Donna in carriera: l'equilibrio difficile tra lavoro e maternità
Donna in carriera? In Italia è una chimera almeno per quante decidono di diventare mamme. Lo denunciano i dati Istat e Papa Francesco, lo conferma lo studio di Valeria Solesin.
Donna in carriera o mamma a tempo pieno? L’annoso dibattito tra lavoro e maternità è ritornato di stretta attualità dopo i fatti tragici di Parigi, costati la vita – tra l’altro – alla veneziana Valeria Solesin che alla Sorbona studiava appunto il modo in cui le donne si dividono tra famiglia e lavoro confrontando la situazione francese a quella italiana. L’obiettivo di questa 28enne dal curriculum già lunghissimo e dal sorriso contagioso era proprio quello di trovare una soluzione più fattibile per conciliare, nella sua nazione d’origine e nella sua patria d'adozione, il lavoro e la maternità.
Valeria questa soluzione non potrà più cercarla, ma nella sua eredità di studiosa lascia spunti preziosi che devono essere approfonditi prima di tutto in sua memoria e poi, per rispetto a tutte le donne ancora costrette, in questo millennio di presunta parità di genere, a scegliere se avere dei figli o se avere una carriera.
Maternità e lavoro in Italia secondo l'Istat
Sì, perché lo status di donna in carriera ancora oggi poco si sposa con quello di genitrice e a sostenerlo non è una vulgata popolare un po’ datata bensì i dati pubblicati proprio in questi giorni dall’Istat per fotografare la situazione italiana nel secondo trimestre del 2015. L’indagine rivela così che nel Belpaese addirittura il 30% delle donne occupate lascia l’impiego dopo la gravidanza e che, tra le signore nate dopo il 1964, quasi 3 su 10 sono senza lavoro perché hanno deciso di costruire una famiglia.
Mamme lavoratrici: il monito di Papa Francesco
Dati tragici che hanno richiamato anche l’attenzione di Papa Francesco che, prima di partire per il suo viaggio in Africa, ha esortato gli imprenditori a una maggiore attenzione verso le mamme lavoratrici. "La donna – ha infatti sottolineato il pontefice - deve essere custodita, aiutata in questo doppio ruolo”. Un doppio ruolo che, è chiaro, non è semplice come dimostrano un’impressionante quantità di esempi concreti.
Youyou Tu: "Mia figlia in orfanotrofio, io dovevo lavorare"
Uno tra gli ultimi, in ordine di tempo, è arrivato da Youyou Tu premiata con il Nobel per la medicina grazie alla scoperta di un principio fitoterapico impiegato ancora oggi contro la malaria. Una scoperta importantissima che, però, la studiosa è riuscita a compiere solo a costo di un grande sacrificio: lasciare sua figlia appena nata in un orfanotrofio per potersi dedicare alla ricerca. L’esempio è estremo? Le condizioni particolari? Senz’altro, ma resta il fatto (oggettivo) che l’impegno lavorativo - soprattutto ad alti livelli - mal si concilia con l’archetipo della Grande Madre e le conseguenze di questo pensiero (retrogrado) sono molte e molto importanti.
Violenza sulle donne: il lavoro tra le soluzioni
A sottolinearle, in occasione della Giornata Nazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, è intervenuta anche la presidente della Camera Laura Boldrini che ha indicato proprio nel lavoro “in rosa” il migliore antidoto contro la violenza di genere “perché – ha spiegato - quando lavora una donna è più libera di andarsene da un contesto violento”.
Donne in carriera: Allez les filles, au travail!
Un contesto violento che, spesso, nasce da una bieca aderenza (tutta italiana) alle suddivisioni di genere tradizionali. Un dato questo che già Valeria Solesin sottolineava nella sua ricerca su maternità e lavoro in Italia e Francia e che val la pena di ricordare oggi facendo nostra, ogni giorno e in ogni contesto, l'esortazione della ricercatrice: Allez les filles, au travail!.
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