Hollywood, solo il 7% dei film è diretto da donne: la battaglia entra nel vivo

Il nuovo bollettino del "Center for the Study of Women in Television and Film" snocciola dati in negativo: a Hollywood le donne dirigono solo il 7% dei film, il 2% in meno rispetto al 1998.

La star di Hollywood Jennifer Lawrence ha recentemente denunciato la discriminazione verso le donne.


Che le donne arranchino anche a Hollywood è cosa nota. Che i numeri raccontino uno scenario che peggiora è notizia dell’ultimo bollettino del Center for the Study of Women in Television and Film stilato dall’Università di San Diego: dei 250 film più gettonati, solo l’11% arriva da una penna femminile, solo il 7% sono diretti da donne e solo il 23% sono prodotti da donne. Morale, rispetto al 1998 la presenza del gentil sesso nella macchina cinematografica è calata del 2%.

Il nuovo studio fa rumore perché mai, come nell’ultimo anno, Hollywood è sotto accusa per le discriminazioni di genere. Vedi la lettera recapitata all’inizio di ottobre a cinquanta registi dall’Equal Employments Opportunity Commission in cui si chiede un incontro con gli agenti per discutere la questione: in molti hanno letto il primo passo concerto verso una class action contro gli studios di Hollywood per il mancato rispetto dei termini di legge dello US Civil Rights Act del 1964 che vieta la discriminazione sul lavoro basata sul sesso, la razza, il colore, la religione e l'origine nazionale.

E vedi le denunce di Meryl Streep e Patricia Arquette e le più recenti, di Jennifer Lawrence (a cui si sono accodati con cinguettii di solidarietà anche Emma Watson e Bradley Cooper) che in un recente articolo per la newsletter di Lena Dunham, ha raccontato quanto sia difficile confrontarsi con questa (triste) realtà: "Quando ho scoperto di essere pagata meno dei miei colleghi uomini mi sono arrabbiata moltissimo. Non con la Sony, ma con me stessa - ha raccontato la protagonista di The Hunger Games -. Ho fallito nelle trattative perché mi sono arresa troppo presto”. A chi si è domandato il perché della resa, Jennifer ha risposto senza giri di parole: "Mentirei se dicessi di non essere stata influenzata dal desiderio di voler piacere. Non volevo apparire come una persona difficile o viziata”. Un approccio che ora J-Law ha tutte le intenzioni di correggere: "Non voglio cercare un modo carino di dire la mia opinione per piacere agli altri”. Della serie: se la solfa deve cambiare i primi a muoversi devono essere i diretti interessati. 

Il fatto, spiega Martha Lauzen, una delle autrici dello studio in questione, è che "se culturalmente, lo spirito di questi tempi è molto interessato a fornire pari opportunità, i numeri sono ancora deboli” e nonostante “il dialogo sulla questione sia acceso e abbia mobilitato attori del calibro di Patricia Arquette e Meryl Streep, i risultati non sono incoraggianti”

Lo scenario cambia leggermente se si prendono in considerazione i dati dei 700 migliori film a budget, dove le donne rappresentano il 13% dei registi, il 13% degli scrittori e il 27% dei produttori, il che suggerisce che i film indipendenti siano più female-friendly rispetto alle grandi produzioni. Il che, sottolinea Lauzen, non va letto (solo) come un segnale positivo. “Quando si tratta di film indipendenti, vi è la percezione che vi sia un rischio più basso: penso che ci sia un pregiudizio verso le donne che non vengono chiamate a dirigere i grandi film perché si presume che siano imprese troppo rischiose per loro. Peccato che poi ci sia un (sempre più lungo) elenco di registi maschi relativamente neofiti, con poca esperienza, messi dietro alla macchina da presa di pellicole con budget da capogiro”Insomma, se la strada per il successo a Hollywood è sempre meno lastricata, la battaglia delle donne, per le donne, entra nel vivo: il tempo delle parole è finito, è ora di puntare i piedi e passare ai fatti. 

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