Giornalista uccisa: il racconto del figlio, Matthew Caruana Galizia
Matthew, primogenito di Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese uccisa da una bomba, ha raccontato su Facebook i dettagli di "una guerra". Dove ci sono anche poliziotti che gioiscono.
Daphne Caruana Galizia aveva 53 anni, era una giornalista di quelle brave, senza paura di raschiare nel marcio del suo Paese, Malta. Senza paura di denunciarne la corruzione, di firmare gli scoop sul narcotraffico nel Mediterraneo. Spesso zittita dalle autorità, lei andava dritta per la sua strada, postando le inchieste sul suo blog. L’ultimo aggiornamento l’ha fatto alle 2.35 del 16 ottobre, una manciata di minuti prima di saltare in aria a bordo della sua Peugeot 108, a pochi metri da casa sua, a Bidnija, dove Daphne era anche la moglie di Paul e la madre di tre figli, Matthew Mark John, Andrew Michael Louis e Paul Anthony Edward. È stato Matthew, il primogenito, il primo a sentire il boato, a correre nei prati. A trovarla.
E lui, che aveva seguito le orme della madre, diventando a sua volta un grande giornalista, uno da premio Pulitzer (per aver raccontato lo scandalo dei Panama Papers, di cui la madre aveva seguito il filone maltese), non ha avuto remore nel raccontare tutto ciò che ha visto per denunciare i veri colpevoli. "Non dimenticherò mai quella corsa nei campi divenuti un inferno - ha scritto in un lungo post su Facebook - cercavo un modo per aprire la portiera dell'auto, il clacson che suonava... Urlavo ai due poliziotti di usare l'unico estintore che tenevano in mano. Ho guardato a terra, c'erano pezzi del corpo di mia madre dappertutto. Ho capito che avevano ragione, non c'era più niente da fare. 'Chi c'è in macchina?', mi hanno chiesto. Mia madre, ho risposto. È morta. È morta per la vostra incompetenza".
Appena 15 giorni fa Daphne aveva denunciato alla polizia di aver ricevuto minacce di morte. Matthew si scusa “per essere così esplicito, ma questa è una guerra, e dovete sapere. Questo non è stato un omicidio ordinario e nemmeno una tragedia. Una tragedia è quando qualcuno viene investito da un autobus. Ma quando c'è sangue e fuoco intorno a te, questa è la guerra. Siamo un popolo in guerra contro lo stato e la criminalità organizzata, che sono diventati indistinguibili”. A riprova, poche ore dopo l’esplosione, la famiglia ha chiesto di sostituire Consuelo Scerri Herrera, la magistrata designata delle indagini perché "titolare di procedimenti giudiziari intentati contro la giornalista a causa dei suoi articoli".
“Mia madre - scrive ancora Matthew su Facebook - è stata assassinata perché si è trovata in mezzo tra la legge e coloro che cercano di violarla, come molti altri giornalisti coraggiosi. Ma è stata colpita anche perché era l'unica a farlo. Ecco cosa accade quando le istituzioni dello Stato sono incapaci: l'ultima persona che rimane in piedi spesso è un giornalista. E quindi è la prima persona che deve morire".
Tra l’ipocrisia delle autorità e il giubilo (sì, il vergognoso giubilo) di alcuni che, invece, dovrebbero lottare per la giustizia: "Poche ore dopo, mentre quel clown di primo ministro stava facendo dichiarazioni al Parlamento su una giornalista che per più di dieci anni ha demonizzato e aggredito - continua Matthew - uno dei sergenti di polizia che dovrebbe investigare sull'omicidio, Ramon Mifsud, ha postato questo su Facebook: ‘Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento :)’. Sì, ecco il nostro Paese: uno Stato di mafia dove puoi cambiare sesso sulla tua carta di identità (grazie a Dio) ma puoi anche saltare in aria solo perché eserciti i tuoi diritti basilari. Come ci siamo arrivati?”.
Una domanda la cui risposta arriverà chissà quando, dal momento che, conclude l’orfano prima di chiamare per nome i responsabili, “se le istituzioni stessero già lavorando, non ci sarebbe nessun assassinio su cui indagare e i miei fratelli ed io avremmo ancora una madre”.