Cinguettii (anti) social: la diffamazione in 140 caratteri

Un'indagine di "Vox" ha rivelato come il 15% dei tweet siano impregnati d'odio. Primo bersaglio: le donne, seguite dai migranti e dai gay. La città più violenta? Roma.

Il cinguettio più clamoroso (anti) social è quello di Povia, deciso a "risvegliare i ritardati". © Antonio Guillem/123RF

Altro che social: sempre di più i cinguettii condensano in 140 caratteri “parole che diventano pietre” per dirla con l’espressione usata dalla Mappa dell’Intolleranza redatta da Vox, l’osservatorio italiano sui diritti che lavora in collaborazione con gli atenei di Milano, Roma e Bari. In un studio che ha passato in rassegna oltre 2 milioni e mezzo di tweet cinguettati tra agosto 2015 e febbraio 2016, è emerso come più di 400mila abbiano espresso odio puro usando parole come “negri”; “terroni”, “puttana”, “culattoni”, tanto per capire di che cosa stiamo parlando. 

Sessista, razzista e omofobia: la rete (anti) social

Perché se è vero che less is more (il troppo storpia), in 140 caratteri l’odio si concentra in maniera più diretta e crudele e grazie ai retweet viene amplificato in un click ai quattro angoli della rete. Primo bersaglio, manco a dirlo, le donne: il 63% degli insulti era infatti dedicato al gentil sesso. 

Secondi i migranti, presi di mira dal 10,9% dei tweet e con un tempismo da destare più di una perplessità: mentre lo scorso gennaio l’ondata di profughi raggiungeva il confine ungherese, i social s’intasavano d’insulti. 

Scenario simile quando l’obiettivo esaminato sono i gay, in terza posizione. Valerio Scanu canta sul palco dell’Ariston e i nastri Arcobaleno sventolano a Sanremo 2016? Ebbene, Twitter cinguetta “froci” a tutto spiano.

A seguire la (triste) classifica degli (anti) social piazza i musulmani, apostrofati “terroristi” e “tagliagole” e poi i disabili, che gli utenti chiamano “dementi” o "ritardati” (vedi Giuseppe Povia che per promuovere il progetto di “fare un calendario” per “risvegliare i ritardati” ha rincarato la dose quand'è stato bacchettato: "No ma davvero qualcuno si è offeso per la parola ritardati? Scusate mano volevo chiamare in causa molti di voi"). Infine gli ebrei: a loro sono destinati il 2,2% dei cinguettii sprezzanti.

Capitale dell’odio? Roma, con i suoi 20.755 insulti twittati, una media di quasi 150 al giorno. Capitale del razzismo? La Lombardia, da dove sono partiti 16.393 tweet imbevuti di violenza anche se è doveroso fare una precisazione: se a Milano, Bergamo e Brescia il filo conduttore è la rabbia, a Lodi succede l’opposto, dal momento che in sei mesi non è stato lanciato nemmeno un tweet aggressivo. Premio tolleranza, quindi. Situazione preoccupante anche in Umbria, seconda alla Lombardia e, di nuovo - in Lazio, terza a proposito di razzismo. 

Che non si pensi, però, che gli haters siano al sicuro dalla legge: “Il web non è uno scudo” spiega Giuseppe Croati, avvocato di flex.it, il pool di esperti di diritto informatico. Oltre a rischiare la rimozione del post e la chiusura dell’account, “contro gli hate-speech, le campagne di odio sul web, c’è un’aggravante per la diffusivi del mezzo adoperato, per esempio la pubblica piazza di Twitter o Facebook: in sede civile c’è la richiesta di risarcimento danni (multa minima 595 euro), in sede penale sono previste pene dai 6 mesi ai 3 anni di reclusione, ma che di solito si risolvono in multe”, conclude l’avvocato. Recidivi a parte, s’intende, che, di questi tempi, rischiano di essere un popolo sempre più nutrito (d’odio). 

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