Sentenza Corona: il pm chiede 5 anni, lui grida “Vergogna”
Al termine della requisitoria nell'ambito del processo a Fabrizio Corona per i 2,6 milioni di euro occultati, la pm Dolci chiede 5 anni, l'imputato urla e l'udienza viene sospesa.
Quando, al termine della sua requisitoria la pm milanese Alessandra Dolci chiede cinque anni per Fabrizio Corona e 2 anni e 4 mesi per Francesca Persi, la sua collaboratrice, in aula rimbomba la voce dell’ex paparazzo dei Vip che, visibilmente alterato, urla “Vergogna, voglio giustizia”. Basito, Guido Salvini, il presidente del collegio interrompe l’udienza, invita l'imputato a calmare i nervi e, solo quando quest’ultimo si scusa per il suo comportamento inappropriato, riapre l'aula.
In attesa della sentenza, il processo per quel tesoretto da 2,6 milioni di euro in contanti stipati in parte nel controsoffitto di casa Parsi e in parte in una cassetta di sicurezza in Austria, è alle battute finali. Tre le imputazioni contestate: sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, intestazione fittizia di beni (all'amica "ventennale e fidatissima" così da "sottrarli" ai controlli dell'autorità giudiziaria) e violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione.
Nella ricostruzione della pm, Francesca Parsi era qualcosa di più della “mera custode" del "nero" guadagnato dal “signore delle buste di contanti”, per usare la definizione che ne ha dato la sua ex, Belén, chiamata a testimoniare dalla difesa. Secondo la magistrati, l’ex collaboratrice sapeva che quei 1,7 milioni di euro stipati nel controsoffitto di casa sua dovevano essere "non tracciabili”, invisibili al Fisco.
Al termine dell’udienza, la diretta interessata nega senza convincere: "Fabrizio è un gran lavoratore e io e lui non abbiamo mai ammazzato nessuno, mentre c'è tanta gente che, a differenza nostra, i soldi li ha portati alle Cayman”. Prima di uscire dal Tribunale, aggiunge: "Sono rimasta molto sorpresa da richieste di pena così alte ma credo nella giustizia e nella verità".
Prende le distanze dalle richieste della magistrati anche l'avvocato Luca Sirotti, uno dei due difensori di Corona: “Sono arrivate soltanto ipotesi suggestive, ma la realtà è che qua siamo di fronte a somme generate in modo del tutto lecito". Somme "nascoste" dal suo cliente ma che "non erano affatto nella disponibilità" della collaboratrice Parsi. Per questo, secondo il legale, l'accusa d'intestazione fittizia di beni non regge, tanto quanto è "insussistente" quella di frode fiscale. Per quanto riguarda il terzo capo d’accusa, violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione, si pronuncerà l'8 giugno Ivano Chiesa, l’altro legale di Corona. Poi sarà il turno dei difensori della Persi. La sentenza è prevista per il 12 giugno.
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