Paura scabbia a Milano: "Nessun pericolo"

Il ministero della Salute, allertato da alcuni casi di scabbia scoperti durante l'emergenza profughi a Milano, rassicura. Si tratta di una malattia banale e non c'è alcun pericolo per la popolazione.

Il ministero della Salute ridimensiona la psicosi: nessun pericolo reale di una epidemia di scabbia a Milano.


Il ministero della Salute ridimensiona la psicosi: nessun pericolo reale, per la scabbia. In queste ore Milano, che fino a qualche giorno fa era al centro delle discussioni internazionali solo per Expo 2015, si trova a dover gestire centinaia di migranti e asilanti, arrivati con gli ultimi sbarchi. Il capoluogo lombardo è infatti una delle principali stazioni ferroviarie per i flussi che sono, di per sé, diretti al di fuori dei confini nazionali.

Andando con ordine, dopo un primo allarme malaria, qualche giorno fa, al presidio di accoglienza milanese sono stati individuati alcune decine di casi di scabbia. Subito, una parte della popolazione e della compagine politica hanno sollevato il caso della sicurezza sanitaria, cui il ministero della Salute ha risposto con una dichiarazione ufficiale, appena diramata: "Nel 2015 i casi di scabbia rilevati dai medici di confine negli sbarchi degli immigrati, sono circa il 10%: 4.700 casi di scabbia su 46 mila individui in arrivo nei porti italiani",  ha detto il direttore generale del ministero, Ranieri Guerra, per fare chiarezza su numeri ed entità del problema. Precisando poi che "non si tratta di un'epidemia, ma di una patologia dermatologica banale per la quale esiste una terapia a basso costo".  Per capire di cosa parliamo, una informativa delle Unità operative di dermatologia di Trento e Rovereto, disponibile online, spiega che la scabbia è causata da un acaro della cute, il Sarcoptes Scabiei, appartenente alla famiglia degli aracnidi, come le zecche e i ragni. Si trasmette per contatto cutaneo diretto e si manifesta con eruzioni cutanee pruriginose, che danno fastidio soprattutto di notte. Per il trattamento, si usano delle creme e dei lavaggi frequenti.

Vero è che, psicosi o no, alla Stazione Centrale di Milano la situazione è tranquilla e i migranti sono stati spostati nelle piccole strutture un tempo sede di alcuni negozi. Presenti, oltre ai volontari, anche qualche medico per i primi accertamenti, e forze di polizia. Di persone in attesa, per la verità, se ne contano relativamente poche, soprattutto uomini e giovani, segno che donne e bambini, come annunciato nei giorni scorsi, erano state già spostate in altri luoghi di accoglienza. Al di là dei timori che rimbalzavano in rete, numerosi cittadini, si sono riversati spontaneamente nelle zone perimetrate, offrendo vestiti e generi di prima necessità. Una risposta emotiva e genuina, tanto che le associazioni chiedono, tramite il comune, di portare il necessario (pannolini, abbigliamento e materiale per bambini) direttamente nei centri di prima accoglienza, evitando i vestiti perché, a quanto pare, la generosità è già andata oltre la reale necessità

Lo stallo milanese dipende anche dal blocco di alcuni confini. La libera circolazione all'interno dell'Unione Europea è infatti garantita dai famosi accordi di Schengen (il cui anniversario cadeva malauguratamente domenica 14 giugno) ma per evitare il rischio di spostamento di manifestanti e contestatori in Germania, in occasione dell'ultimo G7, l'accordo è stato sospeso fino alla giornata di lunedì 15, fermando così una delle principali direttive di chi, a Milano, è solo in transito. La Francia ha, invece, ha bloccato diversi migranti a Ventimiglia, scatendando quella che, considerando il (solitamente) delicato linguaggio diplomatico, si potrebbe considerare una rissa internazionale.

Le motivazioni della situazione sono abbastanza semplici. Il cosiddetto regolamento di Dublino prevede che il Paese di primo ingresso degli immigrati sia quello che decide della possibilità dell'asilo politico. Da una parte, ovviamente, un asilante che ha parenti in un altro Paese o vuole fare richiesta di asilo altrove, cerca di non essere identificato in Italia. Dall'altra, le nazioni che ricevono asilanti che sono passati dall'Italia, cercano di rimandarli indietro, appellandosi proprio a questi accordi. Ma data la posizione centrale della penisola, in molti dal nostro Paese chiedono una revisione di un regolamento che, di fatto, crea una distribuzione iniqua (e poco umanitaria) del problema.

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