Sheila Abdus-Salaam: morta la prima musulmana e afroamericana giudice

Il cadavere di Sheila Abdus-Salaam, la prima donna, musulmana, di origini afroamericane diventata giudice negli Usa è stato ritrovato nel fiume Hudson, a New York. Si pensa a un suicidio.

Sheila Abdus-Salaam, 65 anni, era sposata a un reverendo della Diocesi Episcopale di Newark. © YouTube

La morte di Sheila Abdus-Salaam è destinata a far notizia. Di sicuro finirà nei libri di storia perché Sheila Abdus-Salaam è stata la prima donna, afroamericana e di religione musulmana a diventare giudice negli Stati Uniti. Il 12 aprile, poco dopo l’ora di pranzo, la polizia ho trovato il suo cadavere che galleggiava nel fiume Hudson, a New York: era vestita, non presentava segni di violenza tanto che le prime ipotesi fanno pensare a un suicidio.

Nell’attesa che la giustizia faccia chiarezza - in molti dubitano che si sia tolta la vita -, la sua morte diventa l’occasione per scandagliare la sua vita. Nata e cresciuta a Washington D.C. da una famiglia povera, numerosa - tra fratelli e sorelle erano in 7 - e di origini afroamericane che - come ha lei stessa scoperto - discendono da ex schiavi in Virginia, Sheila si chiamava Turner di cognome. Abdus-Salaam appartiene al suo primo marito ma dal momento che quando il matrimonio naufragò la sua carriera era già iniziata, preferì mantenerlo.

Il suo secondo marito, James Hatcher, era il figlio di quel Andrew Hatcher che lavorò come ufficio stampa per John F. Kennedy mentre il suo attuale marito, sposato nel giugno del 2016, l’uomo a cui è toccato identificare il cadavere, era Gregory A. Jacobs, reverendo della Diocesi Episcopale di Newark. Erano una coppia felice, assicurano i vicini di casa, nonostante (o forse proprio perché) non vivessero sotto lo stesso tetto.

Determinata, intelligente, seria ma anche curiosa e spiritosa, dopo la laurea in legge alla Columbia University nel 1977, ha iniziato a lavorare a Brooklyn difendendo chi non poteva permettersi assistenza legale e poi come assistente del procuratore generale occupandosi di diritti civili. “Credeva fermamente nella parità di diritti e nella parità di accesso alla giustizia”, ha dichiarato nel ricordarla Seymour W. James Jr, che la incrociò negli anni Ottanta.

Commosso anche Andrew Cuomo, il governatore dello Stato di New York che nel 2013 la nominò tra i giudici della corte d'appello di New York: “Ero orgoglioso di nominarla per la più alta corte dello Stato e sono profondamente addolorato ora, per la sua scomparsa”. Perché lei che “è stata una pioniera”, sempre “alla ricerca della soluzione più equa e più giusta per tutti”, grazie “alla sua saggezza e alla sua incrollabile bussola morale, era un punto di riferimento per tutti e la sua eredità si farà sentire negli anni a venire”.

Un assaggio? La sua consapevolezza e determinazione: “Quanta strada da Arrington, in Virginia, dove la mia famiglia era di proprietà di qualcun altro, fino a qui, alla più alta corte dello Stato di New York: tutto ciò è significativa di quanto sia importante sapere chi siamo e cosa possiamo fare”. Ecco perché in molti non riescono a credere che una donna così possa essersi suicidata.

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