Usa: 11enne uccide la vicina di 8 anni con la pistola del padre
Un 11enne ha puntato la pistola del padre contro una bambina di 8 anni e ha premuto il grilletto, freddandola. Mentre negli Usa la lista dei morti per le armi da fuoco si allunga, lui è stato arrestato e accusato di omicidio di primo grado.
Un’altra sparatoria negli Stati Uniti, un’altra vittima innocente, ancora colpa delle armi da fuoco che finiscono nelle mani sbagliate. Questa volta in quelle di un ragazzino di appena 11 anni che ha sparato alla vicina di casa, una bambina di 8 anni, uccidendola. La notizia ha squarciato la prima domenica di ottobre di White Pine, una piccola cittadina nell'est del Tennessee, a due giorni dalla strage all'Umpqua Community College dell'Oregon dove Chris Harper Mercer, un 26enne si è presentato armato fino ai denti - tredici pistole, un fucile d'assalto ed un giubbotto antiproiettile - e ha fatto 9 morti e 9 feriti.
Come siano andate le cose, questa volta, è ancora da capire bene. Secondo le prime ricostruzioni che citano lo sceriffo della contea di Jefferson, G.W. Budd, pare che il ragazzino abbia preso la pistola del padre, l’abbia puntata fuori dalla finestra di casa sua, verso la piccola McKayla Dyer, e abbia premuto il grilletto. Un colpo fatale, al torace, che l’ha freddata praticamente subito, vanificando la corsa all’ospedale. Risultato: la bimba è morta, l’undicenne è stato arrestato con l'accusa di omicidio di primo grado. Insomma, se lui è sopravvissuto il suo futuro si prospetta un inferno, condannato a convivere con un omicidio commesso, con tutta probabilità, quando era poco più di un bambino, senza la piena consapevolezza di quello che stava facendo. Perché il problema sta tutto lì, quando le armi, finiscono nelle mani sbagliate.
Un problema che negli ultimi 274 giorni (dall’inizio dell’anno, i dati del portale Mass Shooting Tracker, riferiti dal Washington Post, sono aggiornati al 2 ottobre) ha causato 294 sparatorie, in ciascuna delle quali 4 o 5 persone sono state uccise o ferite con armi da fuoco. Con la strage in Oregon, il numero dei morti nel 2015 sale a 380, quello dei feriti a mille. Senza contare gli episodi che non finiscono nelle liste ufficiali. Vedi gli 11 feriti in un bagno della Georgia, altri sei colpiti davanti a un night-club; una donna incinta e la nonna uccise, un bambino ferito a Chicago. Insomma, in media non passano più di 8 giorni (questa volta ne sono passati solo 3) senza che qualcuno, in America, debba seppellire un parente o un amico uccisi dall’arma finita nelle mani sbagliate.
Una carneficina che ha infiammato il presidente Obama in un accorato discorso alla nazione perché “le preghiere non bastano. Possiamo fare qualcosa per cambiare le cose ma non posso farlo da solo, senza il Congresso, senza i governatori” ha dichiarato rivolgendosi alla potentissima lobby della National Rifle Association (Nra) che continua a ostacolare ogni piccola svolta in Congresso. Per non parlare dei repubblicani, con il candidato Donald Trump che, invece ha dichiarato: “Se gli insegnanti fossero stati armati, avrebbero potuto proteggere gli studenti rimasti uccisi nella sparatoria al college dell'Oregon”. Un “se”, quello di Trump, che nasconde un’incognita troppo grande perché quando un uomo si ritrova a impugnare una pistola, quello che farà, spesso sfugge alla razionalità.
Perfino Ian Mercer, il padre del 26enne autore della strage in Oregon, ha dichiarato alla Cnn, sconvolto, che ”bisogna cambiare la legge sulle armi da fuoco perché le pistole uccidono le persone”. E se comprarle è così facile, a volte l’educazione non basta a fermare gli orrendi propositi: "Non sapevo che mio figlio avesse armi, io non ne ho mai posseduto una in vita mia", ha spiegato ancora Ian Mercer. Soprattutto quando a scatenare la violenza sanguinaria, come nel caso di Chris Harper, sono elementi imprevedibili. Vedi la follia Harper, che è entrato in classe e ha ordinato agli studenti di alzarsi in piedi e di dire a quale religione appartenessero: ai cristiani ha sparato alla testa, agli altri alle gambe, o l’inconsapevolezza. Quella che ha condannato l’11enne a un gesto troppo grande e la piccola vittima, di 8 anni, a una vita troppo breve.
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