Allergia e meteo: il caldo fa esplodere i pollini
I primi pollini sono comparsi a marzo, con l'arrivo della primavera. L'avvicinarsi della bella stagione, però, non riduce i sintomi delle allergie, anzi. Dall'asma alla congiuntivite, le patologie allergiche legate ai fattori climatici aumentano con il caldo.
Che la bella stagione portasse, insieme alle prime giornate di sole, anche molti pollini, è cosa nota ormai a tutti. Quanto questo legame fosse forte, non era però così chiaro. La stima esatta arriva dall'ultimo Congresso Nazionale della Società Italiana Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica. Secondo i medici riunitisi per parlare del tema, infatti, basta anche un minimo cambio (verso l'alto) della temperatura per determinare un aumento dei piccoli granuli pollinici nell'aria.
Nello specifico, mezzo grado in più sul termometro fa salire dalle 10 alle 100 volte le quantità di pollini presenti nell'area, il che comporta sia maggiori disturbi per chi soffre di questo problema, sia un incremento del numero di allergici, visto che si possono sviluppare forme di allergia anche in età adulta, e che il numero di persone allergiche è in costante aumento.
I medici mettono in guardia contro i cambiamenti climatici: l'incremento della temperatura del pianeta porterà, secondo le previsioni degli esperti, ad una maggior quantità di acari nelle case, facendo salire anche l'incidenza delle patologie allergiche come asma, rinite, congiuntivite, eczema.
Tra i più esposti alle riacutizzazioni di queste patologie sono i bambini, molto più esposti alle allergie rispetto ai loro genitori: l'inquinamento atmosferico porterebbe a una diversa recettività degli apparati respiratori dei piccoli, in fase di crescita, rendendoli più predisposti.
La buona notizia però (soprattutto per i 3,5 milioni di italiani che soffrono di asma, cioè il 6% della popolazione) è l'arrivo sul mercato, in futuro, di farmaci di ultima generazione, più efficaci e mirati: potranno essere usati in maniera costante, permettendo al paziente di impiegarli in dosi minori e per un tempo più lungo di quanto avvenga oggi.
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