Artisti per il "sì" e artisti per il "no" al referendum costituzionale
Artisti per il "sì" e artisti per il "no": ecco alcuni dei vip che si sono schierati per il referendum costituzionale del 4 dicembre, le loro ragioni e qualche approfondimento.
Cristiana Capotondi (e gli altri): sì
Da Cristiana Capotondi a Stefano Accorsi, da Stefania Sandrelli a Michele Placido e Luca Zingaretti (tra gli attori); da Paolo Sorrentino a Ferzan Ozpetek passando per Cristina Comencini e Gabriele Salvatores (tra i registi). E ancora: da Carla Fracci a Roberto Bolle, da Andrea Bocelli al trio del Volo (tra gli artisti) passando per scrittori (Susanna Tamaro) e direttori d’orchestra (Zubin Mehta), architetti (Stefano Boeri) sono più di 80 gli esponenti della cultura italiana che hanno sottoscritto l’appello del Comitato Basta un Sì. “I cambiamenti proposti - recita parte del comunicato - ci paiono nel merito sensati e orientati a creare per la politica condizioni operative più chiare e responsabili: permettendo così ai cittadini una maggiore visibilità dei processi e una maggiore chiarezza dei ruoli decisionali".
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Sabrina Ferilli, Monica Guerritore (e gli altri): no
La più agguerrita dei vip è l’attrice Sabrina Ferilli che in un’intervista a Chi ha espresso la sua preoccupazione in caso di vittoria del "sì" al referendum costituzionale, in particolare, “che la deriva, populista o autoritaria, sia sempre dietro l'angolo”. Sul fronte del "no", tra gli altri vip si schierano anche il regista Roberto Faenza - “Non tutta la proposta governativa è da buttare, ma se si voleva fare una vera riforma, allora bisognava abolire del tutto il Senato”- l’attrice Monica Guerritore e il collega Toni Servillo, Piero Pelù, Fedez e J-Ax.
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Roberto Benigni: sì
“Sarebbe peggio della Brexit”, ha spiegato Roberto Benigni a Le Iene annunciando che al referendum costituzionale del 4 dicembre, voterà “sì”. “Già i costituenti auspicavano un miglioramento” ha aggiunto il premio Oscar precisando che “i primi 12 principi sono intoccabili e la prima parte, diritti e doveri, sono straordinariamente belli e intoccabili”. Il problema, ha però fatto presente Benigni, è che “se la riforma non passa ora, non accadrà mai più”, dunque “è indispensabile che vinca il sì, pensiamo al bene degli italiani”.
A proposito vale la pena ricordare che il primo tentativo in materia risale al 1983-1985 con la Commissione bicamerale presieduta da Aldo Bozzi. Il tentativo fallì e nel 1994 ci riprovò un’altra commissione bicamerale presieduta da Nilde Iotti e Ciriaco De Mita. Fallita anche quella si arriva al 1997 con la Commissione bicamerale presieduta da Massimo D’Alema che naufragò un anno dopo. Altro tentativo nel 2005 ma la riforma costituzionale viene bocciata dal referendum popolare del 2006. Infine ci fu la proposta di riforma prodotta dalla Commissione della Camera riservata agli Affari costituzionali, presieduta da Luciano Violante (oggi tra i sostenitori del "sì"), rimasta, però, nel cassetto.
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Andrea Camilleri: no
Intervistato da Aldo Cazzullo sul Corriere Della Sera, lo scrittore 91enne Andrea Camilleri fa sapere che “Pur di votare ‘No’ mi sottoporrò a due visite oculistiche, obbligatorie per entrare nella cabina elettorale accompagnato. Io le riforme le voglio: il Senato deve controllare la Camera, non esserne il doppione. Ma questa riforma è pasticciata. E non ci consente di scegliere i nostri rappresentanti”.
Camilleri fa riferimento al tanto discusso articolo 2 che prevede l’abolizione del Senato così come lo conosciamo e la scelta dei senatori che, in caso, farebbero parte del nuovo organismo che avrà piena competenza solo in materia di leggi e riforme costituzionali, ratifica dei trattati dell’Ue e leggi che riguardano la riforma del Titolo V (competenze tra Stato e Regioni). In caso di vittoria del “sì” sarà formato da 95 senatori (invece degli attuali 315) di cui 5 nominati dal Presidente della Repubblica e i restanti 95 saranno i membri rappresentativi delle regioni ripartiti in base al peso demografico (non inferiori a 2) ed eletti con metodo proporzionale (uno di loro dovrà essere il sindaco, gli altri saranno indicati dai cittadini durante le elezioni).
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Ilaria D’Amico: sì
Ilaria D’Amico voterà "sì" al referendem costituzionale e lo annuncia (invitando il pubblico a fare lo stesso) in un video pubblicato in rete e retwettato dal profilo del comitato Basta un Sì. “Lo farò perché voglio cambiare il sistema che ci ha consegnato fin qui anni e anni di immobilismo, di governi che non possono o non vogliono governare, di veti incrociati, di correnti, partitini, partitoni” spiega la giornalista che dopo anni di militanza sportiva è passata all’attualità nel programma Exit. “Responsabilità, chiarezza, capacità di governarci e di sbagliare e poi essere mandati a casa. Dire no in questo momento significa farci rimanere fermi, noi non possiamo più permetterci di rimanere fermi”.
La D’Amico fa riferimento - in caso di vittoria del “sì” - alla fine del bicameralismo paritario e della relativa navetta parlamentare delle leggi che vengono rimbalzate da una Camera all’altra prima di essere approvate (a meno che la seconda camera non dia il via libera senza modifiche).
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Alba Parietti: no
Il suo "no" al referendum costituzionale del 4 dicembre Alba Parietti l’ha esplicitato in un’intervista a Oggi e in un’altra a Il Fatto Quotidiano ribadendo sempre lo stesso concetto: “Questa riforma stravolge i valori su cui era fondata la vecchia Costituzione, i valori partigiani per cui si era battuto mio padre”. Una preoccupazione maggiorata dalla riforma del sistema elettorale: “combinata con l’Italicum rischia seriamente di mandare un uomo solo al comando del Paese: può capitarci un santo, d’accordo. Ma se ci finisce un demonio?”. Il timore è la “svolta autoritaria” denunciata dal comitato Libertà e Giustizia di cui fanno parte diversi esponenti della cultura italiana, tra cui Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista promotore del “no”.
Il riferimento è ai poteri di controllo del Premier sulla Camera, l’unica in grado di sfiduciare il governo (come avviene in tutte le democrazie parlamentari) ma non tiene conto dell’ulteriore forma di controllo sulle leggi elettorali che verrebbe introdotta secondo cui una minoranza parlamentare può chiedere alla Corte Costituzionale (dai poteri rafforzati) di verificarne la costituzionalità, né della fine dell’abuso (dei tempi moderni) dei decreti legge.
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Alex Zanardi: sì
Il campione paralimpico e conduttore tv Alex Zanardi dichiara le sue intenzioni in merito al referendum costituzionale del 4 dicembre con un tweet cogliendo l'occasione per lanciare un messaggio molto importante in un Paese come l'Italia, dove l’astensionismo è ai massimi storici e troppo spesso la bagarre politica oltrepassa i limiti: “Voterò Sì convinto, ma sono 1 di 50 milioni; perché votare è un diritto, ma rispettare chi la pensa diversamente sarebbe un dovere”.
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Sabina Guzzanti: no
Sabina Guzzanti ha esplicitato le ragioni del suo “no” al referendum costituzionale del 4 dicembre in una puntata del suo Tg Porco dove ha re-interpretato l’intervista di Lucia Annunziata al Ministro per le riforme Maria Elena Boschi. “Per la prima volta nella storia - fa dire alla Ministra che difende le ragioni del “sì” - la gente potrà rinunciare al diritto di voto o comunque rendere il voto una pura formalità, renderlo ancora più inutile di quanto non sia adesso, vi rendete conto di che occasione storica? E questo solo il popolo lo può fare di prendere una decisione così forte di annullare il potere del parlamento che elegge, per questo people have the power”. La risposta va ovviamente letta in chiave satirica.
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Natasha Stefanenko: sì
La conduttrice, attrice e modella Natasha Stefanenko ha dichiaro ad Oggi la ragione del suo “sì” al referendum costituzionale del 4 dicembre: “Voglio uno Stato più veloce nel fare leggi” anche in questo caso il riferimento è alla fine del bicameralismo paritario.
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Fiorella Mannoia: no
La cantante Fiorella Mannoia ha ribadito (dopo averla annunciata a Rds) la sua posizione in merito al referendum costituzionale del 4 dicembre in un’intervista a La Stampa: “Voto No. È una riforma macchinosa che ci buttano addosso, se ne discutono i costituzionalisti, che cosa ne posso sapere io?”. Obiezione che, però, chiama in causa i poteri ai cittadini che, in caso di vittoria del "sì", verrebbro incrementati: verrebbero introdotti i referendum propositivi (sul modello di quello che in Irlanda, per fare un esempio, ha permesso l’introduzione dei matrimoni gay), verrebbe abbassato il quorum per i quesiti referendari nel caso in cui le firme raccolte arrivino a 800mila e sarebbe previsto un diverso iter per le leggi di iniziativa popolare: sebbene la soglia sarebbe innalzata da 50mila 150mila firme, la Camera sarebbe tenuta a indicare i tempi di presa in carica della proposta, clausola che attualmente non è prevista.
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