Se a curar l'insonnia ci si ammala d'Alzheimer

Secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal, le benzodiazepine per combattere l'insonnia aumenterebbero il rischio di Alzheimer. 

Secondo lo studio pubblicato sul British Medical Journal il rischio di sviluppare l'Alzheimer aumenterebbe del 43-51%.


Quella degli insonni è una città popolata da dodici milioni di italiani che ogni notte contano le pecore senza mai perdere il numero, finché, sfiancati, invece di chiamare il medico, optano per il fai da te: benzodiazepine in primis. E cadono dalla padella nella brace. Alle casse dello Stato costano 18 miliardi l’anno (l’1% del famigerato PIL), alla salute molto di più: secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal aumenterebbero il rischio di ammalarsi di Alzheimer. ''Abbiamo scoperto che il rischio aumenta del 43-51% in persone (over-65enni) che hanno iniziato un trattamento con benzodiazepine in passato (più di 5 anni prima della diagnosi)" hanno dichiarato i ricercatori diretti da Sophie Billioti de Gage dell'Unità di Farmacoepidemiologia dell'Inserm presso l'Università di Bordeaux.

Il condizionale è d'obbligo, commenta il neurologo Antonio Federico, Direttore del Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Comportamento dell'Università degli studi di Siena: "per stabilire con certezza che vi sia una relazione di causa-effetto servono ulteriori conferme sia attraverso studi su animali, sia su casistiche di pazienti di lunga osservazione (20-30 anni)". Cauto è anche il professor Paolo Maria Rossini, direttore dell'Istituto di Neurologia del Policlinico A. Gemelli di Roma che afferma: "in realtà in letteratura si trovano anche contributi sul finire degli anni '90 che testimoniano esattamente l'opposto e cioè che l'uso di benzodiazepine sarebbe protettivo verso l'Alzheimer. Restano molti punti interrogativi''. Per esempio potrebbe essere che l'ansia e l'insonnia siano i primi segni di una demenza senile incipiente.

Certo è che "il farmaco ideale, quello che rispetta i ritmi del sonno, non esiste. Corregge un problema e spesso ne crea un altro" commenta Roberto Fantozzi, Ordinario alla facoltà di Farmacologia di Torino. "Ecco perché – continua Fantozzi - da insonne cronico ho imparato ad assecondare i miei ritmi senza consumare le boccette che assumevo da giovane". Roberto Mutani, che dieci anni fa insieme ad Alessandro Cicolin ha fondato il Centro Multidisciplinare per i Disturbi del Sonno a Torino, scende nel dettaglio: "i farmaci aumentano la quantità di ore dormite, però alterano l’architettura del sonno accorciando la fase “non-rem lento", quella più ristoratrice. Così, al beneficio iniziale, segue il rischio che la situazione si cronicizzi e infine peggiori. Le conseguenze arrivano di giorno: si può arrivare anche a incidenti stradali o sul lavoro".

Anche perché l’organismo si abitua ai farmaci e alla fine non beneficia nemmeno più degli effetti: "Si rischia una vera e propria dipendenza con tanto di crisi d’astinenza – chiarisce Michele Sforza, psichiatra, psicanalista e direttore del Servizio multidisciplinare di alcologia e dipendenze della Clinica Le Betulle, in provincia di Como –. La carenza da sonniferi è più pericolosa di quella da eroina  perché inattesa e subdola. Si manifesta con stati d’ansia, tachicardia, dolori muscolari, difficoltà a respirare e incubi notturni. Può sfociare in gravi intossicazioni o crisi epilettiche". Che, l’autore della cura fai-da te, il più delle volte non collega alla pastiglietta della sera.

A mettere tutti d’accordo sui sonniferi è il metodo: sono farmaci e la ricetta di un medico specialista fa la differenza tra uso ed abuso. Anche perché d’insonnia – e di medicinale - non ce n’è una sola: "La carenza di sonno, in qualche misura, fa parte del nostro modo di vivere – chiarisce Roberto Mutani - Si calcola che nel XX secolo il tempo del riposo si sia ridotto del 20%. Per prima cosa bisogna individuare il tipo di disturbo per poter prescrivere la terapia giusta". D’altronde, quasi la metà della popolazione, almeno una volta nella vita ha conosciuto periodi d’insonnia "ma solo nel 10-20% dei casi il problema diventa cronico. E anche qui i farmaci non sempre sono la soluzione migliore". 

Copyright foto: Istock

Potrebbe anche interessarti
Il documento intitolato « Se a curar l'insonnia ci si ammala d'Alzheimer » dal sito Magazine delle donne (magazinedelledonne.it) è reso disponibile sotto i termini della licenza Creative Commons. È possibile copiare, modificare delle copie di questa pagina, nelle condizioni previste dalla licenza, finché questa nota appaia chiaramente.