Fabrizio Corona, la sentenza: un anno di carcere. Lui esulta
Il Tribunale di Milano ha condannato Fabrizio Corona a un anno di carcere per uno dei tre capi d'accusa, assolto dagli altri due. Lui esulta in aula, Silvia Provvedi si commuove.
“Sì! Giustizia è fatta!”: un’esclamazione e due pugni battuti sul tavolo. Fabrizio Corona ha accolto con visibile entusiasmo la sentenza del Tribunale di Milano che lo ha condannato a un anno di carcere per sottrazione fraudolenta delle imposte e assolto da intestazione fittizia dei beni, il reato più grave che gli era stato contestato, e pure dall’altro, violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione. Condannata invece a tre mesi la sua collaboratrice, Francesca Persi, coimputata insieme all’ex agente dei Vip per quel tesoretto nascosto in parte nel controsoffitto della sua casa milanese, in parte in una cassetta di sicurezza in Austria. “Sono felice, felicissimo - ha commentato Ivano Chiesa, uno dei due legali di Corona - continuo a ridere e sono anche un po’ distrutto, perché Fabrizio, subito dopo la lettura della sentenza, mi ha riempito di botte”. E c'è da credergli, visto che la pm milanese Alessandra Dolci aveva chiesto una condanna a 5 anni per lui e 2 anni e 4 mesi per lei.
A questo punto Corona “resta in carcere perché il Tribunale di sorveglianza ha revocato il suo affidamento - ha spiegato il suo legale -, ma, essendo venuto meno il mandato di cattura, le cose cambiano di molto. Fabrizio riprenderà, quindi, il suo percorso”. Un percorso che, a detta di chi lo conosce lo ha profondamente cambiato. Qualche avvisaglia si è udita in aula, poco prima che i giudici entrassero in camera di consiglio per deliberare, quando Corona, in una dichiarazione spontanea ha tirato in ballo il platonico “daimon” (lo “spirito guida”), ha ringraziato il collegio “per avere sopportato le mie intemperanze e avere prestato attenzione a ogni minimo particolare e avermi dato la possibilità di difendermi”, ha promesso che “qualsiasi decisione prenderete, non dirò una parola”, e poi, rivolgendosi a Silvia Provvedi, la sua fidanzata “unica e speciale”, un “amore vero” che “quello che ha fatto per me non l’avrebbe fatto nessuna donna”, l’ha commossa fino alle lacrime.
Lui, il “perseguitato”, lui che “non sono un criminale e soprattutto non sono e non sarò mai un mafioso”, per cui la Dda di Milano ha fatto solo “molto rumore per nulla” in un’indagine da “messinscena dell’assurdo”, forse perché mettere le manette a Corona, ha dichiarato, dà “5 minuti di celebrità a tutti”, ha concluso una citazione dopo l'altra. Lui che ora torna da sua mamma, dalla sua fidanzata, da suo figlio: “Ho questa piccola famiglia, mi aspetta ed è l’unica cosa che voglio, i soldi non mi interessano, potete anche tenerveli. Datemi ciò che è giusto e fatemi riprendere il percorso da dove lo avevo interrotto”.
Lui, che prima della sentenza confessava “sono stanco e ho paura ma non per me, per mio figlio di 14 anni che ieri è venuto in carcere” e, dopo avergli infuso fiducia, gli ha ricordato che “il perdono è meglio di una preghiera”, ora ha tutto il tempo di perdonare se stesso. Lui che ora ha davanti a sé ancora 5 anni di carcere ma vede la luce alla fine del tunnel. Lui che, come ha ribadito il suo avvocato, “sarebbe bastata all’inizio un po’ di pazienza e tutto questo non sarebbe successo”.
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