#SaveCristina, rapita a 3 anni dall'Isis: l'appello della mamma
Aida Ebada, rifugiata a Erbil con il marito e gli altri 4 figli lancia un appello su Twitter, #SaveCristina, per ritrovare la figlia di 3 anni rapita dall'Isis. A darle una mano i francescani di Assisi: la famiglia è una delle tante cristiane che viveva nella piana di Ninive, in Iraq, a cui il Califfato ha strappato tutto. Anche i figli.
Cristina ha appena tre anni, la sua colpa è di essere figlia di due genitori cristiani nelle terre in mano all’Isis. È bastato questo a strapparla dalle mani della sua mamma. Che ora lancia un appello su Twitter, con l’hashtag #SaveCristina, aiutata dai frati francescani della Basilica di San Francesco d’Assisi che l’hanno incontrata nel campo profughi di Erbil, dove si è rifugiata con il marito e gli altri quattro figli.
“I miliziani avevano intimato a tutti i cristiani di lasciare il villaggio, altrimenti sarebbero stati uccisi” ha raccontato Aida Ebada, 40 anni, un volto accartocciato dalla disperazione e dalla stanchezza, una foto incorniciata della sua piccola e il racconto del rapimento ripetuto come un mantra, da dieci mesi a questa parte. La famiglia Ebada è una delle tante che viveva nella piana di Ninive, in Iraq, culla storica del cristianesimo mesopotamico. Una piana dove il Califfato ha fatto razzie, anche di vite umane. Come quella di Cristina. “Noi avevamo deciso di rimanere nella nostra casa. Il 22 agosto ci hanno fatti salire con la forza su un autobus dicendo che ci portavano nella clinica di Qaraqosh. Dopo, hanno aperto le nostre borse in cerca di soldi e di gioielli. Un uomo dell’Isis si è accorto che tenevo Cristina tra le braccia e l’ha presa con la forza. Supplicavo di riavere mia figlia ma l’unica risposta è stata: 'Sali sull’autobus o ti ammazzo'. Non ho potuto fare niente”.
Da allora Aida ha fatto appello alla tv irachena, a diverse comunità cristiane, agli attivisti di Amnesty International e ora ai francescani, che hanno scelto la rete per ritrovare quella piccola vita che ha diritto a un futuro con la sua famiglia. La stessa rete a cui si sono affidate anche le Mothers for life, le madri dei foreign fighters partiti per combattere una guerra lontana e sbagliata, che distrugge non solo le famiglie che incontra ma anche quelle che lascia.
Purtroppo la storia di Cristina è solo una delle tante nell’ordinario scempio del Califfato: “i bambini delle minoranze etniche e religiose vengono uccisi sistematicamente dall’Isis: ci sono stati ripetuti casi di esecuzioni di massa, come pure notizie di decapitazioni, crocifissioni e di minorenni sepolti vivi” hanno denunciato lo scorso febbraio diciotto esperti del Comitato Onu sui diritti dell’Infanzia.
Colpevoli di essere yazidi o cristiani, ma anche sciiti e sunniti, i bambini vengono sottoposti a violenze sessuali e venduti come schiavi: al mercato di Mosul, le testimonianze raccontano come vengano “esposti con i cartellini con il prezzo”. Maschi e femmine tra gli uno e i nove anni sono i più cari. Un’intera generazione distrutta, una vergogna che Aida vuole urlare al mondo perché faccia qualcosa: “Queste cose che stanno succedendo in Iraq, come rapire una bambina innocente, e questi crimini come rubare il denaro, togliere tutto alla gente... che cos’è tutto questo? Questo non è umano. Che cosa abbiamo fatto di male? Restituitemi mia figlia”.
Copyright foto: Twitter#savecristina
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