Blue Whale, "come entrare”: le ricerche preoccupanti sul web
Sbarcata sui social dalla Russia, la Blue Whale Challenge, la sfida della Balena Blu con le sue folli 50 regole che conducono al suicidio, si sta diffondendo a macchia d'olio con tanto di hashtag dedicati e ricerche ad hoc.
[Aggiornato il 18/05/2017 alle ore 17.30] Cronache dagli hashtag collegati alla Blue Whale Challenge: “Please, I’m ready” cinguetta lui, “Let’s get it”, cinguetta lei, postando un'immagine della sveglia puntata alle 4.20. Tradotto: “Per favore, sono pronto”, “Facciamolo”. Nata in Russia la sfida della Balena Blu viaggia sui social e rimbalza ovunque nel mondo. Una sfida alla vita dove vince chi muore. O meglio, chi si suicida lanciandosi dal tetto di un palazzo dopo 50 giorni di lavaggio del cervello.
Mentre in Russia le autorità dibattono su come arginare il fenomeno che attanaglia le menti di ragazzini tra i 9 e i 19 anni, in rete galoppano le ricerche di chi chiede “come entrare” e sui social, agli hashtag #curatorfindme, #i_am_blue_whale, #imingame, #wakemeupat420, #f57, #f58, si ritrovano aspiranti candidati e partecipanti (che condividono foto di autolesionismo raccapriccianti) ma anche tanti appelli di chi, questo gioco al massacro lo vuole fermare.
Come Adelaide Martelli e Chiara Pacini, due ventenni di Parto che hanno stilato “una lista di 50 missioni che, contrariamente a quelle del gioco originale, inneggiassero la vita e la sua bellezza”. Per la serie: regola 1: “Fatevi un selfie in cui sorridete e poi pubblicatelo”, regola 2 “Alzatevi ogni mattina, andate davanti allo specchio e sorridete ripetutamente, fino rendervi conto di quanto sia bella la vita”, regola 3 “Disegnatevi sul braccio uno smile che sorrida” e via così, fino alla numero 50, la “più importante di tutte!”: “La vita è già tua, alzati ogni mattina dal letto e cerca di affrontarla nel migliore dei modi!”.
Il primo dei social corso ai ripari è Instagram che all’hashtag #BlueWhaleChallenge ha attivato l’avviso “I post con parole o tag che cerchi spesso incoraggiano comportamenti che possono causare dolore o condurre anche alla morte. Se stai vivendo una situazione difficile, saremmo lieti di poterti aiutare”. Peccato che gli hashtag siano più d’uno e a farsi un giro sugli altri si accappona la pelle.
Insomma, come dicevano i greci, aperto il vaso di Pandora, i mali si riversano nel mondo. Allora la domanda sorge spontanea: parlarne è un bene o no? Parlarne è sempre bene, soprattutto nel caso della Blue Whale Challenge, dove - suggestione o meno - le vittime sono ragazzini le cui menti sono facilmente plagiabili da menti folli che sanno come riuscirci: se uno degli ideatori è Philipp Budeikin, un ex studente di psicologia ora in carcere a San Pietroburgo determinato a “eliminare la feccia biologica”, i “curatori” hanno stilato anche una versione a misura di bambino delle 50 regole, con le Winx prese a prestito per indurre i più piccoli a lasciarsi andare (deriva che ha spinto il brand ad attivarsi "per denunciare il fatto e collaborare fattivamente con le autorità"). Insomma, una manipolazione a regola d'arte: illusi di avere il controllo del gioco, i partecipanti finiscono per diventarne schiavi una volta "prescelti dal curatore" che, tra regole, minacce e rassicurazioni, divieti e promesse, convince il giocatore a "riprendersi la vita" saltando nel vuoto.
Che sia per gioco o per davvero, allarme o allarmismo, suggestione o realtà - in molti bollano il tutto come fake news - a questo punto è ora di occuparsi della faccenda, prima che la faccenda si occupi di chi non ha i mezzi per difendersi.