Il web contro D&G: Elton John a capo del boicottaggio
A far scoppiare una vera e propria bufera sui social con l'hashtag #BoycottDolceGabbana, il post su Instagram di : "Come vi permettete di dire che i miei meravigliosi figli sono 'sintetici'" chiede (senza punto di domanda) il cantante che insieme al marito David Furnish è papà di due bambini -Zachary Jackson Levon ed Elijah Joseph Daniel - nati con la fecondazione in vitro. E ancora: "Dovreste vergognarvi per aver puntato i vostri ditini contro la fecondazione in vitro, un miracolo che ha consentito a legioni di persone che si amano, etero ed omosessuali, di realizzare il loro sogno di avere figli. Il vostro pensiero arcaico è fuori tempo: proprio come le vostre creazioni di moda. Non indosserò mai più nulla di Dolce e Gabbana. #BoycottDolceGabbana". Va da sé che in pochi attimi il post, tanto chiaro quanto duro, diventa virale. E il focus si sposta dall'intervista in sé - che la maggior parte degli utenti non ha letto - al modo di vivere l'omosessualità e la famiglia. Sottigliezze che con la rapidità del web si perdono.
Le ore passano e sui social fanno capolino da un lato pire di abiti di pizzo nero da bruciare, una rivisitazione del profumo firmato D&G ribattezzato Homophobe e i soliti fotomontaggi del caso, mentre dall'altro si scomoda "Je suis Charlie" a sostegno della libertà di opinione che rivendicano Dolce e Gabbana. Che prima rilanciano sui loro profili social alcuni tra i post più forti, come a dire: a casa mia ciascuno è libero di esprimersi. Poi decidono di ribattere: "Crediamo fermamente nella democrazia e pensiamo che la libertà di espressione sia una base imprescindibile per essa. Noi abbiamo parlato del nostro modo di sentire la realtà, ma non era nostra intenzione esprimere un giudizio sulle scelte degli altri. Noi crediamo nella libertà e nell'amore", dichiara Stefano Gabbana. E aggiunge Dolce: "Sono siciliano e sono cresciuto con un modello di famiglia tradizionale, fatto di mamma, papà e figli. So che esistono altre realtà ed è giusto che esistano, ma nella mia visione questo è quello che mi è stato trasmesso, e con questi i valori dell’amore e della famiglia. Io sono cresciuto così, ma questo non vuol dire che non approvi altre scelte. Ho parlato per me, senza giudicare le decisioni altrui". Dice la sua anche il direttore di Panorama, Giorgio Mulé, che su Twitter invia un messaggio a Elton John invitandolo a "provare ad accettare le idee diverse. È un buon esercizio di democrazia, ed è pure facile".
Ma ormai la polemica - complice anche il commento "fascist!" postato e subito rimosso sulla pagina di Elton John da un profilo fake di Stefano Gabbana - è inarrestabile. Vedi il cantante Ricky Martin, padre anche lui di due bambini nati da madre surrogata, che manifesta piena solidarietà a Elton John: "le vostre voci sono troppo potenti per essere disperse così" e vedi Courtney Love che insieme alle immagini delle copertine italiane di Vanity Fair del 2005 e di Panorama in edicola da venerdì fa sapere: "Ho appena messo insieme tutti i miei accessori Dolce & Gabbana e voglio bruciarli". Per un attimo sembra che anche la nostra Ornella Vanoni si schieri dalla parte del cantautore con il post "Sono indecisa se bruciare il mio cappotto di cincillà o darlo al barbone in Centrale" ma poi viene fuori che anche questo è stato postato da un profilo fake della cantante.
Andrebbe precisato che nella lunga intervista al centro della guerra virtuale le posizioni dei due stilisti sono diverse: "sono gay, non posso avere un figlio - ha constato Domenico -. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia". Più aperto Stefano che invece ha confessato che lui un figlio lo farebbe subito. Così come andrebbe sottolineato che nei giorni scorsi due stilisti si erano dovuti difendere da alcuni titoli che facevano riferimento a una presa di posizione contro le adozioni gay. Posizione che non è mai stata espressa, hanno precisato accusando i giornali di voler vendere più copie con la bieca speculazione.