Blue Whale a Sarno: il challenge dell'orrore in Italia?
Blue Whale a Sarno, i quotidiani locali denunciano una tragedia sfiorata parlando di un undicenne che avrebbe cercato di togliersi la vita indottrinato dal challange dell'orrore. Poi la smentita: "Una bravata per richiamare l'attenzione".
Blue Whale a Sarno: il challange dell'orrore sembrava essere arrivato ufficialmente anche in Italia e, per la precisione, in Campania dove - raccontava Il Mattino - un undicenne del posto avrebbe cercato di togliersi la vita raggiungendo il tetto del locale teatro De Lise in piazza Cinque Maggio prima di essere tratto in salvo dall'intervento degli amici che - accorsi sul posto - avrebbero impedito che il ragazzo mettesse in atto la cinquantesima regola di questa sfida al suicidio: "salta nel vuoto, muori".
Una notizia che sembrava confermare la presenza del Blue Whale anche nel nostro paese (addosso al ragazzo, continuava il giornale campano, sarebbero stati trovati gli ormai tristemente noti segni di autolesionismo) ma che - poche ore dopo la sua divulgazione - è stata smentita da un famigliare del presunto protagonista. "Una bravata - ha spiegato - fatta per attirare l’attenzione ma che poi è sfuggita di mano. Ha messo in giro questa voce, poi si è spaventato ed è scappato".
Insomma il ragazzino, spiega ancora il parente, "sta già subendo la giusta punizione per questa bravata" ma - almeno stando a quanto riportano i dati della rete - la situazione continua ad essere della massima allerta visto che le ricerche su "come entrare" sono ormai all'ordine del giorno nel web. E mentre i casi, esagerati o reali che siano, si moltiplicano ("Stiamo lavorando - spiega la vice questore aggiunto Elvira D’Amato - su circa 40 segnalazioni ma potenzialmente i casi sono molti di più") non vale nemmeno più la pena di interrogarsi se si tratti di bufala o realtà perché, spiega una nota della Fondazione sulle Neuroscienze Brf, "si tratta di un effetto a cascata: l'effetto Raven è determinato da un’affiliazione di gruppo che si nutre del sistema apparentemente aggregativo e di una sensazione di condivisione macabra". E prosegue: "Se si pensa che un adolescente su quattro ha pensieri di suicidio, fortunatamente transitori si comprende come questa sottomissione a un imperativo di massa agisca sui nuclei fondamentali del pensiero".
Come intervenire, quindi? Al netto delle opinioni degli immancabili complottisti che additano i media, e le notizie sul tema, come i primi responsabili di questa "moda", resta importante comunicare la situazione perché una maggior consapevolezza da parte di amici e genitori sui rischi connessi al challange porta a segnalazioni (che possono essere inoltrate anche online sul sito del Commissariato di Polizia Postale) e interventi tempestivi. Interventi capaci di salvare delle vite.
Le vite di figli, compagni di scuola, conoscenti, vicini di casa, sconosciuti follower e amici di Facebook. Le vite di giovani che si trovano nell'occhio di un macabro ciclone di auto-distruzione. Le vite di chi, indirettamente, chiede aiuto proprio tramite quei post che raccontano il suo count down verso il suicidio.