A mare si gioca, canta Nino Frassica e l'Italia si commuove

A mare si gioca: la poesia di Tony Canto interpretata da Nino Frassica a Sanremo snocciola in musica il dramma dei migranti morti nel Mediterraneo e ricorda il piccolo Aylan, 3 anni, naufragato sulla spiaggia di Bodrum.  

A mare si gioca: Nino Frassica ha svestito i panni del comico e ha intonato un dramma in versi.


A mare si gioca, lo sanno tutti. Nino Frassica sveste i panni del comico e intona una favola triste, in versi, che arriva come un pugno nello stomaco. Al pubblico dell’Ariston di Sanremo e agli italiani seduti sul divano. Perché anche se non sai che cosa dirà il verso dopo, sai che qualcosa ti spiazzerà. “Si possono fare i castelli di sabbia - cadenza Frassica - si può stare sotto l’ombrellone a fare le parole crociate, si può giocare con le racchette e la pallina, si possono fare volare gli aquiloni, e si può scrivere il proprio nome sulla sabbia. A mare si gioca”.

A mettere in fila le parole apposta per Nino Frassica è stato il poeta e arrangiatore musicale Tony Canto, “mio conterraneo”. Nino si aspettava “una cosa ironica, da ridere”. E invece. Invece si è ritrovato tra le mani una poesia amara che “chiama in causa l’uomo, Nino, non il comico, il cabarettista”. Nino ci ha pensato su, perché era “una cosa seria, non so se sono in grado”. Alla fine ha capito che non solo era in grado ma che doveva farlo, mettersi in gioco fino in fondo perché di fronte alla tragedia che si sta consumando sotto i nostri occhi, “sulle rive della mia terra, noi non stiamo facendo abbastanza: siamo sempre in tv ma non stiamo facendo abbastanza”. 

E così Nino canta che A mare si gioca. Canta che “si può giocare al gioco dello scafo, si sale tutti su un gommone, fino a riempirlo all’inverosimile, quando quello che porta il gommone, che comanda, dice di buttarsi tutti a mare, ci si butta a mare, è un gioco”. Un gioco che, solo nel 2015, ha ucciso 3.771 persone. Uomini, donne e bambini che fuggendo da guerre, fame e povertà, sono annegati nel Mediterraneo. Un gioco che in un solo barcone, nel 2013, ha ucciso 366 persone: “Una volta mentre giravamo abbiamo visto 366 delfini impigliati nelle reti - intona Frassica -, forse per fame, forse perché c’era una guerra sottomarina tra pesci, noi li abbiamo liberati tutti dalle reti e li abbiamo visti nuotare velocissimi, saltare fuori dall’acqua e inseguirsi… giocavano!

A mare si gioca, dice il ritornello di Frassica che scende dalle orecchie al cuore, poi nella pancia e inizia a far male. Anche a chi non segue la cronaca, anche a chi pensa che i migranti andrebbero rispediti a casa. Perché dopo Frassica dice così: “Ci sono bambini che giocano a stare immobili con la faccia in acqua, senza respirare, perché tanto lo sanno, che sta per arrivare la mano forte del papà, che li prenderà e li farà giocare”. Quel bambino si chiamava Aylan Curdi, era siriano. Aveva tre anni quando l’hanno ritrovato immobile, a faccia in giù, sulla spiaggia di Bodrum. Non stava giocando, era morto e suo padre l’ha sollevato per seppellirlo. A mare si gioca. A mare si dovrebbe giocare.

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