Woman in Gold: arriva al cinema la Dama dorata di Klimt
Woman in Gold porta al cinema la storia del celebre quadro di Klimt che, in realtà, è un'opera trafugata dai nazisti ad una famiglia ebrea di Vienna. La trama inizia con la nipote americana, che ne chiede la restituzione.
Il dipinto di una donna dai capelli corvini, con una magnifica collana di brillanti, avvolta da sprazzi dorati. La Dama in oro, celebre quadro di Klimt e secondo per fama solo all'altrettanto illustre Bacio, è al centro di Woman in Gold, un delicato e avvincente film della Eagle Picture, che arriverà nei cinema italiani il 15 ottobre. Woman in Gold (di Simon Curtis, Usa 2015, 110') parla di una donna, l'affascinante Adele Bloch-Bauer, dipinta con indosso la sua collana preferita nel trionfante quadro di Klimt. La donna ha una nipote, la piccola Maria, che adora la zia e osserva rapita lo sfavillante monile e l'altrettanto scintillante quadro. Un quadro che rappresenta l'unione e il calore di una benestante famiglia ebrea, magnati amanti dell'arte, che riunivano in casa pittori, cantanti, musicisti, filosofi di punta della loro epoca. Una felicità fragile, distrutta dall'avvento del nazismo.
A settant'anni di distanza la piccola Maria Altmann (una stupenda Helen Mirrer), sfuggita alle persecuzioni, è una elegante e anziana americana, ironica e brillante. Complice una nuova politica annunciata dal governo di Vienna, la donna ingaggia un giovane avvocato (Randy Schoenberg, interpretato da Ryan Reynolds), idealista e neopapà, per cercare di tornare in possesso del quadro e dei molti altri beni sottratti alla sua famiglia. Anche lui ha origini ebraichee e austriache, ma poco gli importa. Finché non scopre quanto vale il quadro in questione. L'inizio è forzato, se non fosse un prodotto statunitense parrebbe quasi uno stereotipo, quello dell'avvocato utopista che pure non comprende il dramma interiore di una anziana che ha subito guerra e persecuzioni, e deve cercare su Google "Klimt" per capire che la cifra è di quelle che fanno tremare. Non bastasse, è pure dotato di una moglie (Katie Holmes) che, in pieno travaglio, tiene a bada le crisi esistenziali di un compagno immerso tra codici e arringhe mentre a lei si rompono le acque.
Dettagli a parte, sullo schermo la storia scorre delicata e avvincente, senza mai cadere nel legal thriller e soprattutto senza caricare di eccessiva angoscia i doverosi flashback sulla tragica Anschluss, l'annessione dell'Austria da parte della Germania nazista, con la seguente condanna della popolazione ebrea.
Humor e caparbietà si mischiano a innumerevoli temi, la riscoperta delle proprie origini, il dovere (e il timore) di un popolo di ammettere colpe storiche incontestabili ma contestate, il calcolo istituzionale di chi comprende che, lasciando fuggire un'opera di tale valore, si rischia di perderle tutte. Maria Altmann, con lo sguardo furbo e beffardo della Mirrer, è indimenticabile, un personaggio femminile protagonista e sfaccettato.Nulla, attenzione, è inventato: quella della Dama in oro è una storia vera, che ha aperto la strada ad una discussione internazionale sul tema della restituzione ai legittimi discendenti di svariate opere d'arte sottratte dal regime nazista ai proprietari ebrei, perseguitati e deportati. Da una parte, quindi, nipoti e avi che chiedono di riavere i beni delle loro famiglie, dall'altra governi che, a settant'anni di distanza, vedono messi in discussione la proprietà delle opere più significative dei loro Paesi.
La vicenda si è in realtà conclusa. Quindi, prima di andare al cinema, googolare "Dama in oro" è assolutamente vietato. Ne varrà la pena.
Copyright foto: Ufficio Stampa Eagle Pictures