Jimmy Carter: "Ho il cancro al cervello, sono nelle mani di Dio"

L'ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter racconta alla nazione, senza giri di parole, il suo cancro. Dopo l'operazione del 3 agosto per rimuovere il tumore al fegato ora i medici hanno scoperto delle macchie al cervello.   

Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti dal 1977 al 1981, ha scoperto di avere un cancro al cervello.


Jimmy Carter parla del suo cancro al cervello e commuove l’America. Calmo, rassegnato, sereno racconta alle telecamere la sua malattia senza giri di parole: “Ho il cancro al cervello, sono nelle mani di Dio, preparato a tutto”. Novant’anni di vita vissuta, un mandato alla Casa Bianca (dal 1977 al 1981) e un premio Nobel per la Pace nel 2002, Carter non ha paura di guardarsi indietro e constatare che “ho avuto una vita magnifica, ho migliaia di amici, ho avuto un’eccitante, avventurosa e gratificante esistenza. Così sono stato sorprendentemente calmo, molto più di quanto lo è stata mia moglie”. D’altra parte un po’ se lo aspettava: è stato un tumore al pancreas a portare via suo padre, suo fratello e le sue due sorelle. E lui, dopo l’operazione a cui si è sottoposto lo scorso 3 agosto per rimuovere quello che gli aveva attanagliato il fegato, ora deve fare i conti con le quattro “macchie” che i medici gli hanno trovato nel cervello.     

In giacca blu e jeans il 39esimo presidente degli Usa parla alla conferenza convocata alle 10 del mattino ad Atlanta, poche ore prima di iniziare i trattamenti. La moglie Rosalynn è seduta tra il pubblico, lui si rivolge al suo popolo come a una cena di famiglia: “Credevo di avere solo poche settimane di vita, ma mi sentivo sorprendentemente calmo” ammette ricordando la sera prima dell’operazione. Tanto che, ci ride su, “penso sia stata la migliore dormita che abbia avuto in molti anni”: 14 ore filate, specifica.

Poi serio ma rilassato, risponde alle domande dei giornalisti: era maggio quando i medici hanno sospettato la presenza di un cancro ma lui stava finendo di scrivere un libro e prima di sottoporsi a un’operazione voleva certezze. “Ora mi sento nella mani di Dio, nel quale confido, e sarò preparato per qualunque casa avvenga”, dichiara. E ancora: si dice “orgoglioso” del suo mandato alla Casa Bianca ma il suo impegno umanitario che gli è valso il Nobel lo ha gratificato di più. Il suo più grande rimpianto è l’insuccesso nella trattativa per liberare gli ostaggi americani nell’ambasciata a Teheran, nel 1980, episodio che stroncò qualsiasi velleità di ricandidarsi. A tutti quelli che lo chiamano dicendo che stanno pregando per lui - dal Presidente Barack Obama e consorte Michelle, da Bush a Clinton, Carter risponde sempre la stessa cosa: “Mi auguro di poter visitare il Nepal quest’anno come previsto”. Poi saluta la platea, è ora di andare in ospedale per iniziare il primo trattamento.

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