Donne vendute dall'Isis: schiave del sesso sulle App
Un'inchiesta dell'Associated Press svela il bazar delle schiave sessuali vendute sulle App: "Vergine. Bellissima. 12 anni. Il suo prezzo è arrivato a $12,500".
Mentre il Califfato perde terreno, la schiera delle schiave dell'Isis si fa sempre più folta. Donne che appena un anno fa venivano vendute come bestie al mercato - peggio, come cose di seconda, terza, quarta, ventesima mano, donne sposate, spogliate, violentate, ricucite, rivestite, rivendute, risposate, rispogliate, rivolentate - e oggi si trovano tra gli annunci pubblicitari di Telegram, tra la foto di un gattino e quella di armi. “Vergine. Bellissima. 12 anni. Il suo prezzo è arrivato a $12,500, e presto sarà venduta”, recita uno dei (tanti) post apparso sull’App preferita dai jihadisti e svelato dall'Associated Press.
Schiave sessuali: il bazar del 2015
Le testimonianze raccolte da Human Rights Watch tra gennaio e febbraio 2015 erano da pelle d’oca: “Gli uomini sono venuti a selezionarci - raccontava Jalila, 12 anni -. Ci hanno fatto alzare in piedi, hanno esaminato i nostri corpi. Ci hanno ordinato di mostrare i capelli e hanno picchiato quelle che si sono rifiutate”. Prezzo di ciascuna schiava: fino a 2mila dollari l’una. Zainab Bangura, portavoce dell’Onu inviata speciale per la violenza sessuale nei conflitti era andata a vedere di persona scoprendo un vero e proprio “bazar delle schiave” delle minoranze yazide, turkmene e cristiane. “Le ragazze e le donne vengono denudate e divise in varie categorie prima di essere spedite in altre regioni” e vendute nei mercati, "fino a 22 volte" riferiva la portavoce. Le vergini più giovani e carine venivano inviate a Raqqa, roccaforte siriana dell'Is, dove venivano vendute. Tra gli acquirenti "c'è una gerarchia - spiegava la Bangura - gli sheikh hanno la prima scelta, poi gli emiri, poi i combattenti". Passando di mano in mano, le donne perdevano valore ma questo non bastava a spezzare l’orrore: l'Isis ha “istituzionalizzato la violenza sessuale come aspetto centrale della sua ideologia e delle sue attività, usandola come tattica di terrorismo per centrare i sui obiettivi”, denunciava la portavoce preconizzando la "teologia dello stupro" che un’inchiesta del New York Times ha descritto nell’agosto 2015 grazie alla testimonianza di 21 yazide riuscite a fuggire.
Donne yazide: in vendita su WhatsApp e Telegram
A distanza di un anno, la compravendita è sbarcata sulle App. Telegram la preferita, seguono WhatsApp e Facebook. A denunciarlo un’inchiesta dell’Associated Press che, grazie alla testimonianza di alcune yazide scampate alla prigionia, ha svelato che ora “l’Isis vende le donne attraverso applicazioni per smartphone e condivide dei database che contengono le loro fotografie e i nomi dei loro “padroni” in modo da prevenire meglio i loro tentativi di fuga attraverso i checkpoint del califfato”. Da 134 al mese ad appena 39, quelle salvate in un mese dopo il “giro di vite” dell’Isis, secondo quanto dichiarato dal governo curdo. Tra le donne che ce l’hanno fatta, ci sono quelle che hanno fornito “una serie di 48 primi piani” tali e quali quelli che ancora circolano negli smartphone dei miliziani che, secondo le stime, sarebbero all’incirca tremila.
A svelare l’orrore all’Ap, però, è stato “un attivista della comunità yazida le cui moglie e figlie sono detenute come schiave sessuali dai fondamentalisti”. È grazie a lui che il mondo ha letto i testi protetti dal sistema crittografico che maschera i messaggi che circolano sulle App. Da quello, agghiacciante, apparso su Telegram a quello, vergognoso, inviato a un gruppo WhatsApp dove una mamma con due bambini di 3 e 7 anni è in vendita a 3.700 dollari. “Nelle immagini di cui Ap è entrata in possesso - spiega il giornalista - molte delle donne e delle ragazze indossano vestiti eleganti, alcune sono pesantemente truccate. Tutte guardano l’obiettivo, piazzate davanti a poltrone imbottite o tende di broccato in quella che sembra la sala da ballo di un albergo logoro. A volte sembrano appena uscite dalle elementari. Nessuna di loro ha più di 30 anni” e per fugare ogni dubbio, l’Ap ha anche assistito ad alcune “trattative relative alle donne sequestrate mentre avvenivano in tempo reale in conversazioni criptate”.
Testimonianze: la fuga dall'inferno
Mentre lo scempio continua, nascosto agli occhi del mondo, c’è il volto distrutto della 18enne Lamiya Aji Bashar, yazida riuscita a scappare in Iraq dai miliziani che la tenevano prigioniera e la stupravano sistematicamente dal 2014: durante la fuga una mina le ha distrutto un occhio e bruciato la pelle del viso, le sue due compagne di 8 e 20 anni sono morte. “Anche se avessi perso entrambi gli occhi - racconta all’Ap -, ne sarebbe valsa la pena, perché sono sopravvissuta”. Un sollievo che non le dà pace perché “da qualche parte, mia sorella Mayada di 9 anni è ancora prigioniera”. Prigioniera di un incubo che Lamiya ha vissuto ad occhi aperti e ancora la perseguita.
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