Scuola media: se arriva l'Isis ci convertiamo
La professoressa domanda agli studenti di terza media che cosa farebbero se arrivasse l'Isis e 23 su 25 rispondono "ci convertiremmo subito". Breve analisi di una società che non riesce a produrre modelli culturali. Ad eccezione di Papa Francesco: l'Anno santo è l'unica risposta alla vendetta.
I nostri galleggiano, tra (troppo) alcool e droghe e (troppo) politically correct. I loro annegano nell'ideologia, indottrinati che ancora sono dei bambini a una società dove le donne sono ombre buone solo a fare figli, la cultura è una perdita di tempo immorale e l'unica legge da rispettare è la Sharia in salsa moderna. Dove la pena di morte si applica ad uso e consumo della propaganda e non, come dovrebbe essere, solo in caso di omicidio ingiusto, adulterio (sia per l'uomo che per la donna), bestemmia contro Allah (da parte di persone di qualunque fede) e apostasia.
Non è una gara tra modelli culturali incrinati, è una triste constatazione di cui bisogna prendere atto, prima che sia troppo tardi. Prima che i nostri ragazzi - com'è successo in una scuola media di provincia - alla domanda della professoressa "e voi cosa fareste se arrivasse l'Isis a casa nostra" rispondano in 23 su 25 "ci convertiremmo per salvarci", in barba ai bisnonni partigiani che l'invasar lo rispedirono a casa imbracciando i fucili. E prima che i loro si trasformino in boia o kamikaze, come succede in Nigeria e nei paesi in mano al Califfato. Perché se i nostri si stanno bruciando il cervello, i loro si stanno bruciando la vita. Che poi è lo stesso orrore.
Per i nostri c'è l'allarme lanciato dalla Società italiana di psicopatologia (Sopsi): tra i ragazzi ''stanno aumentano le malattie psichiche provocate da abuso di alcol e sostanze stupefacenti''. In questi ultimi anni, avverte Carlo Altamura, psichiatria dell'Università di Milano ''tra i ragazzi sotto i 20 anni si registra un numero sempre più elevato di domande di aiuto per ansia e disturbi depressivi, spesso accompagnati da eccesso di alcol e droghe. Dobbiamo porre un freno a questa pericolosissima deriva''.
Per i loro, invece, ci sono i numeri di Save the Children: sono tra i 250 mila e i 300 mila i bambini nel mondo coinvolti in azioni di guerra o di guerriglia, "una strage morale, oltre che fisica, degli innocenti". Un orrore che oggi, con i video choc dei bambini che si fanno saltare nei mercati e gli altri che sparano a sangue freddo alla nuca dei prigionieri, organizzazioni come Boko Haram e l'Isis (che altro non sono che cugini), sbattono in faccia al nostro (inerte) mondo occidentale.
Un mondo che ha conquistato i diritti ma ha smesso di crederci, che non ha più lavoro per (tutti) i giovani che non riescono a emanciparsi mai del tutto, fiaccati dalla crisi di un sistema che deprime per primi i loro genitori, privandoli di modelli a cui ispirarsi e inquina la società lasciando passare il triste messaggio che a fare i furbi da qualche parte si arriva. Il che è meglio che da nessuna parte, come succede alla maggior parte di chi rispetta le regole e si aspetta che un'azione corrisponda una reazione. Che a una laurea segua un lavoro, per esempio.
Perciò la risposta quasi unanime di quei ragazzini di quella scuola media fa paura. Perché ora che l'Isis parla sempre più europeo qualcosa bisognerà pur contrapporre. Altrimenti documenti come Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare, firmato "Il vostro fratello in Allah, Mehdi", pubblicato in un italiano quasi perfetto sui forum jihadisti con l'obiettivo di "fare chiarezza" e chiamare alle armi in vista della futura "conquista" di Roma, rischiano di affascinare le giovani menti, anche solo facendo leva sulla paura.
Il paradosso è che l'unico vero modello proposto di fronte a queste incertezze arriva dall'istituzione più antica di tutte: la Chiesa cattolica. Con l'Anno santo il Papa Francesco ha invitato tutti i fedeli del mondo a Roma rivelandosi l'unico leader politico che alle minacce di instabilità risponde aprendo le porte anziché alzando i muri. Non è importante credere o meno nella dottrina cattolica è interessante invece leggere una ricetta diversa, coraggiosa. Il messaggio di Papa Francesco è mettetevi in gioco, credeteci, mostratevi. Un messaggio che all'inettitudine contrappone la misericordia, nel suo doppio significato di "sentimento di compassione per l’infelicità altrui, che spinge ad agire per alleviarla - come spiega il dizionario Treccani - ma anche sentimento di pietà che muove a soccorrere, a perdonare, a desistere da una punizione". Insomma, che cerca una strada diversa dalla vendetta. Se non di convertirsi, è il caso di rifletterci.
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