Paraguay, ha partorito l'11enne stuprata dal patrigno
La ragazzina di 11 anni che subì violenza dal patrigno ha dato alla luce una bambina di 3,55 chili. Amnesty International e l'Ufficio dell'Alto Commissariato Onu avevano chiesto, invano, alle autorità del Paraguay di concedere l'aborto.
Madre e figlia avranno 11 anni di differenza. Succede ad Asuncion, in Paraguay dove la ragazzina rimasta incinta dopo uno stupro subito dal patrigno quando aveva appena 10 anni, il 13 agosto ha dato alla luce una neonata di 3,55 chili nella clinica della Croce rossa. La vicenda ha suscitato polemiche in tutto il mondo fin da quando Amnesty International e altre organizzazioni si erano viste negare dalle autorità di Asuncion l’autorizzazione all’interruzione della gravidanza.
Perché in Paraguay l’aborto è legale solo in due casi: se la salute della madre è in serio pericolo e in ogni caso entro le prime 20 settimane di gravidanza. In tutti gli altri casi è punito con pene fino a cinque anni di carcere. Uno dei risultati sono le gravidanze delle giovanissime: secondo i dati ufficiali, nel 2014 sono state 684 le bambine tra i 10 e i 14 anni che sono diventate madri, poco più di 20 mila quelle tra 15 e 19 anni.
Ma questa volta è diverso: questa volta, di mezzo, c’è uno stupro, subito tra le quattro mura di casa, denunciato, inascoltato. Tanto che nella lettera inviata al presidente Horacio Cartes, Amnesty International si appellava proprio al fatto che la bambina, che all’inizio della gravidanza pesava appena 34 chili, aveva denunciato più volte di avere dolore al ventre e più volte si era rivolta a un medico ma nessuno si era accorto di quello che le stava succedendo. Perciò, sforato il tempo massimo, la missiva sosteneva che negare l'aborto alla piccola equivaleva "a tortura, gravi violazioni dei diritti umani e a un reato in base alla legge internazionale". Anche l'Ufficio dell'Alto Commissariato Onu per i diritti umani aveva stigmatizzato il Paraguay auspicando un "aborto terapeutico" per la piccola.
Tant’è. Le autorità sono state inflessibili, hanno respinto ogni richiesta, affermando che erano già state adottate tutte le misure necessarie per proteggere "la bambina incinta e il feto". A questo punto, ad esercitare la patria potestà sulla giovanissima madre e sua figlia sarà la nonna, l’altra vittima di questa storia, che l’anno scorso aveva (invano) denunciato gli abusi alla procura che non aveva preso sul serio la faccenda. Salvo poi incarcerarla sospettandola di complicità con lo stupratore. Accuse che sfumarono quasi subito ma, sebbene sia stata rilasciata, al momento la donna vive in libertà condizionata e deve presentarsi una volta al mese davanti ai giudici. L’ex compagno, che ha provato a fuggire, è stato arrestato ed è in carcere da maggio, quando si scoprì che la piccola era al quinto mese di gravidanza.
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