Cos'è Scientology? Al cinema il racconto del premio Oscar Alex Gibney
Il premio Oscar Alex Gibney racconta al cinema cos'è Scientology. Il documentario "Going Clear: Scientology e la prigione della fede", basato sul libro del giornalista Premio Pulitzer, Lawrence Wright, fa parlare gli ex adepti - primo tra tutti il regista Paul Haggis - e ricostruisce i meccanismi della "chiesa" di cui si parla tanto ma si sa pochissimo.
Scientology raccontata da chi ci è stato dentro arriva anche nei cinema italiani. L’attesissimo documentario Going Clear: Scientology e la prigione della fede, diretto dal regista premio Oscar Alex Gibney - basato sul libro scritto dal giornalista Premio Pulitzer, Lawrence Wright che ha fatto scalpore negli States e che l’organizzazione ha disconosciuto - ricostruisce (o per lo meno ci prova) lo scenario della "chiesa" riconosciuta come tale solo negli Usa nel 1993 dopo un lungo braccio di ferro fiscale (le religioni sono esentate dal fisco), su cui molto si dice e poco (quasi niente) si sa per certo. Gibney ci riesce meglio di chiunque altro grazie alla testimonianza diretta di alcuni ex adepti che hanno accettato di raccontare la loro esperienza davanti alle telecamere.
Primo tra tutti il regista Paul Haggis, premio Oscar 2004 con Crash, entrato in Scientology quando aveva 20 anni e uscitone 35 anni dopo, nel 2009. Ai tempi il giornalista Lawrence Wright raccontò la sua storia sul New Yorker evidenziando l'incredulità e la vergogna dell'ex adepto che, come tutti gli ex - per altro persone colte e illuminate -, non riesce a spiegare come avesse potuto farne parte per così tanto tempo. Questo fu lo spunto del libro che Gibney ha trasformato in un documentario, facendo parlare i lati nascosti dei protagonisti.
A raccontare la loro “disconnessione” con il mondo, ci sono anche l’attore Jason Beghe, l’interprete della serie Nbc Chicago PD che aderì a Scientology per 13 anni e alcuni dei personaggi più influenti dell’organizzazione. Vedi Marty Rathbun, l’ex braccio destro del presidente di Scientology, David Miscavige, o Mike Rinder, ex portavoce della comunità, o ancora Sylvia “Spanky” Taylor, che all’Hollywood Celebrity Centre si occupava di reclutare nuovi adepti tra le celebrity, o, ancora, Sarah Goldberg colei che aveva raggiunto “livello spirituale” più alto della "chiesa".
Gibney avrebbe voluto intervistare anche Nicole Kidman (nelle vesti di ex moglie del celebre affiliato Tom Cruise), Tom Hanks e John Travolta in qualità di esponenti ancora attivi ma hanno tutti declinato l’offerta. Tuttavia Gibney ha montato nel documentario stralci di interviste fatte in passato e riprese ufficiali di partecipazioni alle convention del movimento.
Dal canto suo, la star de La Febbre del Sabato Sera e Pulp Fiction, in un'intervista rilasciata al Tampa Bay Times, ha confessato di non aver visto la pellicola ma di essersi fatto comunque un'idea ben precisa: "Nella mia lunga permanenza in Scientology non ho mai visto nulla di quello che racconta il documentario e che ha fatto tanto clamore. Perché dovrei parlare di qualcosa che secondo me non è assolutamente vero? Il lavoro di Gibney non è altro che il frutto di qualcuno rimasto molto deluso dalla propria esperienza religiosa". E ancora: "Per quanto mi riguarda, i miei sono stati 40 anni bellissimi. Scientology mi è stata molto vicina nel momento della perdita di mio figlio. Da solo non ce l'avrei mai fatta. E anch'io, tramite la chiesa, nel corso degli anni ho aiutato molte persone in difficoltà. La dottrina di Scientology ha sempre funzionato, perché dovrei anche solo pensare di avvicinarmi a una visione negativa come quella esposta in Going Clear?". Peccato che, però, l'attore il documentario non l'abbia mai visto.
Tant'è, esperto nel maneggiare questioni più che delicate - l’Oscar per il miglior documentario nel 2008 se l’è aggiudicato con Taxi to the Dark Side, dedicato alle pratiche illegali e le torture del governo Bush e Mea Maxima Culpa, il documentario del 2012 ha invece approfondito gli abusi sessuali della chiesa cattolica - Gibney non prende posizione ma fa parlare i fatti che mette in fila, cercando di far luce su quel meccanismo che incastra i suoi adepti affinché chi viene tentato, ci ripensi prima che sia troppo tardi perché, come dice Paul Haggis alla fine del film, “quando credi, non pensi con la tua testa”.
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