India: due giovani sorelle "intoccabili" condannate allo stupro

Amnesty International ha lanciato una petizione per salvare due sorelle indiane condannate dai saggi del villaggio dell’Uttar Pradesh a essere stuprate e mostrate nude in pubblico.

Le due sorelle indiane condannate allo stupro sono fuggite dal villaggio e hanno chiesto aiuto a una Ong.


Due sorelle indiane sono state condannate allo stupro. Hanno 23 e 15 anni, sono due dalit - intoccabili -, la loro colpa è essere le sorelle di Ravi Kumar, un 25enne fuggito con la sua amata, una donna sposata di una casta superiore. Succede nel villaggio di Sankrot, a 45 chilometri da New Delhi, dove le sentenze del Khap Panchayat, il Consiglio tribale, anche se non hanno valore giuridico, ce l'hanno per gli abitanti. Risultato: Meenakshi Kumari e sua sorella sono scappate e ora vivono nascoste, nel terrore di quello che le aspetta.

Non riesco a dormire, sono molto spaventata - ha raccontato al Daily Mail Meenakshi Kumari, ora protetta dalla ong che le ha accolte -. Come faremo mai a tornare a casa o al nostro villaggio? Se mai ritorneremo ci faranno del male o ci violenteranno, magari non subito ma nel futuro di certo”. Perché i Jat, la casta superiore a cui appartiene la donna “non dimentica e non lasceranno passare l’umiliazione. Loro vogliono vendetta. Eppure amare qualcuno non è un male”.  

Le tradizioni si sa, sono dure a morire e anche se più volte, in passato, sia il Parlamento sia diversi tribunali indiani hanno precisato che le sentenze dei Panchayat non devono essere applicate, ma chi nei villaggi ci abita la pensa diversamente e si adegua al volere dei cinque saggi che stabiliscono che cosa sia lecito e cosa no. 

Tanto che perfino Sumit Kumar, il 28 fratello maggiore della famiglia, un agente di polizia a Delhi, quando ha scoperto la relazione tra Ravi e la 21 enne Krishna lo ha avvertito senza mezzi termini: “Gli ho detto che la relazione non avrebbe mai potuto funzionare. Siamo intoccabili e come tali veniamo trattati, siamo inferiori. Ma lui non mi ha ascoltato e ora noi stiamo pagando per questo”. 

Ravi e Krishna si sono conosciuti due anni fa, quando la giovane si unì alle lezioni di informatica che lui teneva per i bambini di Khekada, nell’Uttar Pradesh. La scintilla scattò all’istante, i due si scambiarono il numero di telefono e iniziarono a frequentarsi da amanti clandestini. L’idillio finì quando Naik Dharampal Singh, il 52enne padre di Ravi, scoprì la storia e ordinò alla coppia di interromperla immediatamente. Dal canto loro, i genitori di lei, trovarono uno sposo e a febbraio la costrinsero alle nozze. Un mese dopo il matrimonio, però, i due amanti fuggono, scaricando il peso della loro scelta sulle spalle della famiglia di lui. Per la precisione sui corpi delle due giovanissime sorelle.

Nella vicenda è intervenuta anche Amnesty International con una petizione che ha già superato le 26 mila firme e chiede alla Corte Suprema di fermare la condanna del Panchayat: “nulla - scrive Amnesty - può giustificare questa ripugnante punizione. Non è imparziale. Non è giusto. Ed è contro la legge”. A questo punto la decisione spetta al governo dell’Uttar Pradesh, incaricato dai giudici di trovare una soluzione.

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