Sahar Dofdaa, morta di fame a un mese di vita
Le foto e i video di un fotografo siriano, ripresi nove ore prima che Sarah Dofdaa morisse di fame hanno fatto il giro del mondo, richiamando l'attenzione sulla malnutrizione dei bambini vittime della guerra.
In Syria region under regime siege, children die of hunger (this video contains scenes some viewers may find distressing) #EasternGhouta pic.twitter.com/1kAg65SN4I
— AFP news agency (@AFP) October 23, 2017
Sahar Dofdaa è vissuta un mese soltanto. I suoi occhi infossati, famelici e disperati, il suo piccolo corpo scheletrico e il suo respiro affannato però, resteranno nella memoria di chi li guardati per sempre. Sahar Dofdaa è morta di fame, nella clinica di Hamouria, in Siria, lo scorso 21 ottobre. Quando è nata, nel villaggio di Hamuriya, nei pressi di Ghouta, pesava meno di 2 chili. La madre, come i 3,5 milioni di persone malnutrite che popolano il Paese torchiato da più di tre anni di guerra civile, non aveva nemmeno un goccio di latte da offrirle. Tanto meno aveva i soldi per comprarle quello artificiale.
“Ho scattato l’immagine nove ore prima che Sahar morisse - ha raccontato Amer Almohibany, 28enne fotografo siriano -, ero in imbarazzo di fronte a quel corpicino straziato”. Un imbarazzo che ha vinto consegnando l’immagine e il video all’Afp, l’agenzia che ha fatto rimbalzare la vergogna dell'umanità ai quattro angoli del mondo per dare voce a quei milioni di civili incastrati nella morsa, che sopravvivono a stento, ai margini della dignità, senza cure, senza cibo. Perfino gli aiuti umanitari sono negati. Succede, per esempio, nella zona di Ghouta, a est di Damasco, che da più di 3 anni vive sotto l’assedio dei soldati di Bashar al-Assad: lì capita che per mesi interi ai 400mila civili non arrivi nemmeno una briciola di pane.
Tra l'assedio e "l'aumento dei prezzi alimentari, la questione della malnutrizione si sta aggravando", ha denunciato Monica Awad, funzionaria dell’Unicef, l’organizzazione che ha riscontrato sintomi di "malnutrizione acuta" su 1.114 bambini. Quelli “a rischio”, quelli come Sahar, sarebbero 1.600.
Chissà se la foto di Sahar scuoterà le coscienze scatenando reazioni o se, come accadde all'indomani di Aylan Curdi, il profugo morto a soli tre anni su una spiaggia greca, dopo tanto clamore verrà messa nel dimenticatoio di chi la coscienza l'ha congelata. Nell'attesa i bambini siriani che sopravvivono diventano grandi e sognano. Di essere trovati come i Pokémon o di diventare principesse. Una vita, magari un lieto fine, se non è chiedere troppo.