Bambine siriane: Le Iene e il servizio a Idomeni
Roberta Rei, inviata de Le Iene, è andata nel campo profughi di Idomeni per raccogliere le storie delle piccole migranti siriane: a Shafak e Maya il compito di documentare la vita nelle tendopoli.
Le Iene vanno a Idomeni e incontrano le bambine siriane, piccole migranti. La puntata in onda martedì 4 ottobre porta nelle case degli italiani le storie di Shafak e Maya, giovani vite che hanno una manciata di anni alle spalle ma una caterva di angosce nel cuore e nella mente da cui fuggire insieme alle loro famiglie. Perché se scappi dalla guerra in Siria un paese dilaniato da cinque anni di battaglie civili, la memoria è tempestata di bombe, macerie, morte e distruzione e il presente è fatto di tetti di lamiera, fili spinati, buio, acqua sporca.
Oggi, quel campo al confine tra Grecia e Macedonia è stato chiuso: ospitava più di 10mila migranti che da allora sono profughi alla volta di un’Europa che non li vuole perché non li sa accogliere. Roberta Rei, inviata de Le Iene, prova a raccontare alcune delle loro storie. Scampoli di ordinaria vita quotidiana vissuta alla frontiera e immortalata con due telecamerine che vagano nella tendopoli, tra speranza e sconforto, orgoglio e paura, innocenza e cinismo.
Un racconto duro come dura è la loro vita, già raccontata anche dall'artista e attivista siriana Saint Hoax che lo scorso marzo andò nel campo profughi di Akkar, in Libano e regalò alle bambine siriane alcuni degli abiti delle principesse Disney chiedendo loro di raccontare i sogni nel progetto fotografico Once Upon A War: c'era una volta una guerra.
Una favola narrata dalla voce dell’innocenza, intrisa di una triste verità che è ancora molto lontana dal lieto fine. Un epilogo che altri bambini siriani hanno inseguito lanciando un amo al mondo occidentale attraverso l’hashtag #PokemonInSyria, un cinguettio della The Revolutionary Forces of Syria Media Office, l'organo di comunicazione delle forze rivoluzionarie siriane che ha provato a trasformare in realtà un sogno cavalcando una moda. Per ora nessuno di quei bambini è stato trovato e le loro vite, a poche ore d’aereo da noi, sono quelle di profughi di una generazione da salvare. Per lo meno da ascoltare.