Legge sull’aborto: tweet bombing al motto di #Obiettiamo La Sanzione

Per difendere la legge sull'aborto e contestare le sanzioni fino a 15mila euro alle donne che si affidano ad operazioni clandestine è ripartito il tweetbombing all'hashtag  #ObiettiamoLaSanzione.

Il tweetbombing per difendere la corretta applicazione della legge sull'aborto è stato lanciato da Anarkikka ed è diventato virale.


Nulla è cambiato: la legge sull'aborto continua a essere bistrattata e il tweet bombing all'hashtag e #ObiettiamoLaSanzione riparte in massa. Succederà l'8 marzo, dalle 12 alle 14, al motto di "A @matteorenzi responsabile Pari Opportunità: L’OTTO PER LE DONNE. E TU? #‎ObiettiamoLaSanzione". D'altra parte, se l'iniziativa del 22 febbraio ha sollevato un polverone, in sostanza non è successo nulla: vana l’interrogazione in commissione Giustizia, vane le due proposte di legge per far rispettare la legge sull'aborto (una di Possibile e una di Sel) e vana la lettera che le attiviste promotrici dell’appello hanno inviato all’Intergruppo parlamentare per le donne, presieduto dalla presidente della Camera, Laura BoldriniPerciò, si riparte. 

Il tweetbombing che difende le donne bistrattate dalla legge sull’aborto era partito il 22 febbraio quando Twitter si è riempito di cinguettii tutti uguali, tutti rivolti al governo: “#ObiettiamoLaSanzione No all'aggravio delle sanzioni per l'aborto clandestino @matteorenzi @bealorenzin”. Una protesta lanciata dal blog dell'attivista Anarkikka e rimbalzata sulla bacheca di centinaia di voci che contano: da quella di Loredana Lipperini a quella di Lorella Zanardo, autrice de Il corpo delle donne, passando per la Casa Internazionale delle Donne di Roma, Se Non Ora Quando Napoli, Libere tutte di Firenze, D.i.Re Donne in Rete contro la violenza e via così. 

Al centro della protesta c’è l'annoso problema dell'obiezione di coscienza, il decreto approvato lo scorso 15 gennaio, passato (abbastanza) sotto silenzio, e la rabbia scatenata da un articolo apparso la scorsa settimana sul New York Times. È il 10 dicembre 2015 quando l'associazione Amica (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto) ha inviato una lettera aperta alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin chiedendo che l'aborto farmacologico possa svolgersi in regime di day hospital, piuttosto che con ricovero ordinario così da poter investire il denaro risparmiato nel potenziamento dei consultori e in campagne di prevenzione dell'aborto. 

Legge sull'aborto: multe fino a 15mila euro

La risposta del Governo arriva il 15 gennaio con un calderone di depenalizzazioni entrate in vigore lo scorso 6 febbraio, tra cui anche l’aborto clandestino, “per il quale le donne verranno punite con una sanzione amministrativa compresa tra i 5mila e i 10mila euro, mentre il reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza viene cancellato”. Peccato che secondo quanto stabilito dall’articolo 19 della legge 194 sull’aborto, la multa per le donne sottoposte ad aborti clandestini fosse più che altro una cifra simbolica, appena 51 euro, così da spingere le donne ad andare in ospedale in caso di complicazioni e a non avere paura di denunciare chi aveva praticato l’operazione al di fuori dalle strutture pubbliche. Prospettive che ora le donne valuteranno con cautela, rinunciando a farsi curare e a denunciare chi viola la legge. Insomma, due mali al prezzo di uno. 

Legge sull'aborto: le obiezioni di coscienza

A complicare lo scenario, ci sono poi i dati degli obiettori di coscienza, annoso problema in Italia riportato all’onor della cronaca da un’inchiesta del New York Times che ha tratteggiato uno scenario allarmante: la media nazionale dell'obiezione coinvolge il 70% del personale, con punte fino all'82% in Campania, del 90% in Basilicata, del 93,3% in Molise e del 69% in Lombardia. E ancora: nel 40% dei reparti di ginecologia e ostetricia italiani il servizio viene erogato a spizzichi (obiezione di struttura). Risultato: il turismo abortivo e gli aborti clandestini che credevamo mali del passato, sono tornati di (triste) moda. Una situazione allarmante, denunciata anche dal Consiglio d'Europa che, in merito all’alto numero degli obiettori di coscienza, non ha esitato a dire che "viola i diritti delle donne che alle condizioni prescritte dalla 194 del 1978 intendono interrompere la gravidanza".

Legge sull'aborto: #ObiettiamoLaSanzione

Sia come sia, mentre il Parlamento tace, a portare avanti la battaglia per i diritti delle donne che vogliono poter godere appieno della legge sull’aborto, c’è il popolo della rete che chiama in causa per nome e per cognome il Premier e il Ministro Lorenzin. Il vero fulcro della discussione, lamentano gli aderenti alla protesta, dovrebbe concentrarsi su come incrementare l’educazione alla contraccezione e su come assicurare un servizio di IVG certo ed efficiente a fronte del diritto all’obiezione di coscienza. Una questione delicata, senza dubbio, ma di certo colpire economicamente le donne non è la soluzione. 

Pertanto “il nostro auspicio - scrive Anarkikka - è che si apra al più presto un dibattito istituzionale che porti lo Stato a farsi garante del diritto ad un aborto libero, gratuito e sicuro, per consentire alle donne la scelta di diventare madri liberamente e consapevolmente. Chiediamo allo Stato risposte adeguate contro gli aborti clandestini e non aumenti di sanzioni economiche, e quindi rivendichiamo la concreta applicazione della 194, nata per salvaguardare la salute delle donne ma ad oggi svuotata di reali tutele a causa dell’obiezione di coscienza”. Nell’attesa siete tutti avvisati: prossimo tweetbombing dalle 19 alle 21.

Copyright foto: Twitter@Anarkikka 
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