Aya, la bambina siriana ferita che chiama il papà [video]
Il video di Aya, la bambina siriana di 8 anni che mentre viene medicata dopo il bombardamento della sua casa chiama disperata il suo papà, rimbalza ai quattro angoli del mondo.
Gli occhi di Aya, 8 anni, una bambina siriana ferita che chiama il suo papà inchiodano le coscienze di chiunque si ritrovi a guardarli. Mentre il video che li ha ripresi dilaga sul web la guerra nel villaggio di Talbiseh, a nord di Homs, va avanti e le nostre vite tranquille pure. Ma quel pianto, disperato, ronza nelle orecchie di chiunque l’abbia ascoltato. La sua casa è stata colpita dall’ennesimo bombardamento aereo delle forze governative, nell’ennesima violazione della tregua, come ha denunciato l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Lei era con il suo papà, ora è sola. Ora è l’ennesimo simbolo di questa guerra che dal 2011 insanguina il Medio Oriente.
Il video irrompe il giorno dopo il bombardamento di artiglieria dei ribelli che ha sbriciolato una scuola elementare di Daraa, nel sud della Siria, uccidendo altri cinque bambini. Il giorno dopo la Giornata Mondiale delle Bambine voluta dall’Onu, mentre il braccio di ferro tra i protagonisti di questi “crimini di guerra”, per usare le parole del presidente francese Hollande, continua a spezzare vite innocenti.
Perché le vittime non sono solo i piccoli che muoiono, come Aylan Curdi, ma anche di quelli che sopravvivono. Come Omran, 5 anni appena, estratto vivo dalle macerie della sua casa distrutta da un raid su Aleppo, anche lui immortalato in un ideo che ha scosso l’opinione pubblica senza riuscire a smuovere la pace. Tanto Ayah urla disperata, quanto Omran urlava nel suo silenzio ammutolito, impolverato, immobile, con lo sguardo terrorizzato e perso nel vuoto.
Sapere quanti sono i bambini siriani che non saranno mai uomini e donne è impossibile: le Nazioni Unite hanno smesso di contarli nel 2013: erano circa 11mila, “ora si teme che le vittime minori si siano almeno quintuplicate” spiegava Andrea Iacomini, il portavoce di Unicef Italia parlando di cifre “da genocidio”. Un genocidio d'innocenti.
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