Sud Sudan, l'allarme Unicef: bambini stuprati e trasformati in guerrieri

Sud Sudan, l'Unicef lancia l'allarme: i bambini sono le prime vittime della guerra civile. Sono oltre 13mila quelli coinvolti. Dopo gli ultimi attacchi - dove gli under 14 sono stati uccisi, stuprati, rapiti e trasformati in guerrieri - ha richiesto l'intervento delle Nazioni Unite.  

L'allarme lanciato dall'Unicef riguarda i bambini del Sud Sudan: quelli coinvolti sarebbero più di 13mila.


Bambini arruolati, costretti a imbracciare fucili, cinture esplosive, allenati a sparare, a decapitare. Bambini guerrieri e bambini kamikaze. Succede ancora, succede ovunque: dalle terre in mano all’Isis, alle filiere qaediste in Pakistan, Yemen e Somalia, dalle fila dell’esercito regolare in Myanmar alla Palestina, fino al Ciad, alla Repubblica Centrafricana, alla Repubblica democratica del Congo e alla Nigeria preda di Boko Haram. Succede a troppi: secondo i calcoli delle associazioni umanitarie a 300mila under 14 è stato spezzato il futuro. 

L’ultimo allarme dell’Unicef riguarda il Sud Sudan dove a pagare il prezzo più alto della guerra civile iniziata nel 2003 nel Darfur - la regione sud occidentale del Paese - che ha già fatto più di 300mila morti - sono di nuovo loro, i più piccoli. Solo nell'ultimo attacco dell'Esercito di liberazione Popolare (SPLA) almeno dieci sono morti, altri sono stati violentatirapiti e costretti ad armarsi. Per questo l’Unicef - che in un rapporto del 2014 aveva quantificato in oltre 13mila quelli coinvolti in questa guerra assurda - ha richiesto “un'indagine urgente e approfondita anche per identificare i responsabili di queste ultime atrocità" ha spiegato il Rappresentante Unicef in Sudan meridionale, Jonathan Veitch

Un allarme a cui il mondo occidentale rischia di abituarsi, vista la frequenza con cui le foto dei bambini guerrieri girano sui social network. Lo scorso gennaio era stata Leila Zerrougui, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i minori nei conflitti armati a sollevare la questione riferendosi alla realtà del sedicente Stato Islamico: “Sono profondamente preoccupata” perché i militanti sunniti "hanno incaricato ragazzini di appena 13 anni di usare armi, controllare luoghi strategici o arrestare civili. Altri sono usati come attentatori suicidi". Erano i giorni in cui sui social giravano le scioccanti foto del kamikaze più giovane dell’Isis, Abu al-Hassan al-Shami, combattente siriano che, a meno di 14 anni, si è fatto esplodere nella provincia irachena di Salahuddin. 

Anche l'ong Human Rights Watch aveva alzato i toni, denunciando la tragica realtà della guerra che da oltre tre anni devasta la Siria dove tutti ma proprio tutti - dall'Esercito siriano libero (Esl), all’Isis fino le forze militari e di polizia nelle zone controllate dai curdi - sfruttano i bambini come combattenti, cecchini, kamikaze o barellieri. "Gli orrori del conflitto armato in Siria - ha spiegato Priyanka Motaparthy, l'autrice del rapporto di 31 pagine di Hrw - vengono soltanto peggiorati con il coinvolgimento dei bambini sulle linee del fronte". 

Bambini che vengono indottrinati ed addestrati. Molto spesso anche drogati, come racconta ai ricercatori di Amnesty International un adolescente, 16 anni, combattente in Mali: “Quando è iniziato l’addestramento a sparare, ci dicevano di mirare al cuore o ai piedi. Prima di andare a combattere, dovevamo mangiare riso mescolato con una polvere bianca e una salsa con una polvere rossa. Ci facevano anche delle iniezioni. A me, ne hanno fatte tre. Dopo le iniezioni e dopo il riso con quella polvere, mi sentivo come il motore di un’automobile, potevo fare qualsiasi cosa per i miei maestri. Immaginavo i miei nemici come cani e tutto quello che desideravo era di sparargli addosso".

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