Harvey Weinstein, Cara Delevingne e le altre: dettagli di uno scandalo
La saga Harvey Weinstein si trasforma in spy story: secondo il New Yorker l'ex produttore avrebbe assoldato due agenzie di sicurezza. Ex agenti del Mossad avrebbero spiato attrici e giornalisti.
Lo scandalo Harvey Weinstein prende la piega di una spy story. Le spie sarebbero ex ufficiali (anche) del Mossad - l’intelligence israeliana - passati al servizio di Black Cube e e Kroll, agenzie di sicurezza assoldate nel 2016 dall’ex Re di Hollywood per tenere d’occhio le attrici che non avevano gradito le sue avance e i giornalisti che stavano ficcando il naso nel vaso di Pandora coperto dal segreto di Pulcinella.
La notizia arriva dalle colonne del New Yorker dove Ronan Farrow, uno degli autori dello scoop, ha rivelato gli inquietanti retroscena tra quei di Hollywood. Pare, infatti, che l’attrice Rose McGowan sia stata intercettata più volte da un agente sotto copertura che spacciandosi portavoce dei diritti delle donne, estorceva informazioni sulle donne che spifferavano ai media le abitudini poco galanti del produttore e registrava tutto.
La portavoce di Weinstein, Sallie Hofmeister, nega, bollando le accuse “finzione” ma l’avvocato David Boies non fa altrettanto, ammettendo di aver foraggiato le due agenzie e che gli agenti inviavano rapporti che poi venivano girati a Weinstein. Non solo: secondo le indiscrezioni, il legale avrebbe messo in moto in tentativo di insabbiare l'articolo del New York Times che ha poi staccato la slavina. Dal canto suo, anche Farrow avrebbe ricevuto “minacce”.
Insomma, la valanga Weinstein - Harvey e (pure) Bob - è infinita e inarrestabile. Dopo aver travolto le vittime ha incastrato il regista James Toback - grazie a un'inchiesta del Los Angeles Times che ha scoperto "il capitolo" a lui dedicato tra le migliaia di tweet raccolti all'hashtag #Me Too -, e la società di produzione Weinstein Company - che lo ha licenziato - dove Mimi Haleyi e Zelda Perkins, due (ormai) ex dipendenti hanno denunciato le violenze subite.
A macchia d'olio il contagio ha investito prima il regista e fotografo Terry Richardson in passato accusato di molestie da alcune modelle, ribattezzato “il Weinstein della moda” dal The Sunday Times in un articolo al vetriolo uscito il 22 ottobre dal titolo Perché Terry Richardson è ancora vezzeggiato dall’ambiente della moda? e infine scaricato da Condè Nast. Poi gli attori Kevin Spacey e Dustin Hoffman. Quindi è sbarcata nel Vecchio Continente, facendo finire nel mirino (solo di Miriana Trevisan) il regista Giuseppe Tornatore.
Sia come sia, il produttore ha trascorso una settimana (al posto dei tradizionali 45 giorni) di "percorso intensivo" a The Meadows - il centro di riabilitazione dell’Arizona frequentato, ai tempi, anche da Tiger Woods - dove, "nonostante le numerose distrazioni", ha dichiarato uno degli psicologi a Tmz, "si è impegnato molto nel trattamento e si è presentato a tutte le riunioni" per dominare la sua dipendenza da sesso, ma soprattutto riconoscere, prevenire e controllare la sua rabbia.
Soggiorno quasi del tutto inutile al riscatto, secondo diversi psicologi americani che, nel comportamento di Weinstein, non vedono alcuna patologia: “Non so quando sia diventato un disturbo psichico essere un misogino, egoista, senza scrupoli”, ha ironizzato David J. Ley, psicologo e autore di The Myth of Sex Addiction e aggiunto: “è un concetto usato solo per spiegare comportamenti sessuali irresponsabili e impulsivi di uomini potenti e ricchi”. Secondo il collega John Giugliano “Weinstein potrebbe essere semplicemente un molestatore”. Insomma, l'ex Re di Hollywood fa i conti con un regno andato in frantumi.
Oscar e Emmy Awards addio
Prima è stato espulso dalla Academy of motion, pictures, arts and sciences, l’organizzazione che assegna le statuette e bollato come il simbolo della fine di un'epoca (vergognosa). Come infatti ha precisato il messaggio dell'Academy (la cui carica è a vita, in teoria) “l’espulsione immediata” non è stata motivata unicamente dal fatto che “vogliamo separarci da qualcuno che non merita il rispetto dei suoi colleghi, ma anche inviare un messaggio: l'era della deliberata ignoranza e della vergognosa complicità in un comportamento sessuale predatorio e di molestie sul lavoro nella nostra industria è finito". Poi dalla Television Academy, l'associazione di cui era membro a vita che assegna gli Emmy Awards.
Polizia ed Fbi indagano su Harvey Weinstein
Distrutto professionalmente, Harvey Weinstein rischia il carcere: la polizia e l'Fbi indagano su eventuali abusi commessi in Europa (in particolare Francia e Gran Bretagna) e pare stiano preparando una pratica per rendere possibile l'estradizione in caso il produttore tentasse la fuga dagli Stati Uniti, magari seguendo le orme di Roman Polanski, accusato di stupro nel 1977. L'allarmismo delle autorità è scattato l'11 ottobre, quando il produttore, travolto dallo scandalo e abbandonato da tutti, avrebbe minacciato di suicidarsi durante una lite furiosa con Lily, la figlia maggiore, nei pressi della sua casa di Los Angeles. Atterrita, la figlia avrebbe chiamato la polizia e lui tentato la fuga a piedi, con i paparazzi che lo inseguivano e a cui avrebbe urlato: "Sto cercando di rimettere le cose apposto, ma non è facile. Tutti sbagliamo, spero di avere una seconda opportunità". Poche ore dopo il rocambolesco tentativo, Harvey Weinstein era all'aeroporto Van Nuys, a bordo di un aereo privato che l'ha portato in un centro di riabilitazione in Arizona. Il ricovero, che sarebbe dovuto durare 45 giorni, è stato di una settimana appena.
Harvey Weinstein: l'ex re di Hollywood
Fino al 6 ottobre 2017, quando il New York Times ha pubblicato l’inchiesta firmata da Jodi Kantor e Megan Twohey che ha sbattuto "il mostro" in prima pagina, al di fuori di Hollywood in pochi conoscevano Harvey Weinstein. Il 65enne produttore Harvey Weinstein, quello che insieme al fratello Bob - di recente accusato di molestie dalla produttrice della Weinstein Company, Amanda Segel - ha fondato la Miramax Films. Quello che ha prodotto una pellicola da Oscar - Shakespeare in Love - e film che hanno fatto la storia del cinema, da Gangs of New York (candidato alla statuetta) a The Artist, da Il discorso del Re a Django Unchained fino a Pulp Fiction.
Oggi non solo sanno tutti chi è. Oggi sanno le avances (che definire di cattivo gusto è poco) che ha fatto, negli ultimi 30 anni, alle attrici secondo la regola non scritta del casting couch, il casting sul divano del produttore. Traumatizzate, ricattate e zittite dal potere dell'uomo in grado di distruggere le loro carriere, alla spicciolata, contattate dai reporter di mezzo mondo (dopo il New York Times è arrivato il New Yorker, poi Variety, poi il The Guardian e il Daily Mail e poi c'è chi, come Cara Delenvigne ha confessato tutto su Instagram) hanno messo insieme le loro voci, testimonianze di mezza Hollywood - da Gwyneth Paltrow ad Angelina Jolie, tanto per fare qualche nome - e non solo, vedi quelle delle italiane Asia Argento e Ambra Battilana, che raccontano storie simili. Storie di protagoniste agli albori, giovani donne ambiziose, adescate da un produttore potente che, per l'appunto, prima di infilarle nei film voleva farle passare dal suo divano.
Weinstein ha querelato il quotidiano e spiegato il suo comportamento in una lettera: “Vengo dalla generazione degli anni Sessanta e Settanta, quando le regole di comportamento sui luoghi di lavoro erano completamente diverse”, ha scritto, cercando una giustificazione difficile non solo da comprendere ma anche da accettare. Poi si è scusato - “Sono consapevole che il modo con cui mi sono comportato con alcune colleghe in passato ha causato molto dolore e chiedo scusa” - e ha aggiunto di voler intraprendere un percorso terapeutico che, ancora prima di redimerlo, lo metterà di fronte alle conseguenze del suo disastro. Nel frattempo ha messo in vendita la casa di East Hampton, a New York, per 12.4 milioni di dollari, acquistata appena tre anni fa per 11.4 milioni: non un grande affare ma in qualche modo dovrà pur pagare le parcelle degli avvocati che da quelle parti non sono di certo economici.
Dalla moglie, Georgina Chapman ai big di Hollywood: Harvey ora è solo
Dopo che la moglie, Georgina Chapman, lo ha lasciato, decisa a concentrarsi sui loro due figli - “il mio cuore è spezzato per tutte quelle donne che hanno sofferto un dolore tremendo a causa di queste azioni imperdonabili” - Hollywood si è divisa tra chi è caduto dal pero - da George Clooney a Meryl Streep, passando per Kate Winslet, Jennifer Lawrence, Glenn Close, Julianne Moore, Patricia Arquette e il partito democratico - chi ha fatto mea culpa - i registi Quentin Tarantino e Scott Rosenberg - e chi lo difende.
Oliver Stone, Natalia Aspesi e le voci fuori dal coro
Tra questi ultimi c'è la stilista Donna Karan, che però ha fatto marcia indietro. Controcorrente, invece, il regista Oliver Stone, secondo cui "Weinstein è vittima di un sistema di giustizieri". Precisando che "non mi ci sono molto rapportato, non lo conosco veramente", ha invitato chi giudica ad "aspettare fino a che non ci sarà il processo". Stone ha poi aggiunto di aver "sentito storie terribili su tutti i posti di lavoro, ma non voglio commentare i pettegolezzi". Il fatto è che, come ha scritto nero su bianco l'Academy, più che di pettegolezzi si tratta di un costume tipico di un'industria (quella cinematografica) coperto per anni dall'omertà generale.
Sia come sia, anche Natalia Aspesi la giornalista e scrittrice italiana, ha espresso il suo scetticismo, rilevano, nelle confessioni delle attrici "un’insincerità di fondo. Sono un lamento tardivo. Un coro che non tiene conto della realtà dei fatti". Della (triste) realtà, dei produttori che "hanno sempre agito così. E le ragazze, sul famoso sofà, si accomodavano consapevoli. Avevano fretta di arrivare. E ancor più fretta di loro avevano le madri legittime che su quel divano, senza scrupoli di sorta, gettavano felici le eredi in cerca di un ruolo, di un qualsiasi ruolo". Sia come sia, non è mai troppo tardi per invertire la rotta: Weinstein sarà anche un capro espiatorio di un sistema ma, a volerla vedere come l'Academy, può diventare anche il simbolo di un cambiamento.
Gwyneth Paltrow
“Ero una ragazzina, ero appena stata assunta, ero pietrificata”, ha raccontato al New York Times Gwyneth Paltrow, ricordando l’orrore vissuto quando aveva 22 anni e ad Hollywood era un volto sconosciuto tra tanti. Era il 1996, Harvey Weinstein l’aveva da poco scritturata per Emma, la pellicola prodotta dalla Miramax: l’incontro avvenne in un hotel di Hollywood. La Paltrow - convinta di essere invitata a un pranzo con altri collaboratori - si ritrovò nella camera del produttore che le chiese un massaggio. Riuscì a scappare, raccontò l’accaduto a Brad Pitt, ai tempi il suo fidanzato che non esitò ad affrontare il produttore, intimandogli di non toccare mai più Gwyneth. Risultato: Weinstein si scagliò con l’attrice, “fu una cosa brutale”, racconta oggi lei, ricordando l’ordine a tapparsi la bocca. Lei ci provò e due anni dopo, sul red carpet di Shakespeare in Love (il film che la lanciò e accreditò la statuetta al produttore) posò al suo fianco, sorridente fuori, gelida dentro.
Angelina Jolie
“Ho ricevuto avances non desiderate, e respinte, in una stanza d’albergo”, ha dichiarato Angelina Jolie in una email al New York Times. Accadde nel 1998, ai tempi della distribuzione di Scherzi del cuore, pellicola che le tributò il National Board of Review Award come Miglior performance rivelazione femminile. “Come risultato - ha aggiunto l’attrice -, smisi di lavorare con lui e consigliai altri a non farlo. Questo comportamento verso le donne in qualsiasi campo, in qualsiasi Paese è inaccettabile”.
Rosanna Arquette
Una sera agli inizi degli anni Novanta, l'attrice Rosanna Arquette doveva incontrare Weinstein per cena al Beverly Hills Hotel. Dovevano discutere la sceneggiatura di un nuovo film, in teoria. Arrivata all'hotel, le dissero che il produttore l’attendeva di sopra, nella sua stanza. Quando le aprì l’accolse in accappatoio. Le disse di avere male al collo, che aveva bisogno di un massaggio. “Poi afferrò la mia mano" racconta l’attrice e la posò sul suo collo. Lei la ritirò, lui l’afferrò di nuovo e la tirò verso il suo pene, visibile ed eretto. “Avevo il cuore a mille. Non sapevo se lottare o fuggire. Gli ho risposto che non l’avrei mai fatto”. Lui le rispose che respingerlo significava commettere un enorme errore, lei ribadì "Non sarò mai quella ragazza" e se ne andò. Le conseguenze, però, sono arrivate: “Per anni mi ha reso la carriera molto difficile". A cominciare dalla piccola parte che le ha ritagliato in Pulp Fiction.
Asia Argento
Oltre all’inchiesta del New York Times, c’è quella del New Yorker. Che svela altri nomi, tra cui quello di Asia Argento: era il 1997, aveva 21 anni, era impegnata sul set di B. Monkey - Una donna da salvare, distribuito da Miramax e uscito in sala nel 1999. Per lei, Weinstein sceglie un altro approccio: i due sono in Costa Azzurra, lui la invita all'hotel di Cap-Eden-Roc, dove ci sarebbe dovuto essere un party della Miramax. Peccato che, una volta arrivata, l’attrice si ritrovi da sola con lui, vestito con il solito accappatoio e la solita richiesta: ho bisogno di un massaggio. “Gli ho detto di fermarsi ma mi ha spaventato, era gigante. Non si è bloccato, era un incubo”. Asia Argento subisce la violenza, fatta di rapporti "onanistici”, che va avanti per i 5 anni successivi. "Mi sentivo obbligata”, ha spiegato, ricordando la paura di veder naufragare la sua carriera. "Il brutto di esserne stata vittima è che mi sento responsabile - ha aggiunto - perché se fossi stata una donna forte, gli avrei tirato un calcio nelle palle e sarei scappata. Ma non l'ho fatto".
Non solo: secondo l’attrice, in Scarlet Diva il produttore ha voluto inserire una scena - postata su Twitter - che riproduce la violenza subita. Il diretto interessato, dopo essersi riconosciuto, si sarebbe scusato ma i suoi legali hanno chiarito che “nega decisamente qualsiasi accusa di sesso non consensuale”.
Investita dalle polemiche e dal “victim blaming” per aver denunciato le molestie subite (perfino dall'ex marito Morgan secondo cui, stando a quanto riferito da Sgarbi, “non ha mai percepito nessun lamento da parte di lei, mi ha riferito che lei era soddisfatta delle prestazioni”) lascia il suo Paese. “Tornerò in Italia in vacanza. Non vado via subito, ci vorrà un po’ di tempo per organizzarmi, ma non vedo cosa ci sto a fare in Italia adesso, tornerò quando le cose miglioreranno per combattere le battaglie con tutte le altre donne”. L’annuncio durante l’intervista con Bianca Berlinguer, in onda a #Cartabianca, in cui l’attrice ha (ri)raccontato le molestie e la valanga che l’ha travolta quando le ha denunciate.
Judith Godrèche
Quando, durante il Festival di Cannes del 1996, Judith Godrèche ricevette un invito a colazione, non aveva idea di chi si nascondesse dietro Harvey Weinstein. Lei, che era già una star in Francia, protagonista di Ridicule, la pellicola che apriva la kermesse e che la Miramax aveva appena acquistato, accettò, pensando che il produttore volesse discuterne. S’incontrarono all'Hotel du Cap-Eden-Roc, c’era anche un’altra produttrice della Miramax che, però, li lasciò soli dopo poco. Fu allora che lui la invitò a salire in camera, sempre con la scusa di discutere del marketing del film. "Sono stata così ingenua e impreparata”, racconta oggi l’attrice. Arrivati in stanza lui tirò fuori il solito pretesto del massaggio, lei si rifiutò. “Lui si avvicinò, mi strinse a sé e cercò di levarmi il maglione”. Riuscì a divincolarsi e a scappare dalla stanza. In cerca di consigli, l’attrice contattò la collega della Miramax che le consigliò di non dire nulla, così da non danneggiare l’uscita del film. "Hanno messo il mio volto sul manifesto", riflette, amara, oggi. “Era Miramax, non si poteva dire nulla”. Da allora la Godrèche ha recitato in film in Francia e negli Stati Uniti: “Negli anni ho cercato di fare pace con l’accaduto, di negoziare con me stessa, di fingere che non fosse mai accaduta". Come tante ha continuato ad avere rapporti amichevoli con Weinstein.
Ambra Battilana Gutierrez
Nell’elenco delle prede di Harvey Weinstein c’è anche Ambra Battilana Gutierrez, la modella italo-filippina implicata anche nello scandalo del Bunga Bunga. Ciò che ha subito è impresso in una registrazione audio che risale al 2015 diffuso dal New Yorker dove si sente la voce di lui deciso ad avere un rapporto sessuale. I due sono al Tribeca Film Center di New York, lui le afferra il seno, cerca d’infilarle una mano sotto la gonna, lei lo allontana dicendo “mi sento davvero a disagio”, “per me non è normale”, “no, non voglio”. Riesce a scappare e corre a denunciarlo alla polizia. Secondo indiscrezioni pare che prima la modella abbia tentato una negoziazione.
Rose McGowan
Anche Rose McGowan, l’attrice protagonista della serie tv Streghe e della saga Grindhouse, è una delle vittime di Harvey Weinstein. Scoppiato il caso, ha postato su Twitter una foto di lei da giovane e cinguettato: “Questa è la ragazza che è stata vittima di un mostro. Questa è la ragazza che avete coperto di vergogna con il vostro silenzio”. Un silenzio contro il quale si scagliava con rabbia qualche giorno prima: “Donne di Hollywood, il vostro silenzio è assordante”.
Katherine Kendall
"Benvenuta nella famiglia Miramax", disse Harvey Weinstein a Katherine Kendall nel 1993, quando lei aveva solo 23 anni. Dopo una riunione organizzata dal suo agente, lui le sottopose alcune sceneggiature, tra cui quella per Beautiful Girls, poi la invitò ad un cinema vicino al Lincoln Center di Manhattan e poi le chiese se potevano passare dal suo appartamento per recuperare qualcosa, invitandola a salire. Katherine era nervosa, ma era pieno giorno e quando vide le foto di sua moglie appese sul muro si rilassò. “All’inizio fu professionale: mi offrì da bere, parlammo di film, d'arte e di libri per circa un'ora. Pensavo: mi prende sul serio”. Poi lui andò in bagno e al suo ritorno le chiese un massaggio dicendole: "Tutte lo fanno". Lei si rifiutò, lui uscì e si ripresentò nudo. “Mi ha letteralmente inseguita”, ricorda lei, che tentò di scappare. "Non mi lasciava passare, non riuscivo a raggiungere la porta". Alla fine ci riuscì ma la sua carriera subì un brutto colpo. "Se ciò che serve è questo - pensò ai tempi -, non posso farlo".
Dawn Dunning
Nel 2003 Dawn Dunning aveva 24 anni ed era una giovane promessa con tanta voglia di emergere. Recitava in piccole parti, frequentava la scuola di design, si manteneva facendo la cameriera in una discoteca dove, una sera, incontrò Harvey Weinstein. Lui fu amichevole e professionale, le propose una provino per la Miramax, poi la invitò a pranzo e poi a cena per parlare di film e, in un occasione per darle i biglietti (per lei e per il suo fidanzato) per uno spettacolo a Broadway. Un giorno, però, fu contatta dal suo assistente che la convocò per un pranzo con Weinstein in un hotel di Manhattan. Arrivata sul posto lo attese al ristorante ma le fu detto che lui era impegnato in una riunione, che avrebbe tardato e che lo avrebbe potuto attendere in camera. Lì trovo Weinstein in accappatoio, seduto dietro a un tavolo coperto di carte. Le disse che erano i contratti per i suoi prossimi tre film e che lei avrebbe potuto firmarli solo a una condizione: doveva fare sesso a tre con lui. Lei rise, pensando che fosse uno scherzo; lui si arrabbiò. "Non farai mai strada in questo mondo” racconta lei, riportando le frasi di lui, che aggiunse: “Così funziona l'azienda".
Cara Delevingne
Alla spicciolata, dopo le inchieste che hanno travolto Harvey Weinstein, le donne vittime delle sue molestie si fanno avanti. Tra loro c’è anche la top model e attrice Cara Delevingne che, in un lungo post su Instagram illustrato dalla scritta “Non vergognarti della tua storia, ispirerà altre”, descrive quanto subito: “Quando ho iniziato a lavorare come attrice ero impegnata con un film e ricevetti una chiamata da Harvey Weinstein che chiedeva se fossi andata a letto con una delle donne con cui ero stata fotografata sui media. Fu una telefonata molto strana e spiacevole. Non risposi a nessuna delle sue domande e mi affrettai a chiuderla, ma prima di riagganciare mi disse che se ero gay o decidevo di stare con una donna, specialmente in pubblico, non avrei mai avuto un ruolo da donna etero e non ce l'avrei mai fatta a Hollywood". Non pago, il produttore noto come il Re di Hollywood (ormai ex), lasciò passare un po’ di tempo e tornò all’attacco: “Un anno o due dopo - continua la Delevingne -, lo incontrai nella lobby di un hotel con un regista, per parlare di un film che doveva uscire. Il regista se ne andò e Harvey mi chiese di rimanere e parlare con lui. Appena fummo da soli iniziò a vantarsi delle attrici con cui era andato a letto e di come avesse dato il via alle loro carriere e parlò di altre cose inappropriate di natura sessuale". Come suo solito, Weinsten la invitò a salire in camera, lei declinò l’offerta, decisa ad andarsene, ma le cose andarono diversamente perché fuori dall'hotel non c’era nessuna macchina ad attenderla, “disse che non sarebbe arrivata per un po' e che sarei dovuta andare nella sua stanza. In quel momento mi sentii impotente e impaurita, ma non volevo comportarmi in quel modo, sperando di sbagliarmi sulla situazione". Così salì e in camera trovò un’altra donna: "Ci chiese di baciarci e lei iniziò a fargli della avances". Cara si alzò di scatto, cercando un diversivo, “gli chiesi se sapesse che sapevo cantare. Iniziai a cantare pensando che avrei reso la situazione migliore, più professionale, come un'audizione. Ero così nervosa. Dopo avere cantato gli ribadii che dovevo andarmene. Mi accompagnò alla porta e mettendosi di mezzo provò a baciarmi sulle labbra. Lo fermai e riuscii ad andarmene dalla stanza". Morale: “Ho avuto la parte per il film e ho sempre pensato che mi sia stata ha dato a causa di quello che è successo. Da allora mi sono vergognata per aver fatto il film. Mi sembrava di non meritare la parte”. Insomma, conclude Cara: “Ho esitato molto a parlare…non volevo fare male alla sua famiglia. Mi sentivo colpevole come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Ero terrificata dall'idea che queste cose fossero successe a così tante donne che conosco, ma nessuna avesse detto nulla per paura".
Léa Seydoux
L’attrice francese Léa Seydoux ha scelto il quotidiano britannico The Guardian per raccontare le molestie di Harvey Weinstein subite ai tempi della produzione di Spectre: “Ci siamo incontrati nel lobby del suo hotel. La sua assistente, una giovane donna, era lì. Durante tutta la serata, lui ha flirtato con me e mi guardava come fossi un pezzo di carne. Si comportava come se mi stesse considerando per un ruolo, ma sapevo che erano cazzate. Lo sapevo perché lo vedevo nei suoi occhi. Aveva uno sguardo lascivo. Stava usando il suo potere per avere del sesso”. La situazione degenerò quando l’assistente se ne andò: “Ha iniziato a perdere il controllo, stavamo parlando sul divano, poi mi è saltato addosso e ha provato a baciarmi. Io mi sono dovuta difendere. Lui è grosso e grasso, quindi ho dovuto usare la forza per resistere. Sono andata via dalla sua stanza, assolutamente disgustata. Non avevo paura di lui comunque. Perché sapevo che tipo di uomo fosse”. Frecciata che la Seydoux lancia a chi, in questi giorni, è caduto dalle nuvole: “Tutti sapevano chi era Harvey e nessuno ha fatto nulla… per decenni”.
Mira Sorvino
Mira Sorvino, attrice in diversi film prodotti da Harvey Weinstein, ha raccontato al New Yorker le molestie subite al Toronto International Film Festival, nel settembre del 1995, quando si è ritrovata in una camera d'albergo con il produttore in occasione di Mighty Afrodite, il film che stava per promuovere vincitore poi di un Academy Award. "Ha iniziato a massaggiare le mie spalle, mi sentivo molto a disagio, poi ho cercato di più, mi ha inseguito" ma l’attrice è riuscita a fuggire. Qualche settimana più tardi, intorno a mezzanotte, il telefono della Sorvino squillò: era Weinstein che le diceva di avere nuove idee per il marketing del film e le chiedeva un incontro. Lei gli propose una cena ma lui le disse che stava arrivando al suo appartamento e riattaccò. "Mi sono spaventata" racconta ora, chiamò un amico chiedendogli di venire e fingere di essere il suo fidanzato. Purtroppo, Weinstein suonò il suo campanello per primo. “Harvey riuscì a a bypassare il mio portiere. Ho aperto la porta terrorizzata, con in braccio il mio chihuahua, come se fosse bastato a proteggermi”. Quando gli disse che stava arrivando anche il suo fidanzato il produttore se ne andò. Restia a raccontare questa storia per paura delle ritorsioni, la Sorvino ha precisato di avere “grande rispetto per Harvey come artista e gli sono debitrice, a lui e a suo fratello per aver contribuito al mio successo, l'Oscar”. Inoltre, ha aggiunto di aver avuto contatti professionali successivi “all’incidente” e di essere amica di suo fratello, Bob Weinstein, di tutt’altra specie.
Ashley Judd
Nel 1997, l’attrice Ashley Judd fu invitata da Harvey Weinstein al Penisola Beverly Hills hotel. Doveva essere una colazione di lavoro e invece lui l’attendeva in camera, l’accolse in accappatoio e le chiese di guardarlo mentre si faceva una doccia. Lei si rifiutò, lui suggerì un massaggio, le sfiorò la spallina e tutto ciò che lei riusciva a pensare era: “Come posso uscire dalla stanza il più velocemente possibile senza inimicarmi Harvey Weinstein?".
Lucia Evans
Quando Lucia Evans subì le molestie di Harvey Weinstein si faceva chiamare ancora con il suo nome di battesimo, Lucia Stoller, era all’ultimo anno del Middlebury College e sognava un futuro da attrice. Lo incontrò nel 2004, al Cipriani Upstairs, un club di New York e gli lasciò il suo numero di cellulare. Lui la chiamò a tarda notte, chiedendole un appuntamento. Lei rifiutò, rimandando l’incontro al giorno successivo. Quando alla fine riuscirono a vedersi, l’aspirante attrice percepì fin da subito la potenza del produttore. “Esercitava un controllo tangibile. Anche la sua presenza era intimidatoria”. Non nel senso canonico, però: "mi ha immediatamente lusingato, mi ha spaventato e mi ha fatto sentire a disagio con me stessa”. Dopo averle esposto alcuni film in produzione ed altri in programmazione, “mi ha aggredito, mi ha costretto a fare del sesso orale”. Di fronte al suo rifiuto ha tirato fuori il pene dai pantaloni e l’ha presa per la testa. Lei si è divincolata, "ho provato a scappare, ma forse non ho provato abbastanza. Non volevo sconfiggerlo né combatterlo: è grande e grosso e alla fine mi ha sopraffatto. E questa è la parte più orribile, che hanno subito molte donne: rinunciare a lottare e poi sentirsi in colpa". Il giorno dopo lui si è comportato come se nulla fosse successo. Lucia ricevette le sceneggiature e iniziò a ricevere anche telefonate notturne dal produttore che, infine, le spiegò che tutto ciò che era successo, era la routine. “Ho infilato l’incidente in una parte del mio cervello e ho chiuso la porta”, ha dichiarato la Evans che, tuttavia, ne ha subito le conseguenze per anni, rovinando rapporti e continuando ad avere incubi notturni. Che, tutt’oggi, si ripresentano.
Samantha Panagrosso
Samantha Panagrosso descrive Harvey Weinstein “un uomo disgustoso”. Intervistata dal The Mail on Sunday, la modella italiana oggi 44enne ha raccontato le “avance pesanti e volgari” subite dal produttore in occasione del Festival di Cannes del 2003, a bordo di uno yacht. “Era seduto accanto a me - ha spiegato - e senza preoccuparsi degli altri ospiti ha fatto mi ha rivolto avance volgari”. Per nulla interessata, la modella cercava di ignorarle: lui le diceva “ti farò diventare una star, ma a me non interessava un futuro da attrice”. Tuttavia, le risposte non spaventavano il produttore che, anzi, “sembrava eccitarsi ancora di più”. All’improvviso, si mise a quattro zampe e disse a tutti: “‘Guarda, sono il cane di Sam’. Tutti ridevano, ma io mi sentivo profondamente a disagio”. Incurante, Weinstein proseguì e, vantandosi di aver dormito con diverse star hollywoodiane, racconta ancora la modella, chiamò nel cuore della notte Nicole Kidman, invitandola a bordo: “lei accettò, andarono a farsi una passeggiata e quando tornarono - aggiunge la Panagrosso - disse che si erano baciati”. Senza entrare nel merito di ciò che accadde tra i due, secondo la modella la velocità con cui la Kidman arrivò, “dimostra quanto lui fosse potente. Nel mondo del cinema era il burattinaio”.
Il secondo tentativo, invece, andò in scena qualche notte dopo: lei si era sentita poco bene e si era ritirata in cabina, poco dopo lui bussò, con dell’olio per massaggiare i bambini e delle medicine: “Non potevo credere alla sua arroganza. Mi ha buttato sul letto e mi ha messo le mani sui seni: cercavo di spingerlo via ma lui era troppo grosso”. Alla fine la modella si liberò e quando raccontò l’accaduto agli amici le risposero: "È Harvey: tutti erano complici”. Tuttavia, dopo tanti anni di “squilibrio tra il potere degli uomini e delle donne in tanti ambiti”, ora, si augura la modella, “facendosi forza, unite, le donne possono iniziare a fare la differenza”.
Eva Green
A parlare per nome e conto della Bond Girl Eva Green è la madre, Marlene Jobert, durante un’intervista radiofonica. “Si è comportato con lei come con tutte le altre, seguendo il copione: con il pretesto di una riunione di lavoro per discutere una sceneggiatura e una bella parte per lei”. Il fatto è che “il suo ufficio era nella stanza dell’hotel, Eva l’ha seguito e poi è andata nello stesso modo: lui che ci ha provato, lei che è riuscita a fuggire e la carriera minacciata”.
Claire Forlani
Claire Forlani, l’attrice diventata famosa nel 1998 per il suo ruolo in Vi presento Joe Black, che due anni dopo ha recitato in Boys and Girls - Attenzione: il sesso cambia tutto, il film prodotto dalla Miramax, dice di essere sfuggita ben 5 volte dalle avance di Harvey Weinstein. Episodi spiacevoli, vissuti quand’era appena 25enne e poi archiviati nel cervello. Le prime due volte andarono in scena al Peninsula Hotel, sempre secondo il copione: il pretesto di una riunione di lavoro, la proposta di fare un massaggio, le avance, le fughe. "Mi ricordo - ha spiegato Forlani - che mi aveva detto che si era preso cura di tutte le attrici che avevano dormito con lui". La Forlani, tuttavia, non si fece abbindolare.
Lena Headey
In quattro lunghi tweet postati la sera del 17 ottobre, Lena Headey, l’attrice volto di Cersei Lannister ne Il Trono di Spade ha fatto il suo coming out rivelandosi l’ennesima preda dell’insaziabile produttore hollywoodiano Harvey Weinstein. Scrive che il primo incontro è avvenuto durante la Mostra del Cinema di Venezia, nel 2005, durante la proiezione di The Brothers Grimm di Terry Gilliam. “A un certo punto Harvey mi ha chiesto di fare una passeggiata sulla spiaggia, l’ho seguito, poi si è fermato e ha fatto commenti e gesti sconvenienti. Semplicemente ho riso, ero genuinamente scioccata. Ricordo di aver pensato che fosse uno scherzo e di aver detto qualcosa come ‘oh, andiamo compagno?!?? Sarebbe come baciare mio padre, andiamo a bere qualcosa, torniamo dagli altri”, cercando di sdrammatizzare la situazione. Nel secondo tweet l’attrice fa una premessa al secondo incontro, qualche anno dopo, a Los Angeles. “Ero convinta che non non ci avrebbe provato di nuovo, non dopo che avevo riso dicendogli ‘mai, nemmeno tra un milione di anni’. Credevo rispettasse il mio confine e che volesse parlarmi solo di un potenziale lavoro”. Nel terzo tweet descrive la piega storta che prese la situazione: come di consueto il produttore la invitò a colazione, in un primo tempo parlarono di lavoro, poi lui iniziò a interessarsi della sua vita privata. Lei provò a riportare la discussione verso argomenti meno personali e lui andò alla toilette. Quando tornò le disse: “Andiamo in camera, voglio darti un copione”. L’attrice ricorda la paura provata salendo in ascensore, perciò gli disse: "Non sono interessata a niente oltre al lavoro, per favore non pensare che sia salita in ascensore con con te per qualsiasi altro motivo. Quindi ti prego, non pensare che io stia venendo per altre ragioni, non succederà nulla”. Lena “non sa dove trovò la forza di dire quelle parole” che Weinstein non gradì per nulla. “Rimase in silenzio per un po', furioso - scrive nel quarto e ultimo post -. Siamo usciti dall'ascensore e siamo andati verso la sua stanza. La sua mano era sulla mia schiena, mi spingeva avanti senza dire una parola e mi sono sentita completamente impotente. Ha provato ad aprire la porta ma la sua chiave non funzionava, quindi si è davvero arrabbiato". A questo punto ha riaccompagnato la Headey in ascensore, poi all'uscita dall'hotel, “stringendo con forza il mio braccio. Pagò il taxi e mi ha sussurrato nell'orecchio 'Non dire niente di tutto questo, nemmeno al tuo manager o al tuo agente'. Sono salita in macchina e ho pianto".
Lupita Nyong’o
Lupita Nyong’o è uscita allo scoperto dalle colonne del New York Times dove il 19 ottobre ha firmato un lungo editoriale, confessando di aver ricevuto anche lei le avance moleste di Harvey Weinstein. "Avevo abbandonato la mia esperienza con Harvey negli incavi della mia mente, entrando a far parte della cospirazione del silenzio che ha permesso a questo predatore di continuare per tanti anni - scrive il premio Oscar per 12 Anni Schiavo - Mi sono sentita molto sola, all'epoca dei fatti, e mi sono data la colpa per un sacco di cose, proprio come molte altre donne che hanno condiviso le loro storie. Ma ora che il caso è diventato di dominio pubblico, non ho potuto evitare i ricordi riemersi. Mi sono sentita male, nella centro dello stomaco".
L'attrice racconta di aver conosciuto il produttore a una cerimonia Berlino, nel 2011, quand'era ancora una studentessa alla Yale School of Drama. "Chi me lo presentò lo descrisse 'il più potente di Hollywood'". Fu messa in guardia da chi conosceva i modi poco galanti del produttore che, fin da subito pretese di essere chiamato per nome, senza troppe cerimonie. Lo descrive come "diretto e autoritario ma anche affascinante. Non mi sentivo a mio agio ma nemmeno allarmata". Qualche tempo dopo la chiamò per invitarla a una proiezione nella sua casa a "Westport, Conn. non lontano da New Haven, dove vivevo ai tempi". Prima andarono a pranzo, lui ordinò una vodka e soda, lei un succo di frutta. Lui insistette perché ordinasse qualcosa di alcolico, lei riuscì ad opporsi. Finito il pranzo andarono a casa, dove c'erano anche i figli, iniziarono a guardare il film ma dopo appena un quarto d'ora Harvey la portò in camera sua, offrendosi di farle un massaggio. Lei declinò l'offerta e, sentendo per la prima volta la paura salirle dentro, si ricordò del corso di Yale sul massaggio per connettere testa, corpo ed emozioni e si offrì come massaggiatrice. Lui accettò e dopo poco disse di volersi togliere i pantaloni. Al che l'attrice decise che era troppo e si avviò alla porta, certa che lui non avrebbe fatto nulla con i figli e il personale di servizio in casa. Prima di uscire lui le propose una parte in una serie della HBO.
I due s'incontrarono altre volte, sempre in pubblico, finché, a un pranzo, lui le disse che se avesse voluto fare l'attrice, si sarebbe dovuta prestare alle sue voglie. Lei sorrise, sviò il discorso e fece carriera lo stesso.
"Ora che ne stiamo parlando, facciamo in modo che non ci sia più silenzio", si augura Lupita, "facciamo sì che questo tipo di comportamento non meriti una seconda chance. Io parlo per contribuire alla fine della cospirazione del silenzio".
Giovanna Rei
Dallo studio de La Vita in Diretta, l’attrice Giovanna Rei ha rivelato le molestie subite da Harvey Weinstein nel 1998, in un hotel di Roma. Secondo il racconto, il produttore la invitò a una cena in terrazza, insieme ad altre persone e le propose un ruolo in un film. I due, più tardi, si ritrovarono da soli: “mi si presentò davanti completamente nudo con una crema da massaggio. Mi disse non voglio fare sesso, non ti preoccupare… devi solo accarezzarmi e farmi rilassare”. Lei si oppose e lui “ha cominciato a diventare prepotente e mi ha strattonata verso la stanza da letto”. Lei urlò, gli tirò addosso alcuni oggetti, lo minacciò: “Se non mi lasci andare immediatamente, io ti denuncio”. Forse spaventato dal clamore, - “Ero impaurita ma ringrazio Dio di averla fatta sentire la mia voce" - Weinstein se ne andò. “Era una trappola bella e buona - ha concluso la Rei - quella era una violenza, anche se per fortuna non c'è stata, ma psicologicamente è stata fortissima”.
Le ex dipendenti della Weinstein Company
Le ex dipendenti della Weinstein Company si chiamano Mimi Haleyi e Zelda Perkins. La prima - ex assistente alla produzione - l'ha denunciato per stupro. I fatti risalirebbero al 2006: lei aveva 20 anni, lui l'avrebbe approcciata più volte invano, finché un giorno nell'appartamento newyorkese del produttore in quella che aveva tutta l'aria della cameretta dei bambini, nonostante lei avesse il ciclo, lui “l’ha obbligata a subire un rapporto orale”.
Il silenzio di Zelda Perkins, invece, sarebbe stato comprato con un contratto di "non divulgazione" di 125 mila sterline che, l'ex assistente, ha di fatto strappato rivelando la sua storia al Financial Times. Sempre la stessa, uguale a quella di tutte le altre, quella di lui che passeggia nudo, chiede un massaggio e di fronte al rifiuto, si compra il silenzio. In questo caso pagandolo.
La misteriosa attrice italiana e il j’accuse di Roberto Faenza
Tra le 6 donne che accusano Harvey Weinstein di stupro c'è una misteriosa italiana. Si sa che ha 38 anni, che vive nella California del Sud, che è una modella e una nota attrice, che è apparsa sulla copertina di Vogue e che ha recitato in diversi film, che ha dei figli che vuole proteggere dallo scandalo e una dignità che vuole onorare. Per questo ha deciso di denunciare alle autorità lo stupro che avrebbe subìto da Harvey Weinstein e poi di raccontarlo al Los Angeles Times ma nel totale anonimato. "Il più grande rimpianto della mia cliente - ha fatto sapere in conferenza stampa il suo legale, David Ring, tra i più rinomati nelle cause di molestie sessuali - è quello di aver aperto quella porta”. Secondo la versione della misteriosa attrice, era il febbraio del 2013, i due si erano incontrati a un party durante l’ottava edizione del Los Angeles, Italia Film, Fashion and Art Festival. Finita la festa, lei tornò nella sua stanza, al Beverly Hills Mr. C hotel. Poco dopo lui si presentò alla sua porta, lei aprì, lui "Mi prese per i capelli e mi forzò a fare qualcosa che non volevo fare, poi mi spinse in camera e mi violentò".
La confessione è arrivata il giorno dopo l'intervista rilasciata dal regista e sceneggiatore Roberto Faenza a Il Fatto Quotidiano: “Ce ne sono anche altre, almeno una decina tra le attrici italiane che sono state a letto con lui per avere una particina in un suo film. Il che significa che tutti sapevano”. Senza criticare le vittime (lo sport nazionale del momento, da Vittorio Feltri a Rossella Brescia), Faenza aveva denunciato la “reticenza ad accusare il prepotente che abusava del suo potere in maniera scandalosa” e “l'omertà di questo sistema di hollywoodiano fatto di un opportunismo raccapricciante. Finché Harvey ha fatto comodo nessuno ha parlato”.
Quentin Tarantino e Scott Rosenberg: mea culpa
Il mea culpa di Quentin Tarantino è arrivato a stretto giro dal post del collega Scott Rosenberg. Il regista che con Harvey Weinstein portò al cinema alcuni tra i suoi capolavori - da Le Iene a Pulp Fiction, da Kill Bill a Bastardi senza gloria, fino a The Hateful Height - ha ammesso che le voci sul produttore "erano più di un normale rumor, di un normale gossip. Non erano di seconda mano". Anzi: il regista fu anche il fidanzato di Mira Sorvino, l'attrice che non ha avuto paura a raccontare le avance subite. Approcci taciuti finora ma, raccontati all'allora fidanzato Quentin: "Ero scioccato e sconvolto. Non potevo crederci ma pensavo che all’epoca Weinstein fosse particolarmente preso, infatuato da Mira". Perciò lasciò correre e perciò oggi si vergogna e si pente: "Ho minimizzato gli incidenti. Mi rendo conto che qualsiasi cosa dico ora sembra una scusa". Tant'è: "Non ho una risposta sul perché lo ha fatto".
Il regista Scott Rosenberg - che con Harvey (e suo fratello Bob) lavorò dal 1994 agli anni Duemila, dando inizio alla sua carriera - è apparso su Facebook, in un lungo e dettagliato postì: “Ero sicuro di aver trovato l’oro. Mi amavano, quei due fratelli, che avevano reinventato il cinema” premette prima di entrare nel merito: "Tutti sapevano, cazzo. Non che stuprasse. No, quello non l’abbiamo mai saputo..Ma sapevano una storia di comportamenti aggressivi che era piuttosto spaventosa. Sapevamo della fame di quell’uomo; il suo fervore; il suo appetito. Non c’era niente di segreto sulla sua rapacità vorace; come un orco insaziabile uscito dalle favole dei fratelli Grimm. Tutto avvolto in promesse vaghe di ruoli nei film”. A riprova della certezza, scrive: “vi ho visto. E ne abbiamo parlato insieme. Voi, i grandi produttori; voi, i grandi registi; voi, i grandi agenti; voi, i grandi finanzieri. E voi, i capi dei grandi studios rivali; voi, i grandi attori; voi, le grandi attrici; voi, le grandi modelle. Voi, i grandi giornalisti; voi, i grandi sceneggiatori; voi, le grandi rockstar; voi, i grandi ristoratori; voi, i grandi politici. Vi ho visti. Tutti”. Si domanda che cosa avrebbe potuto fare, a chi avrebbe potuto dirlo, si dispiace di essere stato complice, di aver approfittato, come tutti, del magico mondo che Harvey metteva a disposizione. Si scusa con le vittime, precisando che “Il loro coraggio è una lanterna che illumina la mia vergogna. E mi scuserò in eterno con tutti quelli che hanno sofferto in silenzio per tutto questo tempo. E hanno scelto di rimanere in silenzio oggi”.
Courtney Love: il monito 12 anni fa
Scoppiato il caso, la cantante Courtney Love ha cinguettato un video del 2005 che fu pubblicato da TMZ. Quello che le chiuse le porte di Hollywood. L’occasione era il red carpet del Pamela Anderson Comedy Central Roast, le domandarono un consiglio alle aspiranti attrici e lei, senza esitare, rispose: "Se Weinstein vi invita ad una festa privata al Four Season non andateci". Dodici anni dopo, l’artista ha rivelato che “sebbene io non sia stata una delle sue vittime, sono stata bandita in eterno dal CAA (la Creative Artists Agency, una delle agenzi dei vip, n.d.r.) per aver parlato contro di lui".
Juliette Binoche: ritratto in chiaroscuro
Intervistata da Le Monde, Juliette Binoche, l’attrice francese che ha lavorato con Harvey Weinstein in diversi film - ne Il paziente inglese si è aggiudicata l’Oscar come Miglior Attrice non protagonista, in Chocolat la nomination per Migliore attrice - ne ha dato un ritratto fatto di chiaroscuri. Il produttore è “un essere complesso e anche bizzarramente interessante”, un uomo che non l’ha mai molestata ma “sentivo che tipo di persona avevo davanti. Il genere di uomo con il quale non uscirei mai a divertirmi. Ho pranzato con lui una volta, da soli, nella sua suite, non mi sono sentita in pericolo, ma non ho capito perché teneva tanto a vedermi”.
Complici le esperienze traumatiche vissute dalla Binoche a soli 7 anni, quando fu molestata dal maestro di scuola, a 18, da un regista e tre anni dopo, da un produttore, l’attrice ha imparato a “insorgere contro l’impunità degli uomini”. Ragion per cui lo scandalo Weinstein è l’occasione per dibattere un mal costume troppo diffuso. Bene quindi che “molte persone approfittino di questo momento per aprirsi, liberarsi di un non detto, forse questo finirà per risvegliare le coscienze!”. Anche perché, sebbene lei non sia stata vittima dell’onta di Weinstein “mi è successo di essere scartata in un film perché non avevo risposto a un ginocchio che mi toccava sotto il tavolo, o perché non ho chiamato il numero di cellulare che mi era stato dato alla fine del provino. Ho perso dei ruoli in questo modo”.
Salma Hayek
Salma Hayek ha aspettato due mesi prima di raccontare l'incubo Harvey Weinstein: "Per anni, è stato il mio mostro" ha scritto in un lungo articolo pubblicato sul New York Times. L'attrice messicana ha intercettato il produttore hollywoodiano quando, all'inizio degli anni Duemila ha deciso di portare al cinema la storia di Frida Khalo, la donna che l'avrebbe traghettata verso il suo sogno. "Sapevo che (Weinstein, n.d.r.) era un uomo di grande intelligenza, un amico leale e un buon padre di famiglia", oltre che il proprietario di un'agenzia di produzione cinematografica divenuta ormai "sinonimo di qualità, un vivaio di artisti coraggiosi e provocatori. Tutto quel che Frida rappresentava per me e ciò che io volevo essere". Salma e Hayek firmano un contratto e l'incubo ha inizio subito dopo: "Di lì a breve - ha raccontato ricordando gli episodi di cui "ero convinta di aver fatto pace" - avrei capito che era venuto il momento di dire no: non aprirgli la porta a qualsiasi ora della notte, hotel dopo hotel, location dopo location, quando si presentava a sorpresa, incluse location in cui stavo girando film con cui non c'entrava niente. Rispondere no alla richiesta di farsi una doccia con lui, di guardarmi mentre mi facevo la doccia, di farmi un massaggio, di lasciare che un suo amico nudo mi facesse un massaggio, di fare sesso orale, di vedermi nuda con un'altra donna".
Salma nega e si nega. Harvey non tollera i no e non potendo sfogare le sue voglie (secondo l'attrice a "salvarla dall'essere stuprata" è stata l'amicizia con personaggi importanti tra cui Quentin Tarantino e George Clooney) si vendica sul set. Le chiede di riscrivere la sceneggiatura gratis, di trovare 10 milioni di euro. Lei non si tira indietro. E alla fine vince la guerra: Frida viene candidato a 6 statuette, se ne aggiudica 2, Salma è sbarcata a Hollywood. Ma questa è un'altra storia.