Domande per conoscersi, oltre lo schermo, agli altri e a se stessi
Dai siti di dating alle app le domande per conoscersi sono profili da compilare per interposto schermo: ecco come non perdere l'abitudine a conoscersi per davvero.
C’erano una volta i locali, le scritte sui muri, le chiacchiere, le rose rosse, le serenate. Oggi ci sono i siti di dating, i post in bacheca, le chat, i like, le canzoni su You Tube. In tempi social, 2.0, dove tutti stanno con lo smartphone in mano, le domande per conoscersi sono flussi di dati.
E ancora: c’erano una volta i calcoli a mente, gli appostamenti per stanare gli infedeli, i personal trainer e le liste della spesa sui foglietti volanti. Oggi la calcolatrice è sul telefono, le spy-app permettono di scoprire un tradimento, quelle di fitness di tonificare i muscoli dal divano di casa e quelle gestionali di programmare gli acquisti in un filo diretto tra il frigorifero e il supermercato. Certo, tutto quello che c’era una volta c’è ancora ma gli irriducibili a-tecnologici sono una categoria in via d’estinzione che andrebbe protetta o, per lo meno, studiata dalle giovani generazioni.
Domande da fare (di persona)
Nei locali le domande per conoscersi partono da lontano e si fanno di persona, con tutti gli imbarazzi del caso: “Posso offrirti da bere?”, “Bella serata, eh?”, “Andiamo a fare un giro fuori?”. Sui siti di dating partono da prima del corteggiamento e sono fatte per interposta persona. Non ci si guarda più negli occhi, ma attraverso uno schermo, leggendo i profili. Statura, peso, altezza, professione, hobby, interessi, curiosità, sportivo, fumatore, amante degli animali, viaggiatore, intellettuale, etero, gay, bisex. Risultato: quando ci si ritrova seduti uno di fronte all’altro si sa già quasi tutto tutto. O meglio, si crede di sapere.
Perché anche nel Terzo Millennio è la comunicazione non verbale, il linguaggio del corpo a fare la differenza e l’aver letto il curriculum personale ed emotivo di qualcun altro non significa conoscerlo. Il che è rimediabile, basta aver voglia di fare la seconda domanda, di approfondire, di scavare con le parole e con lo sguardo. Attitudine - quella a mettersi in gioco di persona - che va allenata, soprattutto tra i più giovani, cresciuti attaccati alle tavolette elettroniche. “Internet è un’arma a doppio taglio. Da una parte annulla le distanze, dall’altra crea un muro dietro cui ci nascondiamo” spiega Valeria Randone, psicosessuologa di Medicitalia.it. “Non avendo avuto esperienze reali - aggiunge - si rifugiano nel virtuale che li porta sì a sperimentare ma anche ad innamorarsi non tanto di un’altra persona, quanto di quello che hanno idealizzato o, più spesso, del proprio io riflesso”. Conoscersi attraverso uno schermo diminuisce le inibizioni ma accentua i problemi di relazione. Ecco perché trasgredire, oggi, si traduce con “incontrarsi al bar e stringersi la mano, trasformare in reale una relazione virtuale, nata su un’app e alimentata con il sexting”. La parola d'ordine è curiosità, le domande da fare osano e nel rispetto dell'altro, vanno oltre i confini delle frasi postate online.
Domande da fare (a se stessi)
Perché la deriva pericolosa già esiste e si chiama romance app: dopo le bambole gonfiabili trattate come fidanzati, umanoidi come bebè, ora c’è anche chi si accontenta di storie d’amore virtuali, intessute di fantasia e algoritmi. Non uno scherzo: un giro d’affari che solo in Giappone, solo nel 2014, muoveva 130 milioni di dollari e che sbarcando negli Usa prendeva le sembianze di Invisible boyfriend, un titolo, un programma, una relazione (a lieto fine, s'intende).
Forse, di questi tempi, in cui il virtuale ha rimpiazzato la carta, l’inchiostro, la memoria, la presenza, ancora prima che a qualcun altro, le domande per conoscersi andrebbero fatte a se stessi. Come direbbe Gigi Marzullo, "si faccia una domanda e si dia una risposta". Senza sbloccare la tastiera, però.