Tumore alle ovaie: un gene (mutato) aumenta il rischio
Tumore alle ovaie e genetica: appena scoperta la mutazione che aumenta sensibilmente il rischio di incorre nel cancro ovarico.
Tumore alle ovaie, una nuova scoperta porta avanti la ricerca sul campo. A quanto riferito da uno studio appena pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute, le donne portatrici di una mutazione del gene BRIP1 hanno tre volte più possibilità di sviluppare un cancro alle ovaie rispetto alle donne che ne sono prive.
Ad oggi la proporzione di soggetti che sviluppano questa malattia è di 18 donne ogni mille, ma in rischio aumenta fino a raggiungere 58 donne ogni mille, nel caso di mutazioni del gene BRIP1. Lo studio, portato avanti dagli scienziati del Cancer Research UK, delle Università di Cambridge, UCL e dell'Imperial College London, mostra purtroppo che c'è un'altra drammatica correlazione. Le donne portatrici di questa mutazione hanno più possibilità di vedersi diagnosticato un cancro aggressivo, ad uno stadio avanzato e in maggiore età.
Per arrivare a questo risultato i ricercatori hanno comparato il patrimonio genetico di oltre 8 mila donne bianche europee, incluse 3250 donne cui era stato diagnosticato questo tipo di cancro, 3400 che non avevano nessuna forma di tumore e 2000 donne con una storia familiare di cancro alle ovaie. Il professor Paul Pharoah, docente di ricerca epidemiologia in campo tumorale al Cancer Research UK Cambridge Institute ha piegato che questo lavoro spera di porre le basi per identificare le donne a maggior rischio: "Trovare queste donne ci aiuterà a prevenire nuovi tumori e salvare vite. Questo potrebbe essere importante in malattie come il tumore delle ovaie, che tende ad essere diagnosticato ad uno stadio avanzato, quando le possibilità di sopravvivenza sono inferiori", ha precisato.
Come si diceva, il tema della ricerca e degli esami genetici è duplice, come già visto nel caso del gene Brca e del tumore al seno, con interventi preventivi spesso sconsigliati dagli esperti. Ma di certo identificare le donne a maggior rischio permetterà un monitoraggio e un intervento tempestivo già ai primissimi stadi. Una speranza e una azione incisiva in più, insomma.
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