A tutte le donne, donne al quadrato: l’8 marzo in versi
I versi delle poesie della milanese Alda Merini e della blogger napoletana Antonia Storace per celebrare l'8 marzo, la festa della donna.
C’è la donna di Alda Merini, la poetessa milanese dei Navigli, col filo di perle sempre al collo, il rossetto e il fumo della sigaretta ad annebbiarle il volto. E c’è la donna di Antonia Storace, napoletana classe 1986 che Nel giardino dei ciliegi, il blog aperto nel 2008, ha scritto quei versi così veri sulle donne che in tanti (ma proprio tanti) hanno attribuito ad Alda Merini. Donne che scrivono di donne e si trasformano nei versi dell'8 marzo.
C’è quell’Inno alla donna, scritto con l’inchiostro sul taccuino di Alda (probabilmente qualche traccia c’è anche su quel “muro degli angeli” della sua camera milanese), e pubblicato nel 2003 nella raccolta Clinica dell’abbandono (Einaudi). Quello dove la donna è “Stupenda/immacolata fortuna”, che “per te gli uomini/hanno preso/innumerevoli/voli/creato l’alveare del pensiero”, donna che “tremi per i tuoi/incantesimi/che sono nelle tue mani/e tu hai un sogno/per ogni estate/un figlio per ogni pianto/un sospetto d’amore/per ogni capello/ora sei donna tutto un/perdono/e così come vi abita/il pensiero divino/fiorirà in segreto/attorniato/dalla tua grazia”.
Lei che l’animo della donna l’ha scorticato tra amori turbolenti e depressioni, mondanità e solitudine, A tutte le donne aveva già dedicato altri versi, più sofferti. La donna era “Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso/sei un granello di colpa/anche agli occhi di Dio/malgrado le tue sante guerre/per l’emancipazione”. Della donna canta l’onore e l’onere, quando scrive che “Spaccarono la tua bellezza/e rimane uno scheletro d’amore/che però grida ancora vendetta/e soltanto tu riesci/ancora a piangere,/poi ti volgi e vedi ancora i tuoi/figli,/poi ti volti e non sai ancora dire/e taci meravigliata/e allora diventi grande come la terra/e innalzi il tuo canto d’amore".
E poi ci sono le Donne al Quadrato che Antonia ha descritto sul suo blog, picchettando sulla tastiera un giorno di novembre. Quando Fabio Volo ha letto in radio quella poesia, in quelle donne si sono riviste innumerevoli altre donne e innumerevoli uomini hanno scorto le loro madri, sorelle, figlie e compagne. Così tanto che i versi sono diventati virali. Sono “donne donne” che “non devi provare a capirle, sarebbe una battaglia persa in partenza”, sono donne che “Devi spezzare via, con un abbraccio che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta soltanto, a bassa bassissima voce". In quelle donne c'è l'ansia da prestazione per una parità ancora lontana: "Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo avertele raccontate, si tormenteranno – in un agonia lenta e silenziosa - al pensiero che scoprendo il fianco e mostrandosi umane e facili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo, vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi allontanarsi. Perciò prendile e amale. Amale vestite, e senza trucco che a spogliarsi sono brave tutte. Amale indifese e senza trucco, perché non sai quanto gli occhi di una donna possono trovare scudo dietro un velo di mascara. Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia. Amale sapendo che non ne hanno bisogno, sanno bastare a se stesse. Ma appunto per questo, sapranno amare te come, nessuna prima di loro”.
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