Tumore al seno: l'asportazione "alla Jolie" è evitabile. Grazie alla oncoimmunoterapia
Contro la neoplasia, e in particolare per contrastare la mutazione genetica che porta al tumore al seno, non è necessario asportare mammelle e ovaie come Angelina Jolie. La guarigione può arrivare dai farmaci, con l'oncoimmunoterapia.
Il caso Jolie ha fatto (e continua a fare) da apripista. In campo medico, raramente un trattamento o una opzione terapeutica è rimasta così a lungo al centro della discussione. L'attrice aveva deciso per una rimozione preventiva di seno (doppia mastectomia), ovaie e tube di falloppio per scongiurare l'insorgere di un tumore, come capitato a sua madre nonna e zia, morte di cancro. Un test genetico aveva infatti evidenziato una mutazione del gene BRCA1, che insieme alla mutazione del BRCA2, entrambe spesso ereditarie, segnala un alto rischio di sviluppare cancro al seno o alle ovaie.
Ma durante il Congresso internazionale sul tumore al seno tenutosi a Padova e organizzato dall'Accademia Nazionale di Medicina (Accmed), la posizione degli specialisti è stata netta. Non serve per forza l'asportazione. La genetica aiuta anche a indirizzare la cura: "Si sta cominciando a capire che le mutazioni del gene Brca1 e 2 possono anche permettere terapie specifiche, molto mirate ed efficaci, nel caso la malattia si presenti comunque. E così il temuto gene Brca mutato, da spauracchio diventa un'occasione per una terapia più efficace", ha spiegato Pierfranco Conte, coordinatore della Breast Unit dell'Irccs Istituto oncologico veneto e direttore di Oncologia medica all'università di Padova.
Le dichiarazioni arrivano in seguito ad un studio condotto presso l'istituto Oncologico Veneto di Padova su 400 pazienti, che pone le basi sull'immunoterapia anticancro al seno. Anche nei casi più difficili. "Sono proprio i tumori più mutati o capaci di mutare quelli che meglio vengono riconosciuti dal sistema immunitario, se adeguatamente aiutato dalle nuove terapie. Al momento sono sperimentali e per evitare il rischio di reazioni autoimmuni agiscono non tanto stimolando il sistema immunitario, ma depotenziando il freno che il sistema stesso si impone: il recettore PD1 utilizzato dai tumori per evadere la sorveglianza immunitaria. La cosa straordinaria è che la terapia immune è duratura nel tempo. Il sistema immunitario diventa capace di controllare il tumore molto a lungo", ha precisato il medico alle agenzie.
Una notizia estremamente positiva, una grande speranza sulla strada di una cura e della guarigione. Senza dover pensare a dolorose scelte preventive.
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