Mohamed Shohayet l'Aylan Kurdi della Birmania annegato perché Rohingya
Morto a 16 mesi perché Rohingya: la foto di Mohamed Shohayet, cadaverino abbandonato nel fango, scuote il mondo e centra l'attenzione sulla Birmania.
Mohamed Shohayet aveva 16 mesi ed è morto, con la faccia nel fango e le gambette rannicchiate, lungo le sponde del fiume Naf in Myanmar. Uno scatto drammatico, quello che il padre della piccola vittima ha diffuso, uno scatto che fa eco a quello di Aylan Kurdi, il piccolo rifugiato siriano inghiottito dalle onde nere e tempestose del Mediterraneo.
Perché continuano a morire i bambini? Perché questa tragedia senza fine non è capace di risparmiare nessuno? Perché? L'unica domanda da farsi, di fronte a questa immagine che lascia senza parole è un sonoro "perché". Un perché che, però, non ha nessuna risposta. Inutile cercare una spiegazione nella fuga alla quale questi piccoli sono costretti, inutile cercare una giustificazione al massacro del quale sono - loro malgrado - protagonisti assieme alle loro famiglie."Un amico mi ha inviato questa foto - ha raccontato il padre, affranto, alla CNN - quando l'ho vista mi sono sentito morire. Non ho più motivo di restare su questa terra".
Ronhingya: chi sono?
Una terra ostile con il popolo dei Rohingya della Birmania che, considerati una delle popolazioni più perseguitate al mondo, hanno l'unica colpa di essere musulmani in un paese a maggioranza buddhista. Discendenti, in principio, di un gruppo di commercianti musulmani insidiatesi nella zona, sono diventati la minoranza più odiata del territorio e nemmeno la leader del paese, nonché applauditissima paladina dei diritti umani, Aung San Suu Kyi, riesce con la sua politica a mettere un freno a questa furia ingiustificata.
"Nel nostro villaggio - continua ancora il papà - gli elicotteri sorvolano le nostre case e sparano. Lo stesso fanno i soldati". Noi non possiamo saperlo con certezza perché, nel territorio, l'ingresso dei media internazionali è interdetto. Ma lui, lui lo sa bene. E lo sa perché la sua fuga è durata 6 giorni, 144 ore senza bere, 8640 minuti senza mangiare. Nulla. Una fuga iniziata per restituire una dignità che da sempre è stata vietata alla sua famiglia, una fuga difficile nella quale ha dovuto abbandonare la famiglia. Una fuga che ha avuto l'epilogo peggiore tra quelli che poteva immaginare. E adesso, il mondo, piange con lui. Aprendo gli occhi di fronte a questa (troppo sottovalutata) problematica. Che continua a mietere vittime. Di ogni età.
L'intervista al padre di Mohamed Shohayet è stata trasmessa dalla CNN ed è visualizzabile online a questo link (dal quale è stata estratta la foto di questo articolo). Il Magazine delle Donne, pur credendo nell'importanza fondamentale della divulgazione destinata ad accrescere nei lettori la consapevolezza circa situazioni tragiche e poco note, ha preferito non pubblicare il drammatico scatto della piccola vittima limitandosi a dare la notizia di questa tragedia.