Filippo Mountbatten, il principe consorte, re delle gaffes, si ritira

Il 2 agosto 2017 il Principe consorte Filippo Mountbatten, marito della Regina Elisabetta II ha fatto l'ultima apparizione pubblica dopo 70 anni di (mezzo) passo indietro.

Filippo Mountbatten ha scelto un evento benefico della Marina per congedarsi dal suo ruolo pubblico da Principe consorte.

A novantasei anni Filippo Mountbatten, il Principe consorte della Regina Elisabetta II, per i sudditi del Regno il re dei gaffeur, per i sangue blu anche duca di Edimburgo, conte di Merioneth e barone di Greenwich, va in pensione. Succede dopo 70 anni di onorato lavoro svolto (pubblicamente) un passo indietro (di lato?) sua moglie, dopo 22.219 impegni pubblici - 54 solo nell’ultimo anno, un record a Palazzo -, 5.500 discorsi e una miriade d’indimenticabili exploit che gli hanno aggiudicato un posto speciale nel cuore dei cittadini britannici. Chissà se con il senno di poi il Principe più longevo della Corona (uno dei record che convive con la consorte, Regina del Regno di Zaffiro) rifarebbe tutto quello che ha fatto. Perché quando il 20 novembre 1947 sposò quella cugina di terzo grado - nel suo albero genealogico ci sono i reali e i nobili di Grecia, Danimarca, Norvegia e Russia - di cui si era innamorato da adolescente, rinunciò al titolo di principe di Grecia e Danimarca ma, più di tutto, alla (tanto ambita) carriera in Marina. Interrogato a proposito nel 1992 rispose “Avrei preferito rimanere in Marina, francamente”. Sia come sia, 25 anni dopo, per uscire di scena, ha scelto proprio una parata dei Royal Marines.

Spudorato, a volte sboccato e burbero, incurante del protocollo, appassionato di sport e attaccato ai soldi, Filippo è stato il contraltare del rigore di Elisabetta. Con gli anni non si è moderato lui e non si è mai indispettita lei. D’altra parte non dev’essere stato facile: “Sono l’unico uomo di questo Paese a cui non è consentito dare il proprio cognome ai figli. Non sono altro che una maledetta ameba”, tuonò lui all’indomani dell’incoronazione di lei salvo poi farsene una ragione e fare di necessità virtù. O meglio, gaffes.


Le gaffes del Principe di Edimburgo

Come quella volta, nel 1956, che ammise: “È una mia incrollabile abitudine dire qualcosa di carino all’inizio per essere poi perdonato in caso dica qualcosa d’inappropriato in seguito”. O quell’altra, nel 1961, quando nel rivolgersi a un gruppo di industriali inglesi dichiarò: “È noto che non sono mai stato riluttante ad esprimere la mia opinione su argomenti di cui non so assolutamente nulla”. Insomma, fin dai primi tempi, il Principe sfoderò un’autocritica ironica, spassosa, senza peli sulla lingua né imbarazzo alcuno.

Vedi l’irriverenza (antipatia?) nei confronti dei media, mai nascosta, anzi. Per la serie: “Voi avete le zanzare, a me è toccata la stampa” spiegò, nel 1966, durante una visita a un ospedale dei Caraibi. Caroline Wyatt, giornalista della Bbc che nel 2006 domandò alla Regina un giudizio su Parigi, si sentì rispondere (da Filippo) “Che domanda dannatamente stupida!” mentre nel 2002, Simon Kelner, direttore del The Indipendent, fu accolto a un party a Corte dove era stato regolarmente con la frecciatina “Beh, non doveva venire per forza”.

Battute al vetriolo che Filippo non si è mai risparmiato nemmeno quando in gioco c’era la Ragion di Stato. Vedi quella volta che, a proposito dei presidenti di Cina, Russia e Gran Bretagna domandò a Barack Obama: “Lei riesce a trovare le differenze fra quei tre?”. O quell’altra, a Berlino, nel 2000, quando commentò “Che spreco di spazio” durante l’inaugurazione della nuova ambasciata inglese da 23 milioni di euro. E ancora: “Il problema di Londra sono i turisti - dichiarò all’apertura all’apertura del City Hall, nel 2002 -: causano gli ingorghi. Se fermassimo il turismo risolveremmo il problema”. Oppure: “Non siamo venuti qui per stare meglio. Abbiamo altri modi per divertirci” confessò a una visita ufficiale in Canada; "Datemi una birra. Non importa di che tipo, datemi solo una birra”, pretese a una cena ufficiale in Italia dopo aver rifiutato un vino offerto dall’allora primo ministro Giuliano Amato.

L’elenco delle gaffes di Filippo è lunghissimo e variegato. A una keniota che nel 1984 gli offriva un regalo ha chiesto: "Lei è una donna, giusto?”; a Lady Diana, invece, ha scritto: “Non capisco quale uomo sano di cervello possa lasciarti per Camilla”. A un istruttore di guida scozzese ha domandato nel 1995: “Come fa a tenere i nativi lontani dall’alcol per il tempo che serve a sostenere il test di guida?”, a un gruppo musicale caraibico che a Cardiff, nel 2000, aveva appena suonato per alcuni studenti non udenti: “Sordi? Se state vicino a questi, è naturale che siete sordi” mentre a un’anziana signora su una sedia a rotelle incontrata durante una visita a una casa di riposo nel 2002: “qualcuno si è mai inciampato su di lei?”. A proposito di Tom Jones si lasciò sfuggire: “Ha fatto milioni ed è un cantante dannatamente terribile”; a proposito dei giovani che “sono quelli che sono sempre stati: ignoranti”. A proposito della Regina e del loro matrimonio, confessò nel 1997: “La tolleranza è un ingrediente essenziale… e vi posso assicurare che la Regina ne ha in abbondanza”. Su questo non ci sono dubbi. Come sul fatto che rimpiangeremo, in questo mondo politically correct l'impudente sfrontatezza di Filippo, il Principe Consorte, il re dei gaffeur che non si fermava di fronte a nulla e nessuno e più che un passo indietro, stava un passo affianco, senza mai perdere di vista la sua metà del cielo.

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