Fabrizio Moro e il nuovo album Pace: "La felicità? Giocare con Jeeg Robot"
Alla presentazione del suo ultimo disco, Pace, in uscita il 10 marzo, Fabrizio Moro ci ha parlato di Sanremo e Amici. Ma anche di tatuaggi e di una figlia che odia il rap.
Un album che celebra la rinascita. Così Fabrizio Moro descrive Pace, il suo ultimo lavoro, che parla di una quotidianità riconquistata, della paternità e del rapporto con i figli. Il disco, che contiene canzoni molto autobiografiche come Portami Via, presentata a Sanremo e dedicata alla figlia Anita, o Giocattoli, nostalgico ricordo dell'infanzia, verrà presentato il 20 aprile al Fabrique di Milano e il 26 maggio al Palalottomatica di Roma.
Pace è un album molto meno arrabbiato rispetto ai tuoi precedenti....
"Ho lavorato molto su me stesso. Negli ultimi anni ho affrontato grandi cambiamenti, come la paternità. Ho iniziato a fare cose normali che non avevo mai fatto perché c'era sempre qualcuno che le faceva per me, come andare in tintoria o a fare la spesa. Vivo in un momento di pace interiore che, visto il mio carattere competitivo, temo non durerà. Nel frattempo però me lo godo. Pace lo rispecchia: è stato un album terapeutico".
A Sanremo hai cantato Portami Via, dedicata a tua figlia. Come è andata?
"Un po' al contrario di quello che immaginavo: mi aspettavo una posizione migliore in classifica ma un riscontro peggiore rispetto a quello che c'è stato dopo. Non pensavo che il brano potesse arrivare al disco d'oro in due settimane, soprattutto dopo aver cantato piuttosto male sul palco. Avevo un groppo in gola che non sono riuscito a sciogliere per tutta la settimana. Quest'anno ho sofferto Sanremo in modo particolare. Un'ansia da prestazione che non avevo mai avuto".
E invece Amici? Come è stato fare il giudice?
"Anche quella è stata un'esperienza terapeutica perché mi ha aiutato ad aprimi di più. Sembra strano ma io ad espormi in pubblico faccio molta fatica. Per me Amici è stato più che altro un modo per costringermi a mettermi a confronto con tante persone tutte insieme. Era già un paio d'anni che Maria De Filippi mi chiamava. Ogni anno ci pensavo... e rifiutavo. Ho dovuto aspettare di sentirmi sereno. Ora lo sono".
Nelle tue canzoni sembra che la chiave della felicità sia nell'infanzia. Ma allora da adulti come si fa ad essere felici?
"Per esempio io sono felice accompagnando mio figlio Libero al negozio di giocattoli. Lui ha risvegliato questo mio aspetto infantile ma credo che in fondo il nostro lato bambino ce lo portiamo dentro sempre. A me piace molto immergermi di nuovo nel mondo fantastico di quando ero piccolo. Al posto di confrontarmi con i miei coetanei io parlavo con Jeeg Robot. Che tra l'altro è l'unico giocattolo che conservo ancora intatto".
Com'è il rapporto con i tuoi figli? È più impegnativo essere papà di un bimbo o di una bimba?
"Ho sempre avuto il desiderio di diventare papà di una bambina, probabilmente perché avevo paura di riprodurre il rapporto conflittuale con mio padre. Quando è arrivato il maschietto all'inizio sono andato in crisi: ho avuto paura di non sapere come rapportarmi. Comunque purtroppo non li vedo spesso e, di conseguenza, li vizio tanto. Con Libero gioco spesso a calcio mentre Anita mi sta dando tantissime soddisfazioni dal punto di vista musicale. Ascolta di tutto. Non le piace il rap e per questo la amo ancora di più".
Da dove viene la tua passione per i tatuaggi?
"La cruda verità è che mia sorella fa la tatuatrice e mi usa come cavia. Però a me piacciono molto, raccontano la mia storia. Ci sono le frasi delle mie canzoni, immagini degli album. Ogni volta che succede qualcosa di importante – e quante cose succedono in una vita! - lo scrivo. Comunque non ho ancora esaurito lo spazio. Le gambe sono vuote: dovrò camminare ancora un bel po'".