Palmyra: la "sposa del deserto" potrebbe essere la prossima vittima dell'Isis

Palmyra: la sposa del deserto siriano, vecchia quattro mila anni, rischia di essere distrutta dai miliziani dell'Isis, a due chilometri dal sito archeologico Patrimonio Mondiale dell'Unesco. 

Palmyra, la sposa del deserto che 2mila anni fa riforniva carovanieri e viaggiatori, rischia di essere sgretolata dai miliziani dell'Isis.


La prossima vittima dell’Isis potrebbe essere la "sposa del deserto", Palmyra, la città spalmata su cinquanta ettari di sabbia siriana che ha attraversato quattro millenni d’intemperie. I miliziani sono a due chilometri e hanno tutte le intenzioni di distruggerla. Con le sue rovine ridotte in polvere l’umanità perderebbe un patrimonio mondiale dell’Unesco, quell’oasi che nel II millennio a.Cgli assiri chiamavano col nome di Tadmor e la Bibbia descrive come una città del deserto fortificata da Salomone. Una città che venne dimenticata per mille anni per poi rifiorire così tanto da sviluppare un dialetto e un alfabeto tutto suo. Quella sposa che venne annessa all’Impero romano e che duemila anni fa riforniva i carovanieri e viaggiatori che si avventuravano lungo la Via della Seta. Quella meraviglia di cardi e decumani, tempi e bassorilievi che prima della guerra in Siria incantava i turisti di tutto il mondo. 

Allo Stato Islamico tutto ciò che interessa è la sua posizione strategica affacciata a Est, i campi di gas naturale e petrolio che ci sono lì attorno, le scorte di materiale bellico che sono nascoste e l’impatto morale che la sua distruzione potrebbe avere sul regime, al momento impegnato sul fronte Ovest e provato da alcune sconfitte che, però, non ne hanno rallentato l’avanzata. 

A 240 chilometri da Damasco, Palmyra rischia di fare la fine del sito archeologico iracheno di Nimrud, vecchio di tremila anni distrutto a colpi di kalashnikov, e di quello assiro di Hatra, anch’esso patrimonio dell’Unesco dove dei manufatti del II-III secolo a.C. non restano che briciole. Per non parlare di Mosul, roccaforte dell’autoproclamato Califfato dove asce e picconi hanno sepolto le statue del museo e le fiamme incenerito i libri antichi della biblioteca.    

I combattenti non vogliono solo spezzare vite umane - le ultime vittime, nei pressi di Al- Sujna e Al-Ameriya, sono 26 “collaboratori del regime” siriano, 10 delle quali sarebbero state decapitate - ma anche i loro simboli secondo l’interpretazione estremista del Corano che spinge i jihadisti ad annientare tutto ciò che risale all’epoca pre-islamica o è riconducibile ad altre fedi, credenze o ad altre sette dell’Islam. Un’interpretazione distorta della religione di Maometto tanto da stravolgerne il significato etimologico - pace, sia in arabo, sia in ebraico - a “religione di guerra” come avrebbe affermato il fondatore del Califfato, Abu Bakr al Baghdadi, nel nuovo audio pubblicato dove invita i suoi combattenti alla cautela e lancia nuove minacce e ai “crociati” e agli ebrei.  

Palmyra è minacciata”, ha lanciato l’allarme Rami Abdel Rahmane, il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Tanto più che, “dopo che l’Isis ha preso il controllo di tutte le postazioni dell’esercito (siriano, ndr) tra al-Soukhna e Palmyra” circa 1.800 famiglie hanno cercato rifugio dalla sposa del deserto. Una sposa che quattromila anni dopo la sua nascita, rischia di essere la prossima vittima dell'Isis. 

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