Amira, 16 anni, dall'Inghilterra alla Siria, sposa di ginger jihadi

Amira Abase, la 16enne che lo scorso febbraio era fuggita insieme alle sue amiche dall'Inghilterra alla Siria, è diventata la sposa di "ginger jihadi", un foreign fighter 18enne arrivato nell'Isis dall'Australia. Il Califfato cresce e le donne occidentali sono sempre di più.

Le jihadiste rappresentano il 10 per cento della forza complessiva di Isis e hanno in media tra i 16 e i 24 anni.


Amira Abase ha 16 anni. È nata in Etiopia, è cresciuta tra la Germania e la Gran Bretagna. Viveva a Londra, nell’East London. Il 18 febbraio è fuggita in Siria insieme a due amiche, Shamima Begum e Kadiza Sultana. Quattro mesi dopo è diventata la moglie di Abdullah Elmir, il 18enne foreign fighter dai capelli rossi arrivato nell'Isis da Sydney un anno fa. Uno che più volte ha minacciato l’occidente e che la stampa ha soprannominato "ginger jihadi". 

Il viaggio delle tre giovani inglesi verso le terre dell’Isis era stato ripreso dalle telecamere di sicurezza, le nozze dei due combattenti del Califfato, sono state annunciate al Mail on Sunday con un post lanciato dal diretto interessato. Abdullah dà la notizia e lo fa esaltando Seifedinne Rezgui, il terrorista che il 26 giugno scorso ha ucciso 38 turisti all’hotel Imperial Marhaba di Sousse, fra cui 30 britannici. "Possa Allah benedire l'uomo che ha sterminato quegli immondi infedeli e concedergli il posto più alto in paradiso", ha scritto Abdullah "ginger jihadi". Anche Amira ha annunciato le nozze, limitandosi a comunicare di avere un promesso sposo "nato musulmano: mezzo australiano e mezzo libanese" ma senza rinunciare a celebrare anche lei l’attacco a Sousse. 

Meno di un anno fa, nell’agosto del 2014, era stata la britannica Khadijah Dare, 22 anni,  cresciuta a Lewisham, nel sud di Londra, una delle prime foreign fighters di cui si avesse notizia: aveva affidato a Twitter la gioia per l’uccisione di James Foley e dichiarato di voler essere la prima jihadista donna ad uccidere un britannico o un americano. Da allora, sono sempre di più le donne con sogni come questi: secondo Melanie Smith dell’Icsr del King’s College di Londra le jihadiste rappresentano il 10% della forza complessiva di Isis e hanno in media tra i 16 e i 24 anni

Insomma il Califfato cresce, popolato da giovani, giovanissimi foreign fighters che arrivano da tutto il mondo, spesso dopo aver abbandonato ignare famiglie, alla ricerca di un modello diverso da quello delle democrazie occidentali in cui sono cresciuti. Uno scenario che l’analista francese Malek Boutih, deputato socialista di origine algerina, ha descritto molto bene nel rapporto Generazione Radicale. Un rapporto che in Francia, dove molti lo accusano di criminalizzare i giovani musulmani, sta animando le discussioni. “Il mio rapporto addita un fenomeno massiccio in Francia ma anche in altri paesi d’Europa e seppure in scala minore anche in Italia. Migliaia di giovani europei sono partiti per far la guerra sulla spinta di un ideale, altri pronti a partire” racconta a La Stampa

Basti pensare alla storia di Maria  Giulia Sergio, diventata Fatima, la foreign fighter partita per la Siria lo scorso settembre dalla provincia di Grosseto con il marito di origini albanesi che incitava i familiari a raggiungerli. Nelle terre dell’Isis “Le donne ci sono: le musulmane e le convertite” continua Malek Boutih. “Potevamo pensare che rispetto al trattamento inumano a loro riservato da quei totalitarismi le donne fossero vaccinate e in invece no, in Francia sono il 40% di chi fa il jihad”. Nonostante le cronache raccontino di come, nelle terre dell’Isis, subiscano stupri e siano ridotte in schiavitù, per non parlare dei figli che sempre di più vengono spediti nei campi di addestramento

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