Charlie Hebdo-Aylan: la vignetta lo trasforma in un molestatore

La vignetta satirica pubblicata da Charlie Hebdo a un anno dagli attacchi e a pochi giorni dalle aggressioni di Colonia, fa indignare l'opinione pubblica: "Cosa sarebbe diventato il piccolo Aylan se fosse cresciuto? Un molestatore". 

La vignetta di Charlie Hebdo che ritrae il piccolo Aylan come un molestatore è stata giudicata razzista.


Razzista, più che satirica: la vignetta di Charlie Hebdo che dipinge il piccolo Aylan Curdi in un molestatore di Colonia ha scatenato un putiferio. L’obiettivo era prendere di mira gli islamofobici, scatenati contro i profughi dopo le aggressioni di capodanno nella città tedesca, ma in pochi l’hanno colto. D’altra parte l’equivoco era prevedibile: nella vignetta disegnata da Laurent Sourisseau - alias “Riss”, l’attuale direttore delle pubblicazioni, che durante l’attacco terroristico del gennaio 2015 fu ferito a una spalla - Aylan non è il bimbo siriano morto annegato a tre anni, su una spiaggia turca, ma un uomo adulto, con le fattezze di un maiale, che corre dietro a una donna, deciso a palpeggiarla. Per chi avesse dei dubbi le parole chiariscono: "Cosa sarebbe diventato il piccolo Aylan se fosse cresciuto? Un molestatore".    

Pubblicata in occasione del primo anniversario degli attacchi alla redazione del giornale parigino, la vignetta arriva dritta alla pancia di chiunque la guardi, confonde i sensi, mescolando (pericolosamente) compassione e indignazione. Compassione per la tragedia dei profughi (soprattutto bambini) che muoiono a un passo dalla salvezza e indignazione per quei profughi che, secondo i documenti e le inchieste diffusi da Colonia, sarebbero coinvolti nelle aggressioni di capodanno in Germania. A guardarla, come cinguetta Amy Rose, “viene da vomitare”. 

E proprio su Twitter si sono riversate le condanne più feroci, arrivando a paragonare Charlie Hebdo alla rivista nazista Der Stumer, che negli anni Trenta beffeggiava gli ebrei vittima dell’Olocausto. “Non riesco a ricordare l'ultima azione di un politico che mi ha fatto visceralmente infuriare tanto quanto la vignetta di Charlie Hebdo. Non ho parole” scrive Michael Caley, riassumendo l’indignazione di chi in quel disegno, più che satira, vede speculazione: il tentativo era sottolineare quanto sia assurdo (e pericoloso) attribuire ai profughi - tutti, anche i bambini morti - le responsabilità delle molestie di qualche adulto dissennato, ma le modalità lasciano perplessi. È un fatto, però, che il putiferio scatenato da quel disegno così spietato riporta gli innocenti al loro posto, lontani dalla notte di Colonia. "Il fine giustifica i mezzi", o forse no. A voi l'ardua sentenza.

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