Racconti di tradimenti, le vostre storie

Ecco una serie di confessioni di donne e uomini che hanno tradito o subito un tradimento: mogli, mariti, milf e toy boy, scappatelle con sconosciuti e relazioni proibite.


Dicono che un tradimento non vada mai confessato. Eppure raccontare un tradimento serve a fare chiarezza, a capire le falle di una coppia e se vale ancora la pena cercare di rimettere insieme i cocci o se è meglio provare a voltare pagina. Di seguito le confessioni di mogli che hanno tradito mariti e viceversa, di mariti che si sono scoperti omosessuali e mogli che si sono trasformate in milf, di uomini toy boy (di donne sposate) e di amiche che hanno tradito l'amicizia andando a letto con il compagno proibito. 

Raccontare un tradimento permette di mettere tutto in fila e fare chiarezza: perché non provarci?


Se avete voglia raccontateci anche voi la vostra esperienza scrivendoci a redazione@magazinedelledonne.it oppure lasciate un commento all'articolo firmandovi con lo pseudonimo che meglio vi definisce. 

Nel frattempo fate i conti con quella degli altri. Buona lettura e grazie a tutti voi che avete deciso di condividere con noi

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Ho tradito mio marito

Un amore clandestino, nato passeggiando al parco.

Per un altro uomo ho lasciato il padre di mio figlio. E mio figlio. Non è stato difficile, è stato inevitabile. Stavamo insieme da sette anni, avevamo un bambino di uno. Raccontarlo è doloroso perché pur avendo fatto pace con le mie debolezze di allora, provo una gran pena per quella donna di 32 anni che sommersa dai pannolini, esausta dalle notti insonni, frustrata per le attenzioni che non riceveva da mesi e per il tempo che non aveva più per se stessa, aveva dimenticato chi fosse. Le giornate erano uno stillicidio: doveva essere il periodo più bello della mia vita (così ti raccontano) e invece era un incubo senza risveglio che puzzava di rigurgito. Lavoravo mezza giornata in una compagnia d’assicurazioni e poi annaspavo, chiedevo aiuto ma quello che ricevevo (poco) non mi bastava mai. Claudio, il mio compagno di allora, era in piena carriera, e pur essendo un ottimo padre con nostro figlio, dedicava a lui un’ora al giorno: mezz’ora al mattino, mezz’ora alla sera. Nel weekend era stanco, o era via per lavoro e così era tutto sulle mie spalle. La meraviglia e il senso d’inadeguatezza, la paura e la voglia e la sensazione che il tempo passa e si porta via gli anni migliori. Sfumature che si possono solo vivere, impossibili da raccontare. I miei resoconti serali erano l’angoscia per la pappa che Francesco, nostro figlio, si rifiutava di mangiare. O l’entusiasmo perché invece l’aveva fatta. Inezie, in confronto alle dinamiche quotidiane di Claudio, impegnato in giacca e cravatta a vivere giornate spese tra riunioni, strategie e scalate al potere. Voleva arrivare in alto e io andavo sempre più a fondo. Finché una sera gli ho dato retta, ho chiamato una baby sitter e ho ricominciato a uscire.    

Crisi di coppia

La mia vita, messa tra parentesi, è esplosa come l’arcobaleno: avevo voglia di piacere, facevo di tutto per piacere, era diventata un’ossessione, piacere. Peccato che, a parte effimere soddisfazioni, non mi piacesse più nulla. Gli altri uomini mi sembravano insulsi, i discorsi delle mie amiche (senza figli), non ne parliamo e le serate nei locali erano solo un diversivo per farmi sentire ancora più stanca al mattino. Mi sentivo come una barca nel bosco a tutte le ore del giorno e della notte. Quando lo raccontai a Claudio (che aveva iniziato a lamentarsi del mio nuovo regime e a fare battutine poco piacevoli) mi rispose che non ero mai contenta, incapace di godere la vita, in una parola, che ero diventata “pesante”. Quella parola mi girò in testa come una patata bollente. Iniziai a odiarlo. Non sopportavo più la sua presenza (anche se rara) per casa, mi dava fastidio mettere in lavatrice i suoi calzini e ogni volta che inciampavo nelle sue scarpe lasciate in giro lo ricoprivo d’insulti, urlando da sola in una casa vuota.

L'amante 

Finché in ufficio arrivò Alberto, un collega nuovo, più vecchio di me e di Claudio, affascinante, gentile e sottilmente insistente: mi appiccicava lo sguardo addosso, mi lanciava sorrisi, mi invitava a prendere caffè. Senza accorgermene quel caffè delle 11 diventò presto la ragione delle mie giornate. Quando non veniva al lavoro il mio umore era nero, se mi faceva un complimento camminavo sulle nuvole. Un giorno gli proposi due passi (gli assicuratori finiscono presto di lavorare) al parco. Ricordo che feci saltare il pisolino a Francesco (che aveva dieci mesi) per fare in modo che crollasse lasciandoci la possibilità di parlare. Così andò: dormì tutto il tempo e io vuotai il sacco. Lui mi faceva domande e io gli davo risposte, il solo fatto che avesse voglia e il tempo di ascoltarmi mi rendeva felice. Dopo quel pomeriggio iniziammo a vederci spesso: lui portava un telo e mentre Francesco gattonava, noi mangiavamo gelati e ridevamo, innamorandoci l’uno dell’altro. Ci siamo dati il primo bacio alla macchinetta del caffè, timorosi come due adolescenti.

La confessione

Due mesi dopo ho parlato a Claudio e a me stessa: “non ti amo più, me ne vado”. Non avevo previsto la seconda parte della frase, mi è uscita. Vivevamo a casa mia, il fatto di lasciargliela mi metteva a posto la coscienza. Senza averlo razionalizzato, avevo già predisposto tutto: Francesco ormai andava al nido, al pomeriggio c’era la baby sitter, alla sera ci sarebbe stato lui. Dopo un anno di martirio mi sembrava il minimo, me lo doveva. Gli esposi le nuove regole del gioco e gli dissi che ormai era tutto deciso (anche se in realtà era tutto improvvisato) e il giorno dopo non tornai a casa. La baby sitter mi chiamò alle sette, le risposi di aspettare il padre di Francesco, che io avrei fatto tardi. Da allora, per un mese, non mi feci sentire. Per un po’ dormii in albergo, poi mi trasferii da Alberto. Non avevo fatto le valigie, ricomprai tutto, anche se non mi serviva nulla. È con dolore che ricordo quei giorni come tra i più belli della mia vita: quando una donna se ne va di casa, se ne va anche una madre. 

Una nuova vita

Sono passati 15 anni da allora, Alberto ed io abbiamo un altro figlio, Marco, e Francesco vive con noi. Prima o poi troverò le parole giuste per dirgli che un tempo l’ho abbandonato per ritrovare quella donna che non sarebbe mai potuta essere la madre che ha avuto. Di Claudio so il minimo indispensabile, anche se so che ha sofferto, più per l’orgoglio ferito che per l’amore che aveva messo da parte. Non me l’ha mai detto, non gliel’ho mai chiesto, non ricordo il giorno che abbiamo smesso di parlarci, ma so che quel giorno ho iniziato a tradirlo anche se Alberto ancora non esisteva.      

(Una quarantenne appena risolta)     

Ho tradito mia moglie

"Il matrimonio non è finito per il tradimento ma per tutto quello che abbiamo perso prima".

Ci siamo innamorati a vent’anni, cinque anni dopo siamo diventati genitori la prima volta, a ventotto la seconda. Se il tempo vola, il nostro ci ha travolto. Eravamo giovani, ci credevamo invincibili nonostante le difficoltà economiche, i genitori troppo presenti o troppo assenti e i temperamenti opposti. La crisi era prevedibile ma l’abbiamo accuratamente spazzata sotto al tappeto. A trent’anni pensi di poter dominare il mondo, gli incidenti di percorso non preoccupano, si accantonano pensando di averli risolti. E invece ti ammacchi ogni volta di più: una lite dopo l’altra ci siamo vomitati addosso tutto quello che due persone che si amano dovrebbero tacere e non abbiamo fatto nulla per lenire le ferite che ogni volta scavavamo più profonde nei nostri cuori. Finché anche le liti, prima furiose, si sono fatte digrignate, borbottate, taciute. “Non ti sopporto più, me ne vado”, le dicevo una sera su due. “Quella è la porta”, mi rispondeva. Siamo andati avanti un anno così, tra i pianti delle bambine e imbarazzati tentativi di fare pace. A Natale le ho regalato un anello: volevo davvero azzerare il conto e ripartire. Ma l’amore non si decide a tavolino, le lancette vanno solo in un senso e perso il tempo, non restano che le lacrime di amarezza. 

Un'altra donna

Ricordo quelle vacanze come un incubo: ci rinfacciavamo ogni cosa, ci disprezzavamo. Il tutto, ovviamente, a scapito delle nostre figlie che impotenti registravano il nostro malessere e noi, ancora più impotenti, non trovavamo le parole per spiegarglielo. Finché a gennaio ho conosciuto lei: è arrivata come una sferzata d’inverno a una cena di amici. L’opposto di mia moglie, inaccessibile, più vecchia di me di cinque anni. “È fuori dalla mia portata”, mi dicevo cercando una scusa per corteggiarla con animo tranquillo. “Non ci starà mai”, m’illudevo tornando a casa, dopo averle offerto caffè, regalato libri e strappato chiacchiere maliziose con scuse assurde. In realtà mettevo a tacere la mia coscienza che sapeva già tutta la verità. Perché se in casa le cose erano migliorate, il merito era dell’altra donna: pensavo solo più a lei, notte e giorno, ero sempre sorridente, con la testa tra le nuvole, non facevo più caso a tutto quello che prima non tolleravo di mia moglie. Anche l’intimità era migliorata. Non ne vado fiero, ma succedeva perché facendo l’amore pensavo all’altra. Finché un giorno mia moglie se n’è accorta: non l’avevo ancora tradita, non con il corpo perché per il resto ero già partito per la tangente. Ha letto un sms in cui invitavo l’altra a pranzo, niente di speciale ma la mia reazione ha aperto gli occhi a entrambi: eravamo lontanissimi, ormai imprendibili. La sua gelosia mi ha indignato, l’ho accusata di farsi gli affari miei, quando forse avrei dovuto ringraziarla perché quel giorno, dopo tanto tempo, si era fatta - purtroppo per noi troppo tardi - gli affari nostri. È così che io ho smesso di fingere: ho ammesso a me stesso che ero innamorato di un’altra, irrimediabilmente. E lei di me: il corteggiamento era durato cinque mesi, era arrivata la primavera. Non mi sono opposto a quel bacio che è arrivato clandestino e galeotto all’ora di pranzo, in un parcheggio, dopo un caffè.

Una storia d'amore

A quel punto ho smesso di essere razionale. L’amore ci ha travolti: ero così rapito dalla passione e dalla complicità da non riuscire a sentirmi in colpa. Mi raccontavo quello che mi dicevano tutti: è solo una sbandata, conceditela e poi ritorna nei ranghi, due corna possono ravvivare un matrimonio stanco. E invece l’hanno spezzato: non so mentire, ho troppo rispetto per quello che siamo stati e non siamo riusciti ad essere che non avrei mai potuto far finta di nulla. Me ne sono andato di casa, a settembre ho chiesto la separazione, tre anni dopo eravamo divorziati e oggi, otto anni dopo, sono diventato di nuovo padre, con l’altra che, nel frattempo, è diventata la donna della mia vita. La mia ex moglie ancora mi rinfaccia le promesse non mantenute, il fatto di averla abbandonata con le nostre due figlie piccole. Io le rispondo che ci siamo arrivati insieme, alla fine, che sarebbe potuto succedere a lei, che le nostre figlie (che oggi sono due adolescenti sane e belle, con cui abbiamo entrambi un rapporto splendido) sarebbero cresciute infelici con due genitori infelici. Perché di questo sono certo, noi non saremmo più potuti essere felici. Ma non per il tradimento, bensì per tutto quello che abbiamo eroso prima, graffiandoci via l’amore senza pensare che ci stavamo denudando l’un l’altro, esponendoci al vento della vita che ti rapisce quando meno te l’aspetti. E ti porta lontano. Ecco perché so che non tradirò più: perché il tradimento arriva quando la felicità ha traslocato da un pezzo; questo l’animo lo sa, bisogna solo avere il coraggio di dirselo prima che sia troppo tardi.  

(Felix, un uomo con il cuore in mano)  

Racconti di donne mature

"Sono una milf: una donna che ama sedurre uomini più giovani".

Era il primo giorno di scuola di mio figlio, avevo 36 anni e mi sentivo particolarmente sexy. Avrei voluto che ci fosse anche mio marito ma lui non c'è mai, perciò, nemmeno quella volta me la presi più di tanto. Scattai un paio di foto ed entrai in classe insieme al torpedone di bambini. Quando lo vidi tra i banchi sgranai gli occhi. Il (giovane) maestro di prima elementare notò il mio imbarazzo, evidentemente sapeva di piacere e mi sorrise gentile. Indaffarato com'era con tutti quei marmocchi e quelle mamme da conoscere non badò più a me e il tutto si concluse in un attimo. Quando salì in macchina avevo la tachicardia. Poi la routine m'inghiottì e mi dimenticai di lui. Quando però venne il giorno della consegna delle pagelle mi accorsi che mi agitava più il pensiero di vederlo che di sapere come andava mio figlio. Arrivai trafelata, con una camicetta scollata e semitrasparente: l'inconscio fa miracoli. Pietro andava benissimo a scuola, era vivace e allegro: incamerato il dato smisi di ascoltarlo e iniziai a fantasticare. "Quanti anni hai?" gli chiesi passando al tu. "Ventisei". "Sembri più grande". Rispose con un sorriso e si passò la mano tra i capelli: è fatta, ora o mai più, mi dissi. Gli chiesi dove fosse il bagno e ci incamminammo nel corridoio. "Aspetta, scusa, la chiave non gira", lo richiamai un secondo dopo essere entrata. Lui entrò, girò la serratura senza difficoltà e mi guardò con aria interrogativa. Ci scrutammo per un secondo che durò un'eternità. Mi abbassai a guardare la serratura e mi ritrovai all'altezza del suo inguine. Il resto è prevedibile: non l'avevo mai fatto prima (non al primo appuntamento, per lo meno) ma da allora è diventata come una droga. Tirai giù la cerniera e iniziai a fargli una fellatio

Sensi di colpa? Nemmeno uno

Non ricordo bene che cosa successe dopo ma ricordo che non mi sentivo per nulla in colpa: non avevamo fatto sesso, non mi aveva penetrata né baciata quindi non avevo tradito mio marito. Il fatto è che il sesso è arrivato poco dopo: l'abbiamo fatto ovunque e in tutti i modi. Decidevo tutto io: orari e luoghi e dopo gli incontri non ci sentivamo mai. Io avevo un marito e lui una fidanzata perciò, quando mi confessò di essersi innamorato di me mi sentii tradita: aveva violato le regole, il gioco era finito. Era una storia senza passato e senza futuro ma come nei film queste storie non funzionano.  

Sesso senza amore

La storia finì ma non la mia passione per i ragazzi più giovani di me. L'esperienza mi ha insegnato che i 25enni sono i migliori: i più giovani sono incauti e i più adulti vogliono piazzarsi. Il posto più facile per trovare le mie prede sono le palestre dove i ragazzi sono tonici e gratificanti: non tanto sessualmente perché diciamocelo, rispetto ai quarantenni non c'è gara, ma perché apprezzano la mia femminilità, sono attratti da me in quanto donna matura, madre, professionista. Sarà per questo che condurre il gioco è la parte che mi eccita di più. Di solito il primo appuntamento consiste nel solo sesso orale: in questo modo li colgo alla sprovvista e tasto il terreno che la mia più grande angoscia è essere scoperta da mio marito, mio figlio o da qualcuno che potrebbe denunciarmi. Certo, il pericolo mi eccita ma per precauzione non rivedo mai più di tre volte la stessa persona. 

Il mio è sesso senza amore, e come mi ha detto una mia amica (che non approva ma in fondo invidia) sono una "milf", una mother I'd like to fuck, "una mamma che mi farei". Sia come sia, sono a posto con la mia coscienza: tradisco mio marito solo con il corpo ma questo non incrina la nostra intimità né la nostra unione. Noi siamo e restiamo una bella famiglia. Che male c'è?

(Donna irrisolta, ma soddisfatta)

Sono un toy boy

"Stiamo insieme da due anni e mezzo ma io sono solo il suo toy boy".

Ci separano dieci anni - io ho trent'anni e lei quarantuno - e la cosa più meravigliosa che possono fare due persone che si amano, i figli. Ci amiamo? Molto. Stiamo insieme? Non lo so. Ci vediamo da un anno e mezzo quasi tutti i giorni (a pranzo o all'aperitivo, come gli amanti), ci diamo il buongiorno e la buonanotte (via sms), dormiamo insieme quando lei va via per lavoro (due weekend al mese), ma di fare il passo lei non se la sente. Né io di rinunciare a lei. Non vuole turbare l'equilibrio delle sue figlie. All'inizio ero d'accordo, ora non più. Loro hanno 15 e 17 anni e sono due adolescenti serene (non lo dico solo io) che hanno mangiato la foglia da tempo: i genitori hanno vite parallele da anni. L’onestà non è un valore da insegnare? A quanto pare è meglio l’ipocrisia di una famiglia che recita una parte in una sceneggiatura. Le ho chiesto molte volte se non si senta colpevole per il tradimento, non mi ha mai davvero risposto. Penso che abbia paura di rimettersi in gioco, con la vita, con me. Io sono pieno di entusiasmo, nei momenti più intimi le dico che con lei vorrei fare un figlio. Lei sorride ma poi dice che non vuole essere una madre vecchia (come se la data di nascita fosse il vero indicatore), che io merito di meglio (ma io amo lei e me ne frego se i miei genitori non sono d'accordo) e che dovrei pensare al mio lavoro (i nati negli anni Ottanta hanno fatto del precariato la regola). Non so chi dei due farà un passo indietro, o avanti. Nel frattempo io tengo pronta la mia valigia per la vita nuova che vorrei vivere. 

(Giovane confuso, innamorato, a tratti felice) 

Non ho tradito?

"La scappatella di una notte ha turbato la mia esistenza".

Una scappatella, così la chiama la letteratura. Peccato che abbia inquinato tutte le mie certezze, tutto il mio mondo, che abbia incrinato il mio matrimonio e aperto una falla nella mia personalità. Eravamo a un corso di formazione di agenti di commercio. Dopo una giornata di lezione, ci siamo ritrovati tutti per cena, nel ristorante dell’albergo riservato solo per noi. Avevamo alzato il gomito un po' tutti e in sala il tasso di ormoni era palpabile. Avevo bisogno di una boccata d'aria, perciò mi avviai verso l'ascensore che mi avrebbe sputato sotto una notte gelida e stellata. All'ultimo si è infilato il collega che mi aveva puntato tutta la sera, un bellissimo quarantenne castano, distinto, con due spalle larghe e una voglia di sesso disegnata in faccia. Non appena si chiusero le porte, mi attaccò al muro e mi baciò. Con precisione chirurgica, quando le porte si riaprirono, si staccò come se avesse provato la scena centinaia di volte. “Non si sa mai chi s'incontra all'uscita” disse sbirciando il corridoio vuoto prima di portarmi nel sottoscala. L'ho assecondato in silenzio, ero come in trance, eccitatissima. Conduceva il gioco, era tremendamente sexy. Mi guardò, feci in tempo ad annuire che lui mi aveva già infilato la mano sotto la gonna. Mi vergognavo un po' ma lui sapeva esattamente come toccarmi e come farmi godere. Lo lasciai fare finché ebbi uno degli orgasmi più intensi della mia vita. In un attimo tornò quello di prima, disse che gli era piaciuto molto, io non avevo ancora detto una parola. Mi offrì una sigaretta e uscimmo fuori a fumare. Non ricordo di che cosa parlò, credo della giornata di lezione, io tacqui. Poi ci infilammo di nuovo nell’ascensore, in silenzio, ritornammo in sala e ci separammo. Io presi la mia roba e mi rintanai in camera. Non l’ho mai più rivisto ma da quel giorno (di due anni fa) lo cerco ovunque, è diventata un’ossessione. Lo sogno e mi sveglio tutta sudata. Forse perché con mio marito la sessualità non è mai stata così soddisfacente e da allora è naufragata, forse perché quella è stata l’unica volta in cui mi sono lasciata andare: fatto sta che da quella scappatella non riesco più a raggiungere l’orgasmo se non masturbandomi pensando a lui, salvo poi sentirmi in colpa. Con me stessa, ancor prima che con l'uomo che ho sposato che non so se ho per davvero tradito.

(Una donna inquinata)

Ho fatto sesso con il marito della mia migliore amica

"L'unica ad aver tradito sono io: la mia migliore amica".

Siamo migliori amiche dai tempi del liceo. Lei è alta, io sono bassa; lei è bionda, io castana; lei è spavalda, io timida. Alle feste notavano sempre lei. Poi però, visto che eravamo simbiotiche,  scoprivano me, e un paio di volte è andata a finire che gli uomini con cui lei è andata a letto dichiarassero di essere innamorati di me. La cosa mi compiaceva ma soprattutto mi rassicurava il fatto che se lei li seduceva, io li facevo capitolare. Certo, le proporzioni erano decisamente sproporzionate, ma bastava un “ti amo” a colmare la desolazione che provavo tutte le volte che dopo le feste lei tornava a casa con qualcuno e io in taxi, da sola. 

Migliori amiche (o quasi)

La solfa è andata avanti tutti gli anni del liceo e dell’università, poi lei si è innamorata di un francese compagno di corso, dopo la laurea si sono sposati e sono andati a vivere ad Avignone. Skype non era così diffuso, telefonarsi costava caro e alla fine ci siamo perse di vista. Finché, un giorno di 5 anni dopo, ho ricevuto la sua email in cui mi raccontava come il grande amore si fosse in realtà rivelato un fuoco di paglia. Fu come se il tempo non fosse mai trascorso: mi organizzai, presi il primo treno e corsi da lei. Mi raccontò gioie e dolori di quella storia iniziata come un sogno e trasformata in un’accozzaglia di abitudini che non quagliavano, complicata da un meraviglioso figlio di due anni. La ascoltai, la consolai e le proposi di uscire a pranzo, per distrarsi. Eravamo alla cassa, stavamo discutendo su chi dovesse pagare il conto quando lui comparve dietro di noi: lei s’irrigidì, io pure ma per tutt’altro motivo. Me lo ricordavo affascinante ma non così tanto. Ci scambiammo due baci di circostanza. Eravamo imbarazzati e attratti, certe cose sono evidenti. Il tutto durò pochi secondi ma mi turbò parecchio. Uscimmo e passammo il resto della giornata a chiacchierare, lei mi disse che non sapeva se tornare in Italia: non voleva sradicare suo figlio né allontanarlo da suo padre, inoltre lì aveva un bel lavoro e perfino degli amici simpatici, le risposi che era troppo presto per decidere, la rassicurai sul fatto che avrebbe scelto la cosa migliore semplicemente ascoltandosi. La lasciai piena di dubbi e ripartii, a mia volta, piena di dubbi. 

Sesso proibito: il marito della mia migliore amica

Tornai alla mia vita di sempre finché una sera, tornando dal lavoro, me lo ritrovai sotto casa. Per farla breve: farfugliò che era in città per incontrare dei suoi vecchi amici che poi erano anche i miei, visto che all’università eravamo tutti insieme. E che prima di prendere il treno avrebbe voluto salutarmi ma non aveva il mio numero e così era passato da me, che vivevo sempre allo stesso indirizzo di allora. Io ero dura come un bastone, mi disse di stare tranquilla, che non voleva parlare di Elena, solo salutarmi e poi ripartire per Avignone. Morale: lo invitai in casa, preparai un caffè e dopo mezz’ora eravamo uno incollato all’altra. Non prese il treno quella sera e nemmeno il giorno dopo, io mi diedi malata e passammo insieme 48 ore di puro idillio. Abbiamo fatto l’amore, mangiato fatto un bagno e rifatto l’amore. Non abbiamo parlato di nulla che non fosse il presente evitando accuratamente Elena, la loro famiglia esplosa e tutto il resto. 

Ho tradito la mia amica  

Prima di ripartire, però, sull’uscio di casa, mi disse che in realtà mi aveva sempre amato senza saperlo. Non risposi. Gli sorrisi, gli diedi un bacio sulla guancia e lo salutai. Non ci scambiammo i numeri di telefono e da allora non ci siamo mai più visti. Il brutto è che da allora non riesco più a chiamare Elena, e mi chiama, la evito: è lei che ho tradito e anche se non voglio ammetterlo, non riesco a perdonarmi per quello che ho fatto e per quanto mi è piaciuto. E per quanto lo vorrei rifare. Alla fine di tutto l’unica persona che ha tradito qualcuno, sono io: ho tradito la mia migliore amica, la nostra amicizia, la nostra confidenza. E ora mi sento sola, tremendamente sola e colpevole.  

(Una con la coscienza sporca) 

Ho tradito mia moglie con un uomo

"Dopo una vita da eterosessuale, ho dato ascolto alla mia parte gay".

Ci ha scoperti lei, mia moglie: ha guardato le mie foto sul cellulare e ha trovato il selfie che il mio amante ed io ci siamo scattati in albergo, nudi e sorridenti. È piombata in cucina come una furia, la foto aperta sul display. Non so dove ho trovato il coraggio ma le ho detto: “Sono gay, finalmente lo sai”. Stavamo insieme da 34 anni. Abbiamo avuto due figli, insieme abbiamo costruito le nostre vite e quando ci siamo ritrovati da soli in una casa all’improvviso troppo grande per due persone abbiamo iniziato a fantasticare sulla nostra vecchiaia. All'improvviso è crollato tutto come un castello di carte. Mi ha rinfacciato tutto quanto: una vita costruita sulla finzione, un’umiliazione troppo grande da sostenere. Ero troppo sconvolto e sollevato allo stesso tempo per ribattere. Ho farfugliato che l’ho amata per davvero, che ho scoperto la mia identità gay di recente, che non sono riuscito a metterla a tacere.


Fine di un amore

Un mese dopo me ne sono andato di casa. Un mese che è durato più di tutta la vita. Abbiamo passato intere serate a guardarci negli occhi e a scavare (e scarnificare) nei ricordi. Lei cercava conferme alla tesi che fosse stato tutto finto, io smentivo. È vero che l’ho amata ed è vero che l’ho tradita e so perfettamente che non posso pretendere né di essere compreso, né di essere perdonato. Non subito. Le ho distrutto la vita perché non sono stato in grado di vivere la mia. Per quello l’ho lasciata. Perché non volevo inquinare più di quanto non avessi già fatto il nostro passato. E perché mi sono innamorato. Perché per la prima volta, a 60 anni suonati, vivo il sesso come non l’ho mai vissuto prima. Perché il mio compagno, di 30 anni più giovane, è la persona che mi rende felice, che ha annullato tutto il resto. Perché per la prima volta e contro ogni aspettativa, non mi vergogno e lotto perché un giorno anche la mia famiglia, mia moglie compresa, riesca a perdonare e accettare l’uomo che ho scoperto di essere.


L'esame di coscienza

Certo, non è facile: il fatto che non mi vergogni non significa che non faccia i conti con la mia coscienza. Mi distrugge il dolore che ho scatenato in mia moglie e mi devasta il turbamento che leggo sul volto dei miei figli. Passo notti insonni cercando il modo migliore per vestire tutto ciò di normalità, di naturalezza. Sono perfettamente consapevole che sarà un cammino lungo ma sono altrettanto convinto che aver smesso di fingere rende tutto più facile e prima o poi anche i miei figli riusciranno a vedere l’essere umano che c’è in me. A perdonare la mia debolezza per non essere riuscito ad assecondarmi e ad apprezzare il coraggio per aver scelto di darmi un’altra possibilità.

Perdonare un tradimento: il difficile cammino di mia moglie

Per quanto riguarda mia moglie, il discorso è molto più complicato: lei non riesce a perdonarsi di non essersene accorta prima, più che a perdonare me. Mi dà dell’egoista, sostiene che io le abbia rubato il passato. La capisco, vorrei abbracciarla e consolarla perché è tutto molto più sfumato di come lo vede lei. Non avrebbe potuto accorgersene perché nemmeno io lo sapevo: l’ho scoperto quando ho abbassato la guardia, senza essermi mai posto il dubbio prima. Quando la verità è venuta a galla, mi ha travolto. Egoista forse lo sono, anzi, senza dubbio lo sono, visto dalla sua prospettiva: ho pensato a me ma non potevo fare altrimenti. Ci sono volte in cui non puoi tornare indietro, neanche volendolo. 

L’omosessualità, o forse la bisessualità (sono troppo anziano per farmi questa domanda) non è una malattia. Ecco perché non le ho rubato il passato: il nostro passato è tutto vero, semmai le ho rubato il futuro che si era immaginata e per questo mi sento in colpa. Non si meritava un dolore così grande. Ma soprattutto, ed è questo che spero di riuscire a spiegarle un giorno, quando la ferita farà meno male, non si merita di rinnegare una vita che è stata bella, sincera, vera. Del senno di poi ne son piene le fosse.   

(Un uomo ritrovato) 

Sono gay (e tradisco il mio compagno)

"Fare sesso con altri uomini non significa tradire il mio compagno".

Lui non lo sa e io non glielo dico. Quando sono state approvate le Unioni Civili che non prevedono l’obbligo di fedeltà per le coppie gay ne abbiamo riso. “Così possiamo concederci scappatelle senza problemi”, scherzava lui con fare malizioso. Io (come tutti quelli con la coscienza sporca) mi sono infervorato e ho gridato ai quattro venti che era la solita ipocrisia all’italiana che non faceva che screditare i gay e toglierci dignità. In fondo lo penso davvero, ne sono convinto. Il fatto che io tradisca il mio compagno non ha a che fare con la mia omosessualità. O almeno credo. Se fossi etero lo farei lo stesso, forse sarebbe più difficile trovare l’occasione ma lo farei lo stesso.

Tradire (senza essere infedeli)

Perché se sono convinto che sia stupido e offensivo sostenere che i gay si tradiscono di più, sono d’accordo nel sostenere che le occasioni per trovare amanti e concedersi scappatelle siano più facili. Piuttosto è su questo che bisognerebbe riflettere: sul significato che i gay (e parlo per gli uomini) attribuiscono al sesso e sul concetto di tradimento. Il sesso tra uomini è più libero, disincantato, scevro di sentimenti. Non c’è nessun coinvolgimento sentimentale, è un atto fisico e, per quanto mi riguarda, non ha niente a che vedere con l’amore che provo per lui e con il rispetto che ho per lui. Forse ha a che fare con l’antica abitudine degli uomini di accoppiarsi. Nell’Antica Grecia succedeva, succedeva agli uomini che andavano in battaglia e succede ai detenuti. Non lo so, sono troppo ignorante in materia per dare una spiegazione antropologica ma se è vero che siamo figli del nostro passato credo che questa attitudine, in qualche modo, sia sopravvissuta. Il tradimento coinvolge il cuore, la mente, la voglia di costruire qualcosa e di sostenersi e per questo credo che l’obbligo di fedeltà sia sacrosanto. Il difficile è stabilire un concetto universale di fedeltà anche se sono convinto che ciascuno, in cuor suo, ce l’abbia ben presente: finché non si turba l’equilibrio di una coppia, è tutto lecito. Una scappatella ha lo stesso peso di un’uscita fuori, per lo meno per me. Non toglie nulla a noi, piuttosto gratifica me e visto che non sono l’unico a pensarla in questo modo credo che bisognerebbe essere più onesti e smettere di vedere tutto in bianco e nero e cominciare ad aprire gli occhi e considerare le sfumature. 

Detto ciò non so come reagirebbe il mio compagno se sapesse delle mie avventure. Né so se lui, a sua volta, mi tradisce. Me lo sono chiesto tante volte e sono sempre arrivato alla conclusione che preferisco non saperlo. La nostra intimità e la nostra complicità è indissolubile e costante. Stiamo insieme da 10 anni e conviviamo da sempre e non ho nessuna intenzione di insinuare il dubbio. Il suo corpo non è mio e il mio non è suo: i nostri destini però sono intrecciati e questo basta, questo è vero, tutto il resto sono diversivi. 

(Innamorato, in lotta con l'ipocrisia)  
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