Femminismo: le battaglie delle donne (stra)ordinarie

C'è ancora bisogno del femminismo? Ora più che mai, sostengono le donne (stra)ordinarie che, lontane dal clamore, lottano per migliorare l'umanità.

Tutte le donne dovrebbero dichiararsi femministe perché la battaglia interessa ognuna di loro.


Ci vogliono le palle per essere donna: il titolo del libro di Caitlin Moran, scrittrice e giornalista inglese classe 1975, la dice lunga su quanto sia ancora lunga la strada del femminismo. Una strada popolata non solo da donne vip che reclamano diritti dai palchi dei grandi eventi (vedi Taylor Swift ai Grammy Awards) ma anche da donne (stra)ordinarie che, lontane dal clamore, spendono il loro tempo per rallentare la corsa contro il tempo delle donne ed eliminare dal mondo odiose congiure

Caitlin Moran

Il femminismo di Caitlin Moran comprende anche il lato divertente.

Il sottotitolo del suo (pluripremiato) libro recita: “Storie esilaranti di una femminista a sua insaputa”. Il perché è presto spiegato: a 13 anni Caitlin era un’adolescente cicciottella e bullizzata che si domandava che cosa bisognasse fare per diventare una donna. Una domanda che l’ha perseguitata durante gli anni della scuola (frequentata da privatista) e poi della carriera da giornalista, scalata a piedi pari, fino al Times, dove scrive sei colonne a settimana. A sua insaputa Caitlin è diventata una fuoriclasse: ha 26 anni quando sbaraglia la concorrenza e si aggiudica il premio di intervistatrice e critica dell’anno. Oggi, “quando leggo che solo il 42% delle donne britanniche si definisce femminista penso: care signore, quale parte del movimento per la liberazione delle donne non fa per voi? Il diritto di voto? Il non diventare proprietà dell’uomo che vi sposa? La lotta per un equo stipendio? La canzone Vogue di Madonna? Tutte queste cose vi danno fastidio, o eravate ubriache quando avete risposto al sondaggio?”. Tradotto: mentre le donne non si occupano del femminismo, il femminismo si occupa di loro e quindi sì, tutte le donne dovrebbero essere femministe. Tanto più che il movimento si occupa anche di “masturbazione, depilazione, micro-mutandine, l'irresistibile attrazione per il cioccolato e le borse da mille euro” e sì, “è (anche) divertente”.      

Sheryl Sandberg

Sheryl Sandberg ha fondato una community.

La numero due di Facebook (è il capo operativo), è anche una delle 100 persone più influenti al mondo secondo Time, una delle più ricche secondo Forbes e la mamma più brava del mondo secondo i suoi due figli. Da quando, nel 2013, ha dato alle stampe il suo saggio Lean In: Women, Work and the Will to Lead (Knopf) tradotto in italiano con Facciamoci avanti è anche una delle femministe più convinte e discusse. Sia come sia, il suo libro manifesto fotografa una realtà impietosa - “Trent’anni dopo che le donne sono diventate il 50% dei laureati Usa, gli uomini continuano a detenere il potere ai vertici dell’industria e della politica” - e dà la colpa alle donneche non proviamo abbastanza” perché “ci autocensuriamo e siamo insicure. Non alziamo la mano quando dovremmo”. Insomma, “Ci tiriamo indietro quando dovremmo farci avanti”. Decisa a raccogliere l’eredità di Betty Friedan, che nel 1963 pubblicò il manifesto femminista La mistica della femminilità, inaugurando la seconda ondata del movimento negli States, Sheryl ha fondato una community per spezzare il circolo vizioso grazie a donne coraggiose. Iniziativa che ha fatto alzare parecchie sopracciglia (anche femminili): “Sandberg è la ragazza pompon del femminismo” e il suo è “un progetto grandioso per mettersi in bella mostra come in un PowerPoint, lanciando la rivoluzione femminista dall’alto dei suoi stivaletti Prada” ha scritto sul New York Times la graffiante Maureen Dowd. Stivaletti griffati che, finora, l’hanno portata in alto: una possibilità la merita a prescindere. 
 

Chimamanda Ngozi Adichie

Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana autrice del saggio “Perché dovremmo essere tutti femministi”.

Io vorrei che tutti cominciassimo a sognare e progettare un mondo diverso. Un mondo più giusto. Un mondo di uomini e donne più felici e più fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli” parola di Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana pluripremiata, diventata famosa per la sua Ted Talk del 2013 dal titolo Perché dovremmo essere tutti femministi. Un intervento che ha fatto il giro del mondo, è stato campionato (in parte) per Flawless, il brano di Beyoncé, ha ispirato l’omonimo saggio dell’Einaudi e il discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite. Partendo dalla sua storia personale, la scrittrice nigeriana infiamma gli animi dando una nuova definizione di femminismo: “È una questione culturale e la cultura si cambia insieme, uomini e donne fianco a fianco”. Una battaglia possibile perché nonostante sia “arrabbiata”, Chimamanda è “speranzosa perché credo profondamente nella capacità degli esseri umani di migliorarsi".

Yasmin Choudhury

Yasmin Choudhury invita a riscoprire il Corano "femminista".

La battaglia di Yasmin Choudhury, musulmana cresciuta in una famiglia che l’ha educata secondo quello che lei ha definito “tribalismo empio”, ovvero non l’Islam “bensì un sistema di credenze culturali ortodosso e malvagio, pesantemente miscelato con misoginia, usanze e rituali”, “un insieme di credenze che continua a essere tramandato e guai a chiunque osi opporsi e a chiunque osi obiettare”. Guai che ha affrontato in prima persona quando, dopo la morte del padre avvenuta nel 2012, ha iniziato ad alzare la testa: “La mia vita personale e lavorativa è stata distrutta. Sono stata additata come puttana e sono stata minacciata”. Ecco perché ha deciso di fondare l’associazione filantropica Lovedesh che punta a riscoprire il Corano “femminista, umanitario e pacifico”. Una lettura dell’Islam di cui la società ha più bisogno ora che mai. “Il vero Islam - spiega - porta i musulmani a essere brave persone. Questo è il motivo per cui sospetto che la maggior parte dei buoni musulmani siano traumatizzati come lo sono io, per l’orribile modo in cui la nostra religione è stata infiltrata da fazioni maligne come l’Isis e da una malvagia ideologia culturale. Ma essere islamico è qualcosa di assolutamente diverso dall’essere musulmano”. Ecco perché dovremmo essere tutti femministi, perché tanto le donne, quanto gli uomini possono fare qualcosa per migliorare l'umanità.

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