dopo 5 giorni, Rahad, che amava scrivere e disegnare, cede: “Si stava spegnendo… - racconta il padre -. Mormorava 'papà, papà' e non aggiungeva nessuna parola. Non ne aveva la forza ma in realtà non ce n'era bisogno: 'papà' significa che sta a te occuparti di tutto, risolvere i problemi qualunque essi siano, proteggere la tua bambina sacrificandoti se necessario. Io non l'ho fatto. Questa colpa - aggiunge - mi rimarrà addosso per l'intera esistenza. Insieme alla scelta di partire verso la Sicilia”.
Il sostituto commissario di Siracusa Carlo Parini, ha ascoltato la sua storia, poi ha messo all'opera gli uomini del Gruppo interforze di contrasto all'immigrazione clandestina che sono riusciti ad arrestare i presunti scafisti: tre egiziani accusati di favoreggiamento che ora sono stati trasferiti nel carcere di contrada Cavadonna. Ma i responsabili dell’omicidio di Raghad, quelli che Mohamed vuole trovare, sono i trafficanti di vite umane, quelli che in Egitto l’hanno condannata a morte gettando in mare l’insulina. E insieme a lei hanno ucciso un pezzo di tutta quella famiglia.
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