Omicidio Meredith, la Cassazione: "clamorose défaillances"

I giudici della Corte di Cassazione hanno depositato le motivazioni della sentenza che a marzo ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito dall'omicidio di Meredith Kercher: "clamorose défaillances".

Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati assolti lo scorso marzo dalle accuse per l'omicidio di Meredith Kercher.


L’omicidio di Meredith Kercher resterà avvolto nel mistero. Questo perché, secondo la sentenza della Cassazione, il processo per l’omicidio della studentessa inglese violentata ed uccisa il primo novembre 2007 a Perugia - aveva appena ventidue anni - ha avuto un “iter obiettivamente ondivago", le cui "oscillazioni sono la risultante anche di clamorose défaillances o amnesie investigative e di colpevoli omissioni di attività di indagine, che, ove poste in essere, avrebbero, con ogni probabilità, consentito sin da subito di delineare un quadro, se non di certezza, vuoi della colpevolezza, dell'estraneità degli odierni ricorrenti". Sono le conclusioni dei giudici della Corte di Cassazione, che a marzo hanno confermato e reso definitiva l’assoluzione di Raffaele Sollecito e Amanda Knox dall’accusa di omicidio e ora hanno depositato le motivazioni di quella sentenza. La Corte sbriciola il lavoro d’indagine, affermando che i pm hanno lavorato male e che il dubbio che i due ragazzi fossero nella casa di via della Pergola (il luogo dell’omicidio) non è sufficiente per ritenerli colpevoli. 

Si conclude così un dibattimento durato otto anni e sei gradi di giudizio, tra condanne e assoluzioni, celebrato in aula e anche sui mass media. I giudici della V Sezione hanno confermato l’assoluzione per “intrinseca contraddittorietà della prova”. Condannano invece con fermezza il lavoro malfatto degli investigatori e l’attenzione di tv e giornali: “l’inusitato clamore mediatico della vicenda”, e i suoi “riflessi internazionali” (la vittima cittadina inglese, Amanda Knox cittadina statunitense) hanno provocato “rumore”, “un’improvvisa accelerazione nelle indagini” e la “spasmodica ricerca di uno o più colpevoli da consegnare all’opinione pubblica”. Fretta che, si sa, non va a braccetto con la precisione e ha turbato la ricerca di una verità affidata agli accertamenti scientifici: “Le indagini genetiche sono state acquisite in violazione delle regole consacrate dai protocolli internazionali” così i loro risultati, che potevano diventare elemento di prova, non sono valsi neppure come indizio. Per non parlare di come sono stati trattati i due reperti chiave: il gancetto del reggiseno di Mez, scomparso, e il coltello, ritenuto l’arma del delitto, ritrovato in una scatola di cartone.

Tanto per cominciare mancano, nella stanza del delitto o sul corpo di Mez, “dato di incontrovertibile valenza”, “tracce biologiche con certezza riferibili ai due imputati” quando invece ne sono state “rinvenute copiose sicuramente imputabili a Guede”,  il “reticente” (l’ivoriano che ha scelto il rito abbreviato ed è stato condannato a 16 anni per violenza sessuale e concorso in omicidio, sentenza diventata definitiva nel 2010). La Cassazione taccia come “manifestamente illogico” il richiamo alla “pulizia selettiva”: non si può pulire la scena del delitto del dna di alcune persone lasciando sul posto tracce di altre. “Palesemente illogico” ancora, “ricostruire il movente dell’omicidio sulla base dei pretesi dissapori tra la Kercher e la Knox”. E i giudici respingono anche la tesi del “gioco erotico”. Nel finale la Corte fa anche un’altra osservazione: “Pacifica la commissione dell’omicidio in via della Pergola, l’ipotizzata presenza nell’abitazione dei due ricorrenti (Sollecito e la Knox, ndr) non può, di per sé, essere ritenuta elemento dimostrativo di colpevolezza”. C’erano, insomma, ma non c’è prova che abbiamo ucciso.

Anzi: “La presenza di Amanda nella casa che fu teatro dell’omicidio - scrivono i giudici - è dato conclamato, alla stregua delle sue stesse ammissioni”. Tuttavia gli ermellini credono al “memoriale” e al racconto di una Knox accovacciata in cucina mentre Mez viene violentata: e se in un primo momento la Knox accusa di quella violenza Patrick Lumumba, non lo ha fatto per “sottrarsi alla pressione psicologica”, piuttosto potrebbe aver voluto “coprire Guede”. Ancora oggi Lumumba, completamente scagionato, torna a chiedersi “Perché Amanda mi ha calunniato? Mi ha rovinato moralmente, fisicamente ed economicamente”. I magistrati reputano poi credibili anche le spiegazioni che Amanda ha dato per il ritrovamento di suo materiale genetico misto a quello della vittima (“Vivevamo insieme”). Per quanto riguarda invece Sollecito se “resta forte il sospetto che egli fosse realmente presente nella casa di via della Pergola, la notte dell’omicidio”, è altrettanto vero che “non è stato possibile determinare” in quale momento. Tanto per lui quanto per lei, insomma, l’unica strada era l’assoluzione, seppur con la formula dubitativa.

Così ora Raffaele si sente “vittima di un clamoroso errore giudiziario che rimarrà alla storia” e Amanda si dice “sollevata e molto contenta perché in queste motivazioni ci sono tutte le cose che abbiamo sempre sostenuto”. Una sentenza che, per l’avvocato Luca Maori (difensore di Raffaele Sollecito) “apre la strada alla richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione” e che invece, secondo il legale dei Kercher, Francesco Maresca, ”dimostra la volontà da parte della giustizia italiana di mettere la parola fine su questa vicenda in ogni modo”. Per lo storico pubblico ministero del caso, Giuliano Mignini, la decisione dimostra invece come in Cassazione “ci siano sezioni contrapposte”. Secondo Giulia Bongiorno, anche lei nel collegio difensivo di Sollecito, ”La Cassazione conferma una volta di più che il mio assistito è stato processato per anni e tenuto in carcere da super-innocente” e usa parole che "rendono ancora più bella" la sentenza di assoluzione e "prendono a bastonate gli errori compiuti nelle indagini".

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