Rossella Brescia-Asia Argento: scontro social sullo scandalo Weinstein
La conduttrice Rossella Brescia dice la sua all'hashtag quellavoltache: "Quando sento odore di marcio volto le spalle". Asia Argento cinguetta: "Brava, sei meglio tu".
Lo scandalo Weinstein è diventato il terreno di scontro (soprattutto) tra le donne. L’ultimo match si è giocato tra la conduttrice Rossella Brescia e l’attrice Asia Argento, esemplare per descrivere il clima. Perché se da un lato ci sono quelle - come l’attrice - che lo scandalo l’hanno provocato, raccontando in pubblico le molestie subite; dall’altro ci sono quelle - come la conduttrice - che le molestie le hanno evitate e non perdono occasione per infierire.
Nello specifico: “Come mai non ho mai incontrato i vari #Weinstein nella mia vita? eppure faccio questo mestiere da tanti anni” domanda retoricamente la Brescia su Facebook all’hashtag #quellavoltache che la blogger Giulia Blasi ha creato per indurre le vittime, finora silenziose, a parlare. Poi rincara: “La verità è una sola, quando sento odore di marcio, sfodero il mio sorriso migliore e volto le spalle”. Infine cita qualche esempio, di “quellavoltache mi hanno dato appuntamento in ufficio dopo le 20…col cacchio che mi sono presentata” e di “quellavoltache un regista che non conoscevo mi ha dato un appuntamento al ristorante di sera, solo noi due per parlare di lavoro (ma che scherzi, come no) col cacchio che mi sono presentata”. Pubblicato alla mezzanotte e mezza del 19 ottobre, in 16 ore ha rastrellato più di 5mila like e (appena) 187 condivisioni. Chiamata in causa (anche se non con nome e cognome), Asia Argento - che proprio a causa del victim blaming subìto in Italia e per lo più dalle donne, ha deciso di trasferirsi all'estero - ha cinguettato secca su Twitter "Brava, sei meglio tu".
Il fatto è che la provocazione della conduttrice mortifica il dibattito in corso e sposta l’attenzione dal vero problema che non riguarda le donne, ma gli uomini. Perché la questione non è saper resistere o meno alle avance e, magari, anche avere la faccia tosta di denunciarle senza aspettare 20 anni (rischiando di esporsi, oltre al danno, anche alla beffa). La questione è l’abuso di potere degli uomini (potenti) sulle donne (agli albori).
Senza entrare nel merito di come si siano comportate le prede di Weinstein, come ha evidenziato la nota dell’Academy Award nel radiarlo dall'associazione che assegna le statuette, il problema sta nella “vergognosa complicità in un comportamento sessuale predatorio e di molestie sul lavoro”. Il problema non sono le prede ma i cacciatori. Chi, come l’ex Re di Hollywood, fa perno sulle ambizioni delle giovani e ambiziose promesse. E magari sì, anche sulle loro debolezze.
Ebbene, non tutte hanno la forza di resistere, di dire no. Ma tanto, per i leoni (leonesse) da tastiera, il limite si sposta sempre un po' più in là e anche di fronte alle colleghe che al momento buono (si fa per dire) si sono opposte ma poi si sono permesse di denunciare l'imbarazzo e l'umiliazione subiti, il leit motiv è: "che sarà mai, un uomo che ci prova?".
Il punto, a questo punto della storia, è che non dovrebbero esistere più situazioni imbarazzanti come quelle propinate alle donne (quaranta) che hanno denunciato Weinstein. Questo si è augurata l'Academy. E per questo dovrebbero battersi le altre donne, invece di dichiararsi migliori, di screditare le più deboli o, peggio, di declassare il mal costume al motto di “Dico sempre a me stessa siamo talmente tanti nel mondo, non c’è mica solo Weistein”, per citare ancora un passaggio della Brescia. Ancora prima di salire in cattedra, dovrebbero fare in modo che di tipi alla Weinstein non ce ne sia più nemmeno uno. L'empatia, invece, dovrebbe essere ovvia. Ma questo è un altro piano.