Rodrigo D'Erasmo: gli Afterhours e il tour europeo [INTERVISTA]
Afterhours, band italiana nata negli anni 80’ da un’idea di Manuel Agnelli, cantante principale del gruppo, è portabandiera dell’indie rock. La nostra intervista a Rodrigo D'Erasmo.
L’esordio degli Afterhours risale al 1987 con l’uscita del 45giri My bit boy che li ha portati al successo. Dopo quasi 30 anni e 10 dischi, proprio nel maggio dell’anno scorso è finalmente uscito l’undicesimo e tanto atteso album, Folfiri o Folfox. Un doppio album, che contiene ben diciotto brani intensi e struggenti che portano ad attraversare un viaggio alla scoperta del dolori più profondi. Ma doppio anche perché nasce dalla malattia e diventa passo dopo passo, canzone dopo canzone, un’esplosione di vita, la prova che ci siamo ancora e che possiamo sempre essere felici, o almeno tentare di esserlo, solo se vogliamo. Un inno alla rinascita, che mette in evidenza come sarebbe bello credere, credere e basta, all’amore, alle relazioni profonde tra esseri umani, alla vita eterna, senza mai scontrarsi con la dura realtà, perché in fondo fin quando siamo vivi, la morte, non sappiamo cosa sia.
Già la copertina rispecchia tutto il senso dell’album. È diversa dalle precedenti piuttosto disordinate e poco precise, rappresenta infatti un’orchidea morente minuziosa e quasi tridimensionale."Questa scelta è stata fatta in seguito ad una foto scattata da Manuel Agnelli stesso, un’orchidea morente, trovata dalla figlia del cantante", come ci rivela Rodrigo D'Erasmo, violinista e chitarrista degli Afterhours. Il fiore, oltre alla sua bellezza, racchiude anche un senso più oscuro, dato che, essendo una pianta saprofita, "si nutre di materiale in decomposizione e fa quindi riferimento al tema principale dell’album", la questione del cancro e della morte. "È un immagine dark, potente ma allo stesso romantica e amorevole".
Il disco si apre con Grande che rivela sin da subito il senso delle canzoni successive. È la base che permette all’album di crescere, progredire e diventare pura meravigia. Si apre con la volontà di mettere al primo posto "il sogno di un bambino che viene infranto, il sogno di avere accanto a sé per sempre un genitore". La canzone "prende a schiaffi", parte e travolge l’ascoltatore portandolo direttamente nel vivo della questione, spingendolo a voler continuare questo "viaggio per la liberazione". È una canzone "lancinante, oppressiva e dirompente" che apre al meglio le danze e cattura la completa attenzione del pubblico.
Un disco con un’intensità che si fatica a descrivere, un equilibrio magico tra rock, brani in cui domina la chitarra acustica, contaminazioni sperimentali e slanci oscuri in cui ogni traccia sembra essere il tassello di un puzzle che senza non può completarsi.
Dopo 4 anni dall’uscita di Padania, con Folfiri o Folfox i temi cambiano. A cosa è dovuto questo drastico cambiamento?
"In effetti con Padania il tema principale verteva su una crisi identitaria e personale delle nuove generazioni e delle innovazioni, Folfiri o Folfox invece è un disco più compatto a livello sonoro, figlio di un periodo in cui si sono sovrastati eventi belli e brutti, come la morte del papà di Manuel (Agnelli, ndr) che lo ha sconvolto molto, e tutti i lutti in generale, le sofferenze e le perdite della band. C’è stata una voglia enorme di riappropriarsi della propria vita e quindi tutto l’album mette in risalto le sofferenze incredibili a cui l’uomo è sottoposto dando però prova della volontà e della possibilità di andare avanti. La musica diventa quindi un mezzo per poterci liberare dalla pesantezza delle angosce".
Il titolo, invece, a cosa è dovuto?
"Riassume i temi principali su cui vertono tutte le nostre canzoni. Due nomi di terapie contro il cancro, che il padre di Manuel ha dovuto affrontare. Proprio quando in Italia il tema del tumore e del cancro sembra ancora essere un tabù, che tutti fingono di non vedere e non sapere, il disco serve a sbattere in faccia la realtà, serve a spingere l’uomo ad aprire gli occhi e a non fermarsi di fronte alle paure dell’ignoto che la malattia può riservare. Manuel sin dal principio della malattia ha avuto il coraggio di affrontare, di sedersi e approfondire le conoscenze verso questo temuto ignoto che è il cancro e proprio da questi studi escono fuori i nomi delle due terapie, Folfiri e Folfox. È un titolo misterioso, che quasi nessuno capisce di primo acchito, e vuole in un certo senso sdrammatizzare e rendere frizzantino qualcosa che invece, una volta capito fino in fondo, risulta troppo macabro. Chiamare le cose con il proprio nome, è questa al volontà. Senza sotterfugi, senza girarci intorno. È una musica che deve scuotere e solo la realtà presa nuda e cruda può portare a questo".
Come ha reagito la band alla volontà di Manuel di trattare questi temi?
"Tutti siamo passati attraverso momenti oscuri e lutti nella nostra vita, quindi è comunque un tema che univa tutto il gruppo. È stato un entusiasmo generale che ha spinto il gruppo a creare qualcosa di compatto, di vivo e di diverso, con un’energia e una complicità che solo quando ti appartiene puoi provare. Non si trattava solo della morte del padre di Manuel, ma di un dolore comune, un dolore con cui tutti prima o poi ci confrontiamo. Allo stesso tempo il disco spinge a prendere questo dolore e a superarlo, e tutti insieme abbiamo lavorato perché cio avvenisse".
L’album si chiude con Se io fossi giudice e quindi con la voglia di rinascere, cancellando l’idea che gli altri possano avere di voi. Dopo la vostra esperienza a XFactor pensate sia stato cosi?
"In effetti, sin dal primo momento ce ne siamo fregati del pensiero di tutti, era una volontà di Manuel voler far parte del programma, e l’ha seguita senza pensarci due volte. Le tematiche del disco stesso lo dimostrano, quando scrivi delle canzoni ti apri in tutto e per tutto, metti a nudo i tuoi sentimenti, le emozioni, i dolori e le sofferenze, indipendentemente da cosa penserà o non penserà il pubblico. Lo stesso vale per XFactor, era una cosa che volevamo fare e l’abbiamo fatta, non bisogna farsi domande su come la prenderanno gli altri se, in fondo, se sei sincero fin dall’inizio".
C’è la volontà per entrambi di partecipare nuovamente a XFactor 2017? Pensate di portare nuove idee al programma?
"Per ora nulla è deciso, Manuel non ha ancora parlato della partecipazione a XFactor 2017 ma se ce ne fosse l’occasione, perché no. Con questa scelta Manuel vuole portare all’innalzamento della musica nei talent, con la speranza di apportare una visione diversa da quella comune: la necessità, non di avere successo, ma di comporre musica per se stessi. XFactor per tutti è solo una tappa, è l’inizio di un percorso più ampio nel tempo. Per questo continuiamo a seguire i giovani anche a distanza di un anno dalla fine del programma, per aiutarli e accompagnarli al meglio nel raggiungimento del successo".
Ad Aprile inizia il nuovo tour europeo, Londra, Berlino, Parigi, cosa vi aspettate da questi concerti?
"Beh sicuramente di portare fuori dall’Italia la nostra musica, la volontà di aprire l’Europa intera ad un nuovo tipo di canzoni, profonde e personali. Interessante è inoltre l’approccio diverso al pubblico. Abituati ai concerti negli stadi, quindi con tantissima gente, sarà sicuramente diverso e più intimo suonare in dei locali più piccoli e instaurare così un vero e proprio rapporto con il pubblico, portato quasi allo stesso piano. Anche perché sentiamo di essere una band adatta a situazioni più piccole ed intime, sarà dunque tutta una scoperta".
Avete già in mente qualche idea per il prossimo disco?
"Dato che ogni volta passano molti anni tra un disco e l’altro, questa volta c’è la volontà di voler accorciare i tempi, e di produrre qualcosa il più presto possibile. Niente è ancora in vista per quanto riguarda i temi, che sono in definizione, e niente è ancora deciso, ma qualcosa sotto c’è. Con la promessa però di iniziare le composizioni entro gennaio dell’anno prossimo. In compenso gia a partire dalla metà del 2017 però, riserviamo nuove sorprese, non a livello discografico, ma per ora, non posso rivelare nulla".
Copyright Foto: Kika Press