È morto Oliver Sacks, il neurologo che ha svelato quant'è bizzarra la mente
L'autore di Risvegli, il neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks è morto a New York. Nei suoi libri, i segreti e il fascino della mente umana, ma soprattutto le sue stranezze.
La notizia della morte del grande neurologo e scrittore Oliver Sacks, mancato a New York all'età di 82 anni, arriva dal New York Times. Lo stesso giornale al quale l'autore di Risvegli (libro dal quale fu tratto il celebre film con Robert De Niro e Robin Williams, dedicato ai suoi pazienti con encefalite letargica) e del curioso L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, aveva dichiarato la sua malattia: cancro al fegato con metastasi multiple. "La fortuna mi ha abbandonato. Ora spetta a me decidere come vivere i mesi che mi restano. Devo vivere nel modo più ricco, profondo e produttivo che posso", aveva scritto sulle colonne del quotidiano, nel febbraio del 2015.
Da ragazzo voleva fare il ricercatore ma rompeva sempre i macchinari ("Sacks, sei una minaccia. Esci. Vai a vedere i pazienti. Loro sono meno importarti", gli dicevano), ed è proprio nella relazione con i malati che il neurolgo ha dato il meglio di sé. Da medico a scrittore, il passo è stato breve. A Sacks dobbiamo i racconti che hanno avvicinato il pubblico al tema della malattia mentale, riuscendo a spiegare in modo semplice i misteri di queste patologie. Il libro che l'ha reso famoso, Risvegli, parla dei pazienti affetti da encefalite letargica, considerati esseri quasi congelati, che lui trattò in maniera innovativa, arrivando in qualche caso ad una parziale ripresa di coscienza e all'interazione. Ma era il 1966 e da allora avrebbe scritto ed esposto al mondo tanti temi, che hanno ridotto (un poco) il timore nei confronti di qualsiasi realizzazione, digressione, complessità della mente: autismo, cecità, sindromi traumatiche, arti fantasma. E infine, la musica, sua grande passione e, ripeteva, grande medicina per la mente.
Nel 1989, durante un'intervista, gli chiesero come avrebbe voluto essere ricordato dopo 100 anni: "Vorrei che si pensasse che ascoltavo con attenzione quello che i pazienti e che le persone mi dicevano. Che cercavo di immaginare come fossero le cose per loro, e che provavo a trasmettere questo".
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