Valeria, la ragazza italiana morta a Parigi
Valeria Solesin, 28 anni, è la ragazza italiana morta a Parigi. Originaria di Venezia, viveva a Parigi dal 2009. Borsista a La Sorbona in demografia, studiava e lavorava per rendere il mondo un posto migliore. "Mancherà a tutta l'Italia", ricorda la mamma.
Valeria Solesin, la ragazza italiana morta a Parigi. Un nome che nelle ultime 72 ore è entrato nelle case di tutta Italia. Un viso, un sorriso, uno sguardo che gli amici di Parigi hanno cercato per 48 ore, invano. D’ora in poi rimarrà impresso nelle nostre memorie perché non c’è più, nel mondo, Valeria Solesin. Perché quel venerdì 13 novembre, in cui l’Occidente ha perso la sua sicurezza, Alberto e Luciana hanno perso una figlia. È stato il padre a spezzare gli ultimi dubbi con quella frase che ogni genitore, se potesse, preferirebbe morire, piuttosto che dover pronunciare: “Nostra figlia è morta”. La madre, una signora minuta, composta, che nella vita è una professoressa delle medie, ha chiesto che venisse ricordata, e basta. “Ricordate che era una persona, una cittadina, una studiosa meravigliosa” ha detto con la voce rotta dal pianto e la dignità a tenerla in piedi. “Ci mancherà molto e credo, visto il percorso che stava facendo, che mancherà anche al nostro Paese. Era una persona meravigliosa”.
Lo era per davvero, Valeria Solesin, una persona meravigliosa. Aveva 28 anni, era nata a Venezia, è cresciuta a Cannareggio, a due passi da Ca’ Vendramin. Aveva 16 anni quando è partita per sei mesi in Canada, destinazione Quebec, per perfezionare il suo francese. Ne aveva 19 quando si è trasferita a Trento per studiare e laurearsi in Sociologia all’Università con una tesi da 110 e lode in collaborazione con la facoltà di Nantes in Francia, dove ha trascorso un anno di studi. Ne aveva poco più di 20 quando ha finito il master di due anni all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Ne aveva 22 quando è sbarcata a Parigi. Ora, da dottoranda, insegnava a La Sorbona e lavorava come ricercatrice in demografia all’Ined, l'istituto dell’Università. La fine è arrivata troppo presto, prima che Valeria vivesse quella vita che avrebbe contribuito a rendere il mondo un posto migliore.
Perché se a La Sorbona studiava il modo con cui le donne si dividono tra famiglia e lavoro, confrontando la situazione francese a quella italiana alla ricerca di una soluzione più fattibile, alle spalle aveva anni di volontariato con Emergency. Gino e Cecilia Strada se la ricordano bene: “Ciao Valeria, grazie” ha twittato lui. “Una ragazza stupenda”, ha fatto eco Cecilia, augurandole “buon vento”.
Valeria non avrebbe voluto essere compianta, dice chi la conosceva bene: "Domani ci sarà un domani. E dopo, ci sarà un dopo. E noi, resteremo in piedi: liberi, democratici, umani. Lei avrebbe voluto così? - si interroga una sua amica -. No, lei non pensava ad un dopo. Lei voleva solo vivere". Lo sa bene Andrea Ravegnani, il fidanzato conosciuto a Trento, che anni fa l’ha raggiunta a Parigi, ha aperto un negozio e insieme a lei si stava costruendo un futuro, rimpiangendo l’Italia, perché essere un “cervello in fuga” lascia un retrogusto amaro.
“Siamo stati noi a insistere per quel concerto” ripete senza darsi pace Chiara Ravegnani, la sorella di Andrea che insieme al suo fidanzato, il veronese Stefano Peretti, aveva raggiunto la coppia a Parigi per un weekend tutti insieme, in famiglia, a divertirsi un po'. “ Io e il mio ragazzo siamo andati sotto il palco, Andrea e Valeria sono rimasti indietro” continua, avvicinando il racconto a quei momenti terribili, gli ultimi di Valeria.
La sparatoria li ha sorpresi vicino all’ingresso, i primi accertamenti raccontano che Valeria è stata colpita da una raffica di mitra alle spalle. Quegli spari che in molti, dentro al Bataclan, hanno inizialmente scambiato per effetti scenici, “ma poi mi sono ritrovata con gli occhiali sporchi di sangue“ spiega Chiara, con l’inferno ancora negli occhi. Loro sono rimasti in ostaggio, si sono nascosti, hanno aspettato il blitz e si sono salvati. Valeria si è persa nella mischia, gli amici hanno recuperato la sua borsa con i documenti. L’hanno cercato per tutta la città, il giorno dopo, hanno setacciato gli ospedali, finché non l’hanno trovata, senza vita, all’obitorio.
Una voragine grande così: questo lascia la scomparsa di questa ragazza simbolo di una gioventù italiana che vuole prendere in mano la propria vita, disposta ad andare là dove c’è spazio per lavorare, a fare piccoli lavoretti per potersi mantenere. Una che si buttava in quello che faceva con quel sorriso e quella determinazione di cui il mondo ha tremendamente bisogno, di questi tempi. Vedi la sua esperienza con i clochard di Parigi “per conoscere tutte le sfaccettatura di una realtà che andava a studiare e frequentare”, ricorda la madre.
“Era tosta Valeria”, “si era conquistata ogni millimetro della sua vita” ripetono come un mantra gli amici. Perché era una studiosa, tutt’altro che una secchiona: a ottobre, tanto per dirne una, “aveva corso una mezza maratona in Bretagna”, ricorda la madre. Che ricorda anche come Valeria volesse una vita normale, circondata dagli affetti: “voleva avere dei figli, con Andrea, con cui era insieme da 6 anni, aveva progetti seri”. Di quei progetti restano le intenzioni, di quella vita restano i ricordi, meglio cacciare in gola le lacrime: Valeria non le avrebbe volute. Valeria avrebbe preferito un piano, per domani, per rendere il mondo un posto migliore.
Copyright foto: Facebook@Valeria Solesin
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